Francesco De Gregori Vivavoce
2014 - Caravan/Sony Music
Quello che voglio dire è: se adesso Vivavoce tira perfettamente a lucido 28 pezzi del suo canzoniere vecchio & nuovo - la grande notizia dov’è? Salvo una manciata di eccezioni, di un album di Francesco De Gregori non si butta via niente, e anche questo doppio non fa una piega. Quindi toglietevi dalla testa i cattivi pensieri: la resa è ottima, solo che il disco non è l’evento del secolo come pensata, se mi spiego. Dentro Vivavoce ci suona & canta il Principe al meglio della sua forma dylaniana, il restyling dei pezzi sbrilluccica a dovere, ti senti a casa, insomma (ti senti in un vero disco di Francesco De Gregori), dispiace un po' per la mancanza di inediti (suvvia, almeno un paio, data la copiosa scaletta) e per il senso di deja vu che di tanto in tanto vorrebbe affiorare. Ad ogni modo: l’album apre in acustico che più acustico di così solo ai tempi bellissimi del disco dell’Agnello (1974, se la memoria non mi inganna): si parte con Alice e Luciano Ligabue come gradito ospite. Un’Alice asciugata all’osso, suggestiva, niente da dire e nemmeno da capire.
Quando tocca ad Atlantide siamo già belli che spacciati: sappiamo che faremo tutta una tirata sino alla fine, caracollando, una volta di più, di mitologia in mitologia (Titanic, Generale, Il bandito e il campione, Viva l’Italia, La donna cannone, malgrado l’inflazione di versioni piano-bar che l’hanno resa quasi insopportabile. Qui arrangia Nicola Piovani), di metafora in metafora, di storie in storie, di disincanto in disincanto (La leva calcistica della classe ’68, Natale, La storia), di rock in rock (Un guanto, Il panorama di Betlemme, Finestre rotte, Per le strade di Roma), di folk in folk (Battere e levare, La ragazza e la miniera, quest’ultima arrangiata e realizzata da Ambrogio Sparagna con l’Orchestra Popolare Italiana.), di must in must. Due su tutti, a mio giudizio, per motivi diversi: Niente da capire - da manifesto di disincanto & visionarietà che era a manifesto di disincanto e basta che è qui, per via del restyling azzeccatissimo, paradigmatico, volutamente scanzonato -. E poi Il futuro, mirabilmente mutuato da Leonard Cohen, compreso il focus poetico-profetico che in transito dalla voce di De Gregori garantisce brividi dalla testa al cuore, andata e ritorno. Se siete alla ricerca di una ragione, fra le tante possibili, per assicurarvi il cd, è bene che sappiate che questo pezzo, da solo, vale la spesa.