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Artisti Vari Il 2023 in 24 canzoni
#Artisti Vari#Italiana#Canzone d`autore #canzone d`autore ##folk #Rock #Jazz
La redazione di Mescalina saluta il 2023 con una playlist, a cui i collaboratori hanno contribuito scegliendo ognuno una canzone significativa che sintetizzi l'anno a livello personale o globale. Ecco le loro scelte e i loro commenti.
Arianna MarsicoBaustelle, Contro il mondo
"Tutto sommato adesso è facile/Fare una sintesi ben distaccata" e in effetti con la fine dell'anno i bilanci, le liste delle cose fatte e non fatte vengono spontanee, anche senza volerlo.
"Essere contro il mondo e invece averlo addosso [...]
Avere un cane, un taglio, un figlio, aver successo
Andare a leggere il giornale in un caffè
Svegliarsi tardi la mattina, criticare
Il grande vuoto, la sinistra che non c'è".
Praticamente il 2023 sta tutto in questi versi di Contro il mondo dei Baustelle. Voler schivare la violenza del mondo che invece purtroppo ci viene vomitata addosso (basta leggere i giornali o guardare i notiziari...), le tappe biologiche che a qualsiasi età qualcuno pensa di importi, la sinistra intesa come difesa dei più deboli che sembra andare a farsi benedire. Eppure il brano del trio toscano è così bello e sfacciatamente pop che fa volare su tutto questo...sperando che faccia atterrare in un 2024 migliore!
https://youtu.be/xLqSzlb_Z1k?si=xr3u-SiHJ6jdwTuh
Laura Bianchi
Vinicio Capossela, La cattiva educazione
Quando un autore legge la contemporaneità con lucidità e senso critico, quasi sempre viene ignorato, spesso viene zittito, a volte viene definito un profeta. Capossela ha creato invece un piccolo grande capolavoro, contemporaneo e urgente, ma che tocca un problema antico, e che, qualche mese dopo la sua uscita, sarebbe diventato centrale nel dibattito sociale: la violenza di genere, vista con gli occhi di tutte le Giulie, che una mattina non si sono svegliate, e l'invasore ce l'avevano in casa. La voce di Margherita Vicario è perfetta, nella sua indifesa dignità, e quella di Capossela mette in fila secoli di piccoli e grandi soprusi. Riusciremo a trovare la forza per cambiare?
Ambrosia J. S. Imbornone
Paolo Benvegnù, Canzoni brutte
Nessun politico è riuscito a riportare la pace in Ucraina o in Medio Oriente. Così “Time” come personalità del 2023 ha scelto Taylor Swift e il segretario generale dell’ONU ha dovuto invocare l’art. 99 della Carta Onu. Dal #metoo si è passati a chi non pensa di doversi dissociare da una società violenta, perché non ha ucciso nessuno e il patriarcato non esiste. E la musica? Benvegnù nel suo nuovo singolo canta di chi si muove “tra bieca semplificazione e volontà di seduzione” e scrive “canzoni brutte / che possan piacere a tutti e tutte”. Poi c’è chi crede ancora nella musica che non sia solo il risultato di un’equazione matematica per trovare il successo commerciale. Ci crede inutilmente? Forse sì, ma, come pure pensa l’artista, l’unica libertà presente e futura consiste proprio nell’inutilità.
https://youtu.be/YBGyIuh4bO8?si=NuoKockhkkNHb6bG
Barbara Bottoli
Giovanni Truppi, Infinite possibilità
Il brano imprime nei pensieri un'istantanea per i posteri di come ci siamo ridotti nel primo ventennio del famoso Duemila: un traguardo nel quale si immaginava una tecnologia che potesse sostituire l'uomo, mentre, in realtà, sembra solo essere nella direzione di annientamento dell'umanità sia come sentimento sia come natura; immagine catastrofica? Forse, ma mi auguro possa essere propositiva per una mentalità di comunità che parta dall'individuo per allargarsi, senza delegare, anche se i media impongono la linea di azione nello spiegare come e soprattutto chi dovrebbe risolvere ogni problema, ma io? L'IO, così tanto tutelato, postato e filtrato, dove si inserisce? L'essere sociale non può essere solo un ammasso di idee e polemica non attiva, perché l'IO è la società, anzi, come scrivevano The Zen Circus, “siamo antenne dei televisori emettiamo storie che fanno rumore”.
https://youtu.be/qjgRDtcdHTU?si=MRje4TmskzD7fRXT
Paolo Ronchetti
PJ Harvey, A Noiseless Noise
Qual è il nostro rumore silenzioso? Cosa di questa nostra vita ci fa rizzare peli, occhi, pelle e orecchie come l’ASSENZA? La percezione di una fine? “Della” fine?
