Francesco De Gregori Sulla strada
2012 - Caravan / Edel
#Francesco De Gregori#Italiana#Canzone d`autore #Folk #Rock #Pop
Sono passati quattro anni dall’ultimo album in studio Per brevità chiamato artista, intervallato quest’anno dall’uscita di un live Pubs And Clubs, dal progetto con Ambrogio Sparagna dal titolo Vola vola vola, ed infine la collaborazione con il fratello Luigi Grechi, nell’album Angeli e fantasmi.
Sulla strada a primo impatto sembra trarre ispirazione dal libro omonimo On The Road (1951) del poeta e scrittore statunitense Jack Kerouac, che il cantautore romano ha affermato di averlo letto di recente, ma durante l’ascolto delle nove canzoni che lo compongono, ci si rende conto di stare davanti ad un lavoro di Francesco De Gregori a tutti gli effetti: è ricco di atmosfere rarefatte intervallate da momenti più solari e ariosi, mentre i nuovi spunti negli arrangiamenti dimostrano la continua ricerca di nuove sonorità.
Interamente composto da Francesco De Gregori, mostra un equilibrio tra le canzoni sorprendente, grazie al timbro della sua voce, che lega tra loro i vari brani. Chi si aspettava un album di sano rock (come Pezzi del 2005) si dovrà ricredere perché è molto più semplice e diretto; si ascolta quella dimensione sospesa delle melodie e quel modo di cantare sereno, anche dove le tematiche sono più crude.
Si inizia l’ascolto con il primo singolo, un brano rock di stampo americano “a stelle e strisce”, che da il titolo all’album, Sulla strada; ricorda molto Celebrazione nella struttura semplice dell’arrangiamento, ma con il ritmo marcato è più corposa ed energica. A primo impatto può risultare deludente, ma quando si sente cantare “Usciti dalla notte dei tempi o da una pagina patinata. E c'era pianto, stridor di denti, ma poi la porta fu spalancata e finalmente la banda passò a ripulire la strada”, a sorpresa – meno male che ci sono sempre le sorprese – ci consegna un De Gregori che sa meravigliare.
Non convincono i brani dalle sonorità latine, Omero al Cantagiro e Ragazza del ’95, soprattutto nell’uso delle voci all’unisono troppo ingombranti, però le melodie sono molto scorrevoli e di facile presa. Meritano qualche ascolto in più. Entrambe le canzoni vedono la partecipazione di Malika Ayane al controcanto: la prima ricorda molto Gran Turismo, mentre la seconda, in cui per la prima volta De Gregori esplora la musica messicana, descrive il futuro negato ai giovani d’oggi: “Oggi è un giorno perfetto per volare, per staccare l'ombra da questo cortile”.
Il resto è semplice meraviglia con tre ballate; in Passo d’uomo gli archi scritti da Guido Guglielminetti e diretti da Giacomo Loprieno creano un tappeto arioso di note musicali struggenti. Descrive la fragilità dell’uomo “Come un povero scemo apro la finestra e sono qui che fumo e vivo la mia vita a passo d'uomo” in contrasto con l’immagine dell’uomo attuale perfetto ed elegante che spesso si vede nelle pubblicità, ma anche nella quotidianità “altro passo non conosco, soltanto questo passo d'uomo”. Il brano lascia ben riflettere nel ritornare alla semplicità del vivere dell’uomo; un riuscito intervento di Alessandro Valle con il mandolino durante il “solo” d’archi, coniuga folk e pop in un arrangiamento attraente e avvolgente.
Guarda che non sono io, è dedicata ai fans troppo invadenti verso il proprio artista preferito “Qualcuno mi vede e mi chiama per nome. Si ferma e mi ringrazia, vuole sapere qualcosa di una vecchia canzone”. Gli archi arrangiati e diretti da Nicola Piovani, non nuovo nella collaborazione con De Gregori (si pensi a Natale di seconda mano), riescono ad infondere brividi toccanti assieme al pianoforte pacato e gentile suonato da Alessandro Arianti.
Falso movimento – che conclude l’album – rimanda molto alle sonorità datate della musica leggera degli anni ’50 e ’60; descrive l’incognita dell’amore difficile da prevedere “Si presenta così senza un invito proprio in mezzo alla cena”, ma rendendosi conto che “L’amore non si spiega” e “Stasera sono un libro aperto e mi puoi leggere fino a tardi”. Ma domani? Francesco De Gregori ci lascia con questa domanda che forse non avrà mai una risposta. Delizioso il flicorno suonato da Sergio Vitale al termine della canzone, che la rende elegante e non lascia indifferenti, lasciandosi trascinare nelle note in sfumato.
Il piacevole Showtime è un valzer lento di stampo country oriented con valenze minimali da ballare sotto le stelle. Descrive la sospensione e l’elevazione della mente in riferimento all’amore “Che posso farci se mi fai sognare” e la paura di saperlo esprimere “Davvero vuoi scappare” / “Ho paura a guardarti nel cuore” per concludersi nell’accettazione “Tutti i miei trucchi sono da buttare”. La pedal steel guitar in sfumato esprime quell’aria sognante che vien voglia di riascoltarlo.
Felici melodie contrastanti, invece, per le canzoni che hanno come tematica gli orrori della prima e seconda guerra mondiale, spesso affrontata da De Gregori. La drammatica e oscura Belle Époque dal gusto retrò, in chiave jazz-ragtime, descrive le promesse fatte nel 1900 sul benessere grazie all’avanzamento dello sviluppo delle condizioni umane, ma con risultati deludenti che nell’attualità sono ancora ben presenti. La guerra, invece, è una intensa e bella canzone di stampo rock con la chitarra elettrica e nervosa (suonata da Paolo Giovenchi) e appesantita dalla sezione ritmica (Guido Guglielminetti al basso elettrico e Stefano Parenti alla batteria). Come immagini fotografiche a rallentatore in bianco e nero, il brano vede fango nelle trincee, luci emesse dalle bombe, mentre i versi descrivono i silenzi di una donna sola nel suo letto, che non ha più speranze di rivedere il suo amore partito per la guerra: “C'è una sposa disarmata e il soldato non ha scampo”.
Sulla strada è una raccolta di belle canzoni che si manifestano con vigore: il risultato è di grande fascino.