Francesco De Gregori

live report

Francesco De Gregori Piazza Duomo, Trani

20/08/2018 di Ambrosia J. S. Imbornone

Concerto del 20/08/2018

#Francesco De Gregori#Italiana#Canzone d`autore

“Tu non credere
 se qualcuno ti dirà
 che non sono più lo stesso ormai…”
(Sempre per sempre)
Stasera sono un libro aperto
 mi puoi leggere fino a tardi”
(Falso movimento).

Sono questi i versi-chiave per inquadrare il tour di Francesco De Gregori partito nei club a ottobre dal Vox Club di Nonantola (MO) e approdato lo scorso 20 agosto a Piazza Duomo a Trani per una nuova tappa del Luce Music Festival e una nuova data dell’estate tranese Fuori Museo. Questo tour infatti appare figlio di quell’esigenza di cambiamento che caratterizza da sempre il cantautore italiano, una costante che pure rende uguali a sé stessi, pur nei mutamenti: ancora una volta infatti il Principe, appellativo coniato per lui già da Dalla in cui non si è mai molto identificato, ha modificato gli arrangiamenti di pezzi storici, che generosamente continua a proporre ai fan e al pubblico più “generico”, e di canzoni pubblicate più di recente. Tolta la batteria, che De Gregori ha dichiarato di trovare in qualche modo ripetitiva, in questo tour la formazione live vede nelle sue fila il consueto “capobanda” Guido Guglielminetti al basso, Carlo Gaudiello al piano e alla fisarmonica, Paolo Giovenchi alle chitarre e Alessandro Valle alla chitarra elettrica, al mandolino e alla pedal steel guitar. La setlist allora dà spazio e respiro alla chitarra acustica (solo strumento in alcuni pezzi come Sempre per sempre) e al pianoforte, ne incornicia (quando serve) i suoni senza coprirli, mentre abbondano pezzi intensi e d’atmosfera, anche se De Gregori ne avrebbe voluto anche qualcuno in più.



L’apertura è affidata al blues desertico e chiaramente a stelle e strisce dell’attualissima Numeri da scaricare (quanto fa riflettere anche oggi quell’interrogativo “è gente come te e me / o sono numeri da scaricare”, contenuto nell’album del 2005 Pezzi?), ma si spinge il piede sull’acceleratore delle emozioni con i ricordi di guerra di chi è votato alla sconfitta dalla parte “sbagliata” del fronte, ovvero con l'istantanea del passato racchiusa ne Il cuoco di Salò, molto apprezzata dalla platea, così come con i racconti postbellici della storica Generale, oppure con i sogni appesi al chiodo dei calciatori mancati che non hanno il talento del Nino de La leva calcistica del ’68. Ci si emoziona ovviamente seguendo la fuga tra le stelle de La donna cannone o il barcollare di Gambadilegno a Parigi, “innamorato e ridicolo”, reduce ferito nel corpo e nell’animo che, in attesa di una protesi, sogna un vecchio ospedale militare, ma anche in qualche modo un’altra vita e un’altra storia, tra le carezze oniriche del piano e l’andamento lento del pezzo. Dà la stura alle emozioni la struggente preghiera laica Santa Lucia, che, nell’abbraccio dei fremiti del mandolino e di un piano caldo e toccante, ricorda “chi cade sul suo ultimo metro”, gli amici che tornano sconfitti senza più anima e ali, chi “vive all’incrocio dei venti / ed è bruciato vivo”, ma anche la collettiva “nostra corona di stelle e di spine”, “la nostra paura del buio e della fantasia”.