L’assenza sa di morte: lo sappiamo più che bene!
Ci sono i segnali di un autunno che sta facendo cadere tutte le foglie che prima erano sull’albero nella loro potente bellezza. La nostra bellezza.
Foglie che cadono come le lacrime che conosciamo bene. Lacrime che sono memoria del bello e del brutto e che diventano tempo che passa e dolore che si fa ancor più dolore: dall’anima sin nella nostra carne; nella nostra insonnia che è tormento.
Perché, dopo l’amore e la perdita all’altro, ci rimane solo l’invocazione/evocazione nel sogno come quello di Penelope sul ritorno di Ulisse. Una richiesta all’amato perché torni dal suo vagabondare e ci salvi dal nostro destino di morte.
Difficile e meraviglioso è scrivere d’amore. Lo sapeva benissimo Shakespeare che ci ha donato le più belle poesie mai scritte da alcuno proprio parlando di questo.
Penso che oggi il sentimento amoroso mi sia indispensabile nel corpo, nei gesti e nel fare dell’altro. E nella mia gratitudine verso tutto questo come possibilità di vivere ancora altro tempo.
Ed è per questo che in questo momento forse vedo l’implorazione di PJ Harvey come una implorazione (disperata) alla morte di lasciarci ancora per un minuto godere del ritorno dell’amato: “Vai a casa ora Amore, vai a casa amore, lascia il tuo vagabondare”.
Roberta Matticola
The Beatles, Now and Then
Il 2 novembre 2023 è stato un giorno significativo per la musica mondiale, giorno in cui abbiamo ascoltato un nuovo ultimo brano inedito dei Beatles: Now and Then.
Per me è un pezzo significativo per questo anno, perché rappresenta la conclusione della carriera di un gruppo che, nonostante abbia cantato solo (?) dieci anni, non ha mai smesso di affascinare. Poi, Now and Then ci ha permesso di riascoltare la voce di John Lennon – autore del brano - assassinato 43 anni fa e gli arrangiamenti di chitarra di George Harrison scomparso nel 2001 a causa di una malattia. Infine, è una canzone che ci regala il passato, ma che guarda al futuro grazie all’uso dell’intelligenza artificiale che ha permesso di isolare la voce di Lennon dalla rovinata registrazione originaria e renderne possibile la rielaborazione.
Cari Beatles, “now and then, I miss you”.
Aldo Pedron
Taj Majal, Stompin' at the Savoy
Dall’omonimo album Savoy (Stony Plain Records, 2023).
È il disco, e la canzone, che ho ascoltato più volte quest’anno. Taj Mahal, con quella sua voce splendida e cavernosa, ci racconta di come i suoi genitori (appassionati di swing e be-bop) si siano conosciuti la prima volta al famoso “Savoy Ballroom” nel quartiere di Harlem dove Henry Fredericks aka Taj Mahal è nato nel 1942. Proprio al “Savoy” ad Harlem, New York nel 1938 i suoi s’incontrarono, mentre una giovane Ella Fitzgerald con la Chick Webb Band faceva il suo debutto. Fascino dei tempi d’oro, armonia, jazz, swing…e un disco meraviglioso, che consola.
