The Zen Circus Villa inferno
2008 - Unhip Records
“Villa Inferno” non è altro che la dichiarazione di un credo musicale, direttamente collegata a un battesimo rock iniziato anni or sono: oggi il padrino della band si chiama Brian Ritchie, uno zio gigante e buono che ha preso le redini in sede di produzione ed esecuzione, ha trasmesso delle lezioni di stile a cui i tre si sono affidati completamente, seguendo sia la linea della scuola “old folk punk”, sia quella della condivisione con altri musicisti (tra cui Giorgio Canali e Jerry Harrison dei Talking Heads) che in un modo e nell’altro hanno apportato un contributo sostanziale al lavoro.
Il disco come in passato si presenta forte di un carattere poliglotta: viene cantato in inglese, italiano, serbo e francese. Rimane impressa la melodia di “Les Tantes De La Dimanche”, lingua usata da Appino con grande dimestichezza, così come la versione in un serbo naturale di “Narodna Pjesma” che riscopre le origini popolar-slave del cantante in questione.
Crudezza a raffinatezza paiono andare a braccetto in questo disco, si passa da un rock cantautorale di “Figlio di Puttana” (la somiglianza con il Gaetano nazionale è impressionante, ma si lascia cantare molto volentieri) al pop-punk “surfeggiante” e sexy di “Punk Lullaby” (con la partecipazione di Kelly e Kim Deal) fino alla rievocazione “clashiana” di “Beat The Drum”.
“Villa Inferno” risulta un album scritto a più mani in cui le idee a tratti sembrano seguire una linea guida ben marcata: ritroviamo sì gli Zen Circus di sempre, mattacchioni ma stavolta più concentrati ed attenti a concelebrare gli amori del rock in maniera spudorata e passionale. Di certo non c’è nulla di male nel professare il credo del dio-rock; quello di cui siamo seriamente convinti è che il risultato è riuscito, le aspettative sono state raggiunte in poco tempo, la qualità è ottima e soprattutto il trio dimostra di avere lunga vita.