Questo momento da brividi è coronato da una coda strumentale che accenna Com’è profondo il mare di Lucio Dalla per poi introdurre l’omaggio 4 marzo 1943; il brano è cantato e preferito da De Gregori, come già nell’album live Sotto il vulcano, nella versione imposta dalla censura a Sanremo ’71, per accentuare la dolcezza del ricordo della giovanissima madre del pezzo.
Tra il mare ormai nero (“fuori si sente il mare, / anche se è tutto scuro e non si può vedere...”, come si canta in Falso Movimento) e la magnifica, maestosa cattedrale romanica di pietra tranese, i brani in scaletta, privi di un binario ritmico di appoggio, assumono un fascino delicato, sospeso, nudo, che della voluta mancanza della batteria fa un punto di forza: è come se fosse una vulnerabilità che sintonizza il pubblico sulle frequenze emotive del cantautore, o una crepa attraverso cui, come cantava Cohen in Anthem, filtra la luce. Sarà grazie anche a quella fessura tra le note rese più morbide che è possibile sbirciare ancora meglio tra le pieghe dell’animo del cantante 67enne, che a sua volta si apre maggiormente con il suo pubblico. Nel concerto tranese De Gregori è allora prodigo di ringraziamenti e inchini; il cantautore scherza (“Se non vi piace la prossima canzone, è di Bob Dylan, prendetevela con lui”, dice ad esempio, come in altre tappe, prima dell’introspettiva, al contempo drammatica e asciutta Non è buio ancora), è più loquace di un tempo, cerca più volte di scaldare il pubblico, un po’ freddo ed eccessivamente compito nelle prime file, incitandolo a cantare o ad alzarsi, e a volte persino accenna qualche passo di danza. Non mancano infatti nella setlist della serata neanche brani briosi: il cantautore e la sua band ripescano i colori chiari e sfaccettati di Caterina, la piacevole e lieve Buenos Aires (da Viva l’Italia, 1979), l’ironica e vivace (ma qui leggermente rallentata) Vai in Africa, Celestino!, la forse ancora più pungente, quasi profetica, sempre efficace Bambini venite parvulos (da Mira Mare 19.4.89), Cose e la classica Titanic, annunciata con spigliatezza plurilingue da capitano di una nave. Sì, perché è noto che in questi anni il Nostro si presenti diversamente, dato che ha ammesso di rilassarsi molto di più sul palco, di non preoccuparsi delle possibili imperfezioni tecniche e di divertirsi maggiormente, così come è noto che sia uscito dal cliché vero-falso del cantautore scorbutico e introverso grazie a Lucio Dalla: come ha raccontato tante volte, nel suo ultimo tour con lui De Gregori ha riflettuto su come non togliesse niente all’artista mostrarsi più disponibile, com’era proprio l’amico da sempre (sempre affabile e simpatico, tanto da sovrastare in qualche modo De Gregori durante il primo tour di Banana Republic e creare una certa rivalità tra i due, all’epoca così diversi), ma potesse essere importante per ogni fan. Sarebbe una conclusione giornalistica affrettata definire oggi un “libro aperto” il cantautore di Alice e Rimmel, hit protagoniste dell’encore e cantate dal pubblico ormai in piedi sotto il palco, eppure davvero ora l'artista romano canta con il cuore in mano. O per mano. La sorpresa di questo tour, già attesa dai fan più accaniti, è infatti il cameo finale in scena della moglie di De Gregori, presentata con grande romanticismo come “la mia sposa”: si tratta di Alessandra Gobbi, detta Chicca, che ancora Francesco (qui ci sia consentito chiamarlo per nome come uomo più che artista, per quanto non abbiamo il privilegio di conoscerlo) guarda con gli occhi luccicanti di amore, mentre cantano insieme un appassionato inno dell’amore oltre gli screzi di poco valore, il classico napoletano Anema e core. De Gregori ha raccontato in altre occasioni che cantano spesso insieme e che quella che era una compagna di liceo ed è la sua consorte da quarant’anni suona anche la chitarra. L’idea del duetto è nata per caso a un compleanno a Napoli, quando i due avrebbero voluto ascoltare il brano, a cui sono molto affezionati, da un parcheggiatore che suonava spesso anche lui la chitarra; in sua assenza, avevano provato loro ad improvvisare la canzone. In questo duetto e in questo aneddoto c’è tutta la “normalità” di un cantautore eccezionale, che ad occhi asciutti sa catturare una storia e l’anima dei suoi personaggi in pochi versi, dall’amore perso e disperato di Cesare (Pavese), che attende invano il “suo amore ballerina” per sei ore sotto la pioggia, alla ragazza di prima classe “innamorata del proprio cappello” in Titanic, fino ai coetanei “quindicenni sbranati dalla primavera” ne Il cuoco di Salò.

SETLIST
Numeri da scaricare
Caterina
Il cuoco di Salò
Buenos Aires
Non è buio ancora (cover Bob Dylan)
Vai in Africa, Celestino
Sempre e per sempre
Cose
La leva calcistica del ’68
Generale
Raggio di sole
Gambadilegno a Parigi
Bambini venite parvulos
Santa Lucia (con accenno di Com’è profondo il mare di Dalla)
4 marzo 1943 (cover Lucio Dalla)
La donna cannone
Buonanotte fiorellino
Titanic

Encore:
Falso movimento
Anema e core (cover del classico di Tito Manlio/Salve D'Esposito, con la moglie Chicca)
Alice
Rimmel

Galleria fotografica completa del concerto 
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