https://youtu.be/a2RbmFBUuC4?si=H-nxutQv7rTFbXHi
Claudio Mariani
Gianluca De Rubertis, Il pellicano
Per affrontare e fuggire da questo 2023 degli orrori, per fortuna esiste ancora una forma di poesia/canzone rara e molto raffinata che ci fa viaggiare con le immagini, coi ricordi. De Rubertis è uno degli artisti più coerenti del presente: gran giocoliere delle parole, spesso riesce ad andare ben oltre, e con questo pezzo sublima il concetto stesso di memoria. Una canzone che fa volare, sulle ali di un pellicano. Metrica come sempre perfetta, voce che viene da luoghi lontani: le caverne solo apparentemente dimenticate della nostra mente, dove la musica e le parole sono melodia della nostra anima, “e intanto il tempo si comporta da villano”…
Luca Dipinto
BC Camplight, Fear: Life In A Dozen Years
Lo firma Brian Christinzio, in arte BC Camplight, il “mio” pezzo dell’anno. Pregevole manufatto non solo cerchiato in rosso su un calendario in scadenza, ma anche vitale essenza che è già seconda pelle.
Se l’inizio è un morbido e cadenzato incedere su un lirismo vellutato, è nel bridge che la carica emotiva si tira a lucido, con l’irruzione a sorpresa di un pesante riff a sei corde investito degli onori di un’enfasi melodrammatica (in rampa di lancio su uno straordinario wall of sound da opera rock).
Ciò che segue è stupefacente deflagrazione nel romanticismo più illibato, torch song dal ritornello straziante, a completare un’articolata struttura compositiva di irresistibile mutevolezza, in cui a convivere ci sono l’anima teatrale e barocca à la Neil Hannon (The Divine Comedy) e quella da pop ballad d’autore di un Gruff Rhys. Ad arpeggiare in perfetta sintonia fra le corde emotive più recondite.
https://youtu.be/Dc2NcnffFD4?si=n6ChYwoZXMT6gpgP
Franco Bergoglio
John Coltrane with Eric Dolphy, Africa/Brass
Può sembrare ingeneroso nei confronti del jazz contemporaneo individuare come brano dell’anno un inedito come Africa/Brass proveniente dal lontano 1961, contenuto nel disco John Coltrane with Eric Dolphy, Evenings At The Village Gate (Impulse, distr. Universal). È però impagabile l’eccitazione che si prova ascoltando il quartetto di Coltrane - allargato a sestetto - improvvisare senza rete e per oltre venti minuti su quella che è l’unica testimonianza dal vivo di questo affresco musicale. La discografia di Coltrane si sta arricchendo di anno in anno con gioielli che spuntano dal passato e ci ricordano, se ce ne fosse bisogno, quanto è determinante la sua figura di sassofonista - compositore per la musica dal secondo dopoguerra a oggi.
https://youtu.be/NI3WwoBOR_s?si=zxQoSu1FSNGQhC7X
Vittorio Formenti
Nicole Johanntgen, Get Up and Dance
La scelta cade con convinzione su Get Up and Dance, brano tratto da Labyrinth di Nicole Johanntgen. Le ragioni della decisione sono molteplici. Prima di tutto la qualità generale del lavoro riflessa anche nel pezzo in questione. Ottima sintesi tra linguaggi jazz / afro / mitteleuropei offerta senza alcuna dispersione; una sensibilità trasversale, figlia dei nostri giorni, che capitalizza una solida tradizione con una visione contemporanea degli incroci. In seconda istanza, l’originalità del combo che, con il ricorso alla tuba e alle percussioni in sostituzione del basso e della batteria, esprime un sound decisamente originale. Infine, forse l’elemento più importante, il peso specifico dell’artista; una sassofonista dalla personalità incisiva, non retorica, paritetica ma assoluta protagonista del risultato. In un anno in cui la questione del rispetto della donna è emersa in tutta la sua importanza, questa composizione ne testimonia la fondatezza.
Valeria Di Tano
Glen Hansard, There's No Mountain
Ho scelto la canzone di Glen Hansard There's No Mountain perché nella semplicità del testo e nella melodia trascinante racconta che il panorama di ognuno di noi è costellato di montagne, ma che ogni complicazione e ogni ostacolo possono essere scalati e aggirati. Superati. È uno di quegli insegnamenti schietti e diretti, dei quali sento che abbiamo tutti bisogno: ricordare che il modo migliore per affrontare le cose è proprio affrontarle, andarci incontro (e non contro). Non nascondo, infine, che sulla mia decisione istintiva ha pesato il video struggente e dolcissimo della esibizione di Hansard al funerale di Shane MacGowan: la morte, il dolore, la tristezza e la nostalgia sono in effetti montagne inviolabili: ma possiamo ancora ballarci sopra.
