Woody Allen Blue Jasmine
2013 » RECENSIONE | Drammatico
Con Cate Blanchett, Joy Carlin, Richard Conti, Alec Baldwin, Sally Hawkins, Bobby Cannavale, Peter Sarsgaard
16/01/2014 di Claudio Mariani
La storia si divide in due piani temporali diversi: uno è nel presente e l’altro nel passato della protagonista Jeanette “Jasmine” Francis. Il piano riservato al passato è ambientato a New York quando Jasmine era sposata a Harold (Alec Baldwin), e portava avanti una vita da ricca signora dell’upper class, snob al punto giusto da risultare insopportabile. Il piano temporale del presente si svolge dall’altra parte degli Stati Uniti, in quella San Francisco giustamente definita la città più europea d’America. Da una parte il simbolo degli Stati Uniti, dall’altra il surrogato statunitense dell’Europa. A San Francisco troviamo la protagonista totalmente in crisi, senza più un soldo dopo l’arresto e il successivo suicidio del marito, uno dei tanti truffatori dell’alta finanza. A fare il trait d’union delle due storie è la tenera sorellastra di Jasmine, Ginger, interpretata da un’ottima Sally Hawkins, attrice perfetta per i ruoli alleniani.
Nonostante dei comprimari bravissimi -tre dei quali curiosamente provenienti dalla serie Boardwalk Empire- il film è tutto incentrato su una Cate Blanchett al massimo della sua carriera. Woody Allen, in una delle sue migliori sceneggiature, riesce a creare un personaggio come se ne vedono pochi nel cinema odierno. Erano parecchi anni che non costruiva un personaggio femminile così forte, così pregnante. Come aveva già fatto con Mia Farrow e Diane Keaton, ma ancora di più con la Gena Rowlands di Un’altra donna, conferma di essere un grande autore di ruoli femminili. Il parallelo con la Rowlands è dato proprio dall’estrema drammaticità del personaggio. La prestazione della Blanchett, nella sua spirale che inesorabilmente la porta verso l’abisso, è a tratti impressionante e risulta risucchiare tutto, gli altri attori, la storia e il film stesso, che risulta comunque un’opera pienamente riuscita: appunto un dramma travestito da commedia, dove non mancano alcuni passaggi che fanno sorridere e con tipici intrecci narrativi che coinvolgono le relazioni sentimentali dei comprimari. Quindi è un film strano, che sembra farti sorridere per il climax generale e per alcuni episodi, ma che, in definitiva, ti costringe a fare i conti con l’ennesima brutta storia su come sia difficile, per il nostro cervello, adattarsi ai cambiamenti verso il basso.