Artisti Vari Even A Tree Can Shed Tears: Japanese Folk & Rock 1969-1973 [Ristampe]
2017 - Light In The Attic Records
Alcune delle figure più influenti della musica pop giapponese sono emerse da questo periodo vitale, ma molto poco del loro lavoro è stato pubblicato o sentito al di fuori del Giappone, almeno sino ad ora. Questa è quindi la prima raccolta di canzoni Folk e Rock giapponesi essenziali degli anni di punta del movimento Angura a raggiungere il pubblico occidentale.
A metà degli anni '60 Tokyo, i giovani musicisti e gli studenti universitari erano attratti dal quartiere Dogenzaka di Shibuya per i locali che offrono musiche quali Jazz e Rock, oppure per i deliziosi coffee shop, che punteggiavano le sue tortuose strade collinari. Alcuni di questi spazi raddoppiarono i propri spazi, fornendo un palcoscenico per gli habitué locali come Hachimitsu Pie con loro stile che attinge a piene mani dal sound di gruppi come The Band o Tetsuo Saito con una sorta di Psych Folk a carattere filosifico, o gli influenti Happy End, che hanno sposato con successo le cadenze uniche della lingua giapponese ai ritmi della costa occidentale americana. Per molti anni Dogenzaka è rimasto un punto centrale della città per quanto attiene alla nuova scena musicale.
Nel frattempo un diverso tipo di sottocultura musicale stava cominciando ad emergere nella regione del Kansai intorno a Osaka, Kyoto e Kobe. Molto più politici dei loro omologhi orientali, molti degli artisti cosiddetti underground kansaiani hanno aperto le strade alla musica popolare di protesta. Tra questi Takashi Nishioka e il suo collettivo folk progressista Itsutsu No Akai Fuusen, una sorta di Joni Mitchell giapponese, Sachiko Kanenobu, e, soprattutto The Dylan II (che rifanno I Shall be Realeased), i cui membri gestivano The Dylan Cafe a Osaka, che divenne un centro per la scena musicale locale.
In questo formidabile disco trovano spazio anche aperture a generi quali una sorta di blues avanguardistico, come quello proposto da Maski Asakawa, oppure il futuro fondatore della Sadistic Mika Band, Kazuhiko Kato con la sua psichedelia sfuocata e progressiva, l'acido beatnik di Masato Minami e l'intimismo rarefatto di Kenji Endo. A distanza di cinquantanni una pagina di incredibile interesse, cui, a quanto pare, la Light In The Attic ha intenzione di dare seguito. Un'ottima ragione per fare vostro un disco che ha cittadinanza sotto l'aggettivo fondamentale.