https://youtu.be/NMz-AxuMvsA?si=QCK6nHUl7nAd73fH
Alessandro Ronchi
James Holden, Contains Multitudes Imagine This Is a High Dimensional Space of All Possibilities è un nuovo concept album solarpunk e un altro manifesto, fin dal titolo, per James Holden. Contains Multitudes contiene una ovvia criptocitazione da Walt Whitman (il sogno americano del corpo assolutamente libero e pieno di possibilità), comincia come un pezzo house francese delle origini (i primissimi Daft Punk, ricordate quella scena rave in purezza trattata da Eden nel film di Hansen-Love?), viene sottoposto a un trattamento motorik (Kraftwerk e krautrock come antonomasia di picaresco motorizzato, di spaziotempo che dolcemente scivola oltre un finestrino) e va alla deriva nella psichedelia. Sono modelli ricorrenti nell'album, mettono in forma sonora un ottimismo radicale, un recupero hauntologico per evocazioni sciamaniche di varie utopie sonore/culturali passate, innestate di una nuova sensibilità cyborg / deep ecology dell'Antropocene. Un rilancio dell'ibrido, del trans-, dell'ultra-utopico contro l'estinzione.
https://youtu.be/Y1FG8GurAZA?si=2yD1u5881eQ2ocI_
Franco Valsecchi
Davide Van De Sfroos, El mekanik (non presente su Spotify)
È un periodo in cui molte persone hanno bisogno di un aiuto per riparare la propria anima, e lo stigma della depressione resta ancora tale, in una società che guarda esclusivamente
all’apparenza, e ha paura di andare in profondità. È quindi un passo molto importante che il tema venga trattato da un cantautore come Davide Van De Sfroos, che ha molti fan, che ha
attraversato la depressione e ne ha parlato apertamente. La canzone ci chiede di avere la forza per chiedere aiuto, e affidarsi a chi conosce gli strumenti per aiutare, come il Meccanico della canzone, che dice: “ la mia vendetta è farti avere quello che non mi hanno dato…”. Lo Stato dovrebbe fare la sua parte, potenziando le strutture in cui i Meccanici possano aiutare chi è in difficoltà. Perché tutti dovrebbero avere la possibilità di riparare quello che percepiscono come rotto.
Gianluca Crugnola
Fontaines D.C., ‘Cello Song
‘Cello Song, sonorità, atmosfere e adattamenti post-punk alle parole di Nick Drake. Praticamente un’occasione ammirabile e stupefacente, che aggiunge ulteriore prestigio e classe al catalogo Fontaines D.C.
L’Irlanda sta vivendo un piccolo e piacevole boom musicale, anche se a onor del vero i Fontaines D.C. mostrano, anche grazie a questa cover, una sorprendente capacità compositiva edl interpretativa che va ben oltre generi ed etichette.
‘Cello Song beneficia pienamente del ritmo proprio della band dublinese, del groove che le chitarre punkeggianti creano e del feeling da big band che i Fontaines riescono a evocare. Piccole prelibatezze doloranti che rivestono il nastro master, unendosi per un’incredibile apertura strumentale che si pone quale miracolo sonoro. Il tutto nelle corde di Grian Chatten; la sua commovente interpretazione del lavoro di Drake è autentica meraviglia e l’incredibile lavoro della band nel dare nuova vita a questa canzone in modo così fedele dà un senso, un’onestà all’attitudine, al rispetto del gruppo verso il titolare di queste strofe. La percezione post-punk irlandese delle sue parole e del suo significato è delicata e cruda, una versione che si discosta dall’originale, ma con buon gusto, e trasforma una canzone pacata in qualcosa che vanta non solo l’ingegnosità musicale di Drake, ma anche il talento del gruppo nel rendere distintamente loro un brano musicale iconico. Questa perla è inserita nel tributo The Endless Coloured Ways: The Songs of Nick Drake uscito l’estate scorsa e credo resti uno dei momenti più alti dell’anno 2023 musicale.
Roberto Codini
Franco Battiato, Voglio vederti danzare
Franco Battiato è una delle mie passioni di adolescente. Da piccolo ascoltavo solo musica classica, ma il primo disco pop che ho comprato è stato La voce del padrone.
Battiato mi ha accompagnato per tutta la vita e mi accompagna anche oggi che purtroppo non c’è più, e anche per ricordarlo non posso non scegliere la sua musica, le sue canzoni, per finire l’anno vecchio e cominciare quello nuovo.
Ho assistito a due suoi concerti, l’ultimo molti anni fa al Teatro Olimpico di Roma. Con il passare degli anni ho scoperto che il mio regista preferito, Nanni Moretti, ha utilizzato diverse sue canzoni come colonna sonora dei suoi film.
Scelgo Voglio vederti danzare perchè è un inno alla gioia, una canzone che fa venire voglia di ballare, proprio come diceva Nanni Moretti in Caro diario…saper ballare…e nell’ultimo bellissimo film di Nanni Moretti, Il Sol dell’Avvenire, questa canzone di Battiato spegne polemiche politiche, ansie suicide (ricordate il “Breve invito a rinviare il suicidio” di Sgalambro, il filosofo che ha accompagnato Battiato?). Così tutti iniziano a ballare, “ e gira tutto intorno la stanza, mentre si danza…!”
Balliamo, giriamo su noi stessi come i Dervisci, salutiamo l’anno che se ne va e aspettiamo l’anno nuovo con gioia, perché, come diceva un altro Maestro, Woody Allen, “Essere felici è essere vivi”.
Anche il mio sogno, come quello di Nanni, è sempre stato quello di saper ballare bene…e allora ballo e ballerò il primo dell’anno, sulle note di Voglio vederti danzare di Franco Battiato. Buona fine e buon inizio, ora si balla!
https://youtu.be/d_bvEDhnK40?si=OaE33DO_84n4rNuB
Alfonso Fanizza
Sparklehorse, Daddy’s Gone
È sempre difficile dover scegliere una canzone che in qualche modo possa riassumere l’anno appena trascorso anche a livello personale. La prima che mi è venuta in mente è Daddy’s Gone degli Sparklehorse, più che altro per avermi regalato un piccolo sussulto emotivo, anche se labile, in rappresentanza del disco che la contiene.
Questo perché, nonostante sia uscito 13 anni dopo la morte di Mark Linkous, per noi, orfani nostalgici della sua creatività malinconica, questo ritorno illusorio ha comunque rappresentato una delle emozioni più forti provate in questo 2023.
Avrei potuto scegliere qualsiasi brano, ma questo è quello che più mi ha conquistato dal primo ascolto: un soave quadretto psichedelico, una meravigliosa e lunatica ballata alt. – country dal sapore agrodolce che risente molto dell’influenza beatlesiana. D’altra parte, il brano sviscera quella poetica malinconica, a tratti aliena, tipica della penna di Linkous che penetra dritto nei nostri cuori malandati e che possiamo sintetizzare nella frase: “I woke up and all my yesterdays were gone”.
https://youtu.be/nEuvr43znn0?si=8M5HHv6dFDzJ8Y8I
Eliana Barlocco
Vinicio Capossela, Sul divano occidentale
Una fotografia del nostro tempo infiacchito, sfaticato; incorniciata da quella malinconica ironia di cui Capossela è capace. Sul divano occidentale ci fa cantare, ballare, pensare a noi che abitiamo questo lato del pianeta. Indolenti, avvolti da oblomoviana memoria, giacciamo tutti sui nostri divani. Scossi dal ritmo incalzante del mondo, affondiamo nel clangore delle nostre convinzioni. E, quando la musica finisce, la testa la giriamo, non la usiamo o proprio la perdiamo.
https://youtu.be/5rJ08ctuwV4?si=NyV2IXvkI6Obqa4O
Silvano Rubino
The Beatles, Now and Then
Now and Then dei Beatles è una canzone amuleto. Forse una canzone boa, a cui aggrapparsi nel mare in tempesta di un anno come il 2023. Una canzone post-it, che ci ricorda che siamo fortunati a essere contemporanei dei Beatles e ad esserlo da 60 anni. Che il mondo è brutto, pieno di guerre, politici orribili, elettori di quei politici anche peggiori, ma che ci sono cose come la creatività che contraddistinse i quattro ragazzi di Liverpool a riscattarlo. Che esiste una cosa che si chiama progresso, che dovrebbe renderci fieri ogni giorno, capace di trasformare un nastro malconcio e dimenticato in un cassetto in una vera, autentica, bellissima, canzone dei Beatles. È una canzone invito, una canzone di speranza, da tenere lì, come un taccuino, da consultare, “now and then”, di tanto in tanto.
Valerio Corbetta
Lorenzo Monguzzi, Preghiera del làder
Sarà il moderno oppio dei popoli. Sarà pure il panem et circenses degli ultimi due secoli. Sarà anche una valvola di sfogo per molti. Che tanto, chi non è tifoso né tantomeno appassionato non può capire: chi invece vive questa appartenenza in maniera viscerale sa quanto una vittoria o una sconfitta possono influenzare il morale e di conseguenza lo stato fisico di una persona. Ecco, io sono una di quelle. Che da quasi dieci lustri segue le vicende della squadra del cuore in maniera (fin troppo) coinvolgente. La squadra in questione è il Lecco: che proprio nel 2023 vince i play off e torna in serie B, a distanza di 50 anni esatti dall’ultima presenza. Piccoli Davide in mezzo a tanti Golia.
Il giorno della finale promozione contro il Foggia, ero teso come una corda di violino. Per rilassarmi ho pensato di uscire a prendere pane e giornale a piedi: metto le cuffiette, seleziono “random” sulla cartella musicale dello smartphone ed esce ‘sta roba qua, con la voce del mio amico Lorenzo:
“Signùr su no se basta dì che me despiàss, su no se sunt in temp ammò a scüsass, te ghe resòn, ghe vör propri un bel talent a s’cèppà i finester e pö lamentass del vent, ma i tò fioeu ti è fa un po’ cumplicàa, perduna anca quei ch’inn vegnù mà, quei ch’inn burla föra de la cesta, l’è l’unica manera de salvài, l’è l’unica vittoria che ghe resta…”.
Ecco: lì ho capito che anche per noi (calcisticamente; ma non solo…) “un po’ complicati “venuti male” e “caduti fuori dalla cesta” c’era una “maniera di salvarli”. E che “l’unica vittoria che ci resta” sarebbe arrivata quel pomeriggio.
La preghiera è stata esaudita. E il 2023 sarà per sempre l’anno della B.
https://youtu.be/2d-Bvi7a9mU?si=_eJQ3WUy9fYXrMpq
Giovanni Sottosanti
Lucinda Williams - Rock ‘n’ Roll Heart
Lei ti guarda dritto negli occhi, fiera e orgogliosa, abbraccia la chitarra appoggiata sulle gambe, un giubbotto di pelle e un paio di Converse per scarnificare ulteriormente l'immaginario, i suoni e i colori di un disco che nel 2023 mette in pista una volta di più la potenza e la semplicità rivoluzionaria del rock'n'roll. Il concerto di gennaio scorso a testimoniare, se ce ne fosse stato bisogno, la grandezza e l'unicità di un'artista capace, nella stessa sera, di cadere e rialzarsi semplicemente grazie alla forza della musica e alla passione indomabile per il proprio lavoro. Tra mille difficoltà, senza paura di mostrarsi fragile e vulnerabile, perché il rock'n'roll concede sempre una possibilità in più. Il disco uscito a giugno è forse uno dei migliori che Lucinda ha realizzato negli ultimi anni e nella title track c'è tutto il cuore di una vita spesa a inseguire sogni. "Suonare quella chitarra è tutto ciò di cui hai bisogno/Segui quel sogno ovunque ti porti/Al di fuori degli outsider/Tutto è cambiato quando ha sentito quella canzone/E' allora che sai di avere un cuore rock'n'roll/Non devi essere così intelligente/Non devi essere un'opera d'arte/Purché tu abbia un cuore rock'n'roll"
È tutto qui, perché di questo abbiamo bisogno una volta di più, ieri come oggi, qualcuno che ti dica alzati e insegui quel sogno, dovunque esso ti porti. Non a caso alle background vocals in questo brano compare un certo Mr. Bruce Springsteen. Mai come in questo 2023 è stato bello ripartire e tornare anche a correre, ma non era semplice e non lo è stato, non era facile e per nulla scontato.
Yeah, you've got a rock'n'roll heart…
https://youtu.be/m1DWrfzKm3U?si=_u5LHp5Xu753zomO
Sara Velardo
Fleetwood Mac, The Chain
Il mare negli occhi, la salsedine tra i capelli e la musica nelle orecchie; sono in viaggio su un traghetto che mi riporta a casa.
Il momento più bello della vacanza è questo per me: fissare l’orizzonte con il vento addosso, sdraiata su un materassino da campeggio.
Forse il momento più bello dell’anno.
Ho centinaia di canzoni da ascoltare con me, ma per sette giorni ho ascoltato sempre le stesse.
La musica è una cosa strana, scegli dei brani senza chiederti perché e poi lo scopri solo dopo.
In Corsica soffia il Maestrale, un vento che corre senza tregua, prepotente, selvaggio. Può durare diversi giorni e l’unico modo per evitarlo è spostarsi in un’altra zona.
Penso al brano che ho ascoltato di più e realizzo che la prima strofa recita
“Listen to the wind blow, watch the sun rise”
E penso che la musica è una cosa meravigliosa.
https://youtu.be/kBYHwH1Vb-c?si=hUsalzmPsytszAvZ
Davide Bonamici
Mesudì, Quando rimo
Nel mio 2023 ho riscoperto la musica tradizionale, ascoltando le varie sfumature con cui viene rappresentata nella contemporaneità.
C’è chi le miscela col rap, come nel caso di Nodi dei Mesudì: Quando rimo riprende una filastrocca veronese nel volgare del ‘300 e la reinventa con un linguaggio contemporaneo. L’indovinello è cantato dalle tre voci femminili del gruppo nel ritornello, ma le strofe sono un old school rap, che racconta, partendo da questa piccola concatenazione di frasi, la nascita e l’evoluzione della lingua italiana.
La musica fa intraprendere un viaggio nei secoli, i Mesudì e la loro Quando rimo ci restituiscono una trama e uno storytelling, in cui vengono impressi i cambiamenti dell’uomo e del suo linguaggio nello scorrere del tempo.
Giovanna Mentasti
Ryan Gosling, I’m just Ken (Barbie soundtrack)
Pantone è stato lungimirante, quando ha proposto come colore del 2023 il Viva Magenta, una tonalità di rosa vicina al fucsia. Quasi esattamente la stessa tonalità del fenomeno cinematografico dell’anno: Barbie. Un rosa da "femminuccia", rivendicato e issato come bandiera di cui essere fiere. Un rosa trasgressivo, rivoluzionario, inclusivo. Così fuori dai generi che fa pure cantare a Ryan Gosling un invito agli uomini a prendersi per le loro virili mani, per sconfiggere insieme il machismo patriarcale.
Il film con l’incasso maggiore della stagione, il più discusso, il più amato, diretto da una donna. Proprio una cosa da femminucce.
https://youtu.be/ru1LC9lW20Q?si=6Wp8MP7txUDo5tvC
Bonus track:
E le parole, sì lo so, so' sempre quelle
Ma è uscito il sole e a me me sembrano più belle
Scuola e lavoro, che temi originali
Se non per quella vecchia idea
De esse tutti uguali
A bocca chiusa, di Daniele Silvestri, è una canzone di dieci anni fa. Ma Paola Cortellesi l'ha scelta per sigillare il suo film, C'è ancora domani. Il film dei record, che in Italia ha riportato il pubblico al cinema, e ha reso centrale e popolare il dibattito sulla violenza di genere. Il brano trasmette un messaggio di partecipazione e responsabilità in modo accessibile a tutti, e, accompagnato dalle immagini, resta impresso nella memoria. Per ricordarci da dove veniamo, e recuperare la direzione civile, che sempre più spesso sembra smarrita.
https://youtu.be/xpdsirdCxj8?si=EcMwwSkl_spgModJ
Ecco la playlist su Spotify: