The Zen Circus Canzoni contro la natura
2014 - La Tempesta Dischi
L’apertura è affidata a Viva, una dichiarazione di “crisi da una vita”, di rifiuto dell’omologazione e del dire sempre viva qualcosa (l’Italia è il paese degli applausi alle bare). E’ un continuo crescendo di un grido per l’autonomia di pensiero che dopo il verso “certo di essere attraente circondato da idioti non me ne frega niente” passa dalle parole ad un riff bellissimo, liberatorio, un tripudio di chitarre e batteria che lancia l’invettiva finale. Contro i viva e i luoghi comuni, tutti inutili, perché tanto “vivi si muore”.
Si passa poi a Postumia con il suo andamento folk quasi da filastrocca. Ma l’innocenza è solo apparente. Arriva, col ritornello dove uno meno se l’aspetta, l’accusa precisa a chi ci ha incastrato: “Nonno, questo è il paese che hai fatto tu”. E quindi, di fronte ad un paese che ci ha fregati ecco che emerge l’oblio come unica cura: “il futuro me lo bevo per non pensarci”.
Canzone Contro La Natura riecheggia La fattoria degli animali (1945) negli scenari disegnati; i suoni si fanno più cupi e pesanti nel presentarci una natura matrigna, eteronoma e consustanziale al contempo.
Vai Vai Vai! a questo punto sembra uno scanzonato divertissement; in realtà è la storia di un altro nato per subire, che corre, corre a perdifiato a ritmo folk. In Albero Di Tiglio la voce di Appino si fa solenne tra riflessi shoegaze: il bene ed il male diventano concetti fluidi e vuoti di significato nonostante la volontà dell’uomo di farsi Titano.
L'Anarchico E Il Generale riporta alla luce le reminescenze cantautorali dei ragazzi: inizia quasi come Il pescatore di Fabrizio De Andrè; poi procede dylaniata e eroica nella sua epica di un piccolo mondo, in cui dopo la scarcerazione del protagonista “tutto era cambiato”. Mi Son Ritrovato Vivo si apre leggera come uno sciame di bolle di sapone e leggiadra nei suoi riff, soave come un giro di giostra e poi riscontra che “nessuno regala niente, nemmeno l’Onnipotente...ma in fondo va bene così”. Dalì riporta a chi dall’Onnipotente è stato dimenticato, un ultimo con un soprannome noto “soltanto per i baffi”, vittima del gioco, perso nei meandri di una città crudele, che però potrebbe vendicarsi. I suoni ricordano un carillon rotto, intrisi della malinconia di questo frammento di umanità dimenticato e condannato. No Way inizia con una lunga suite per poi diventare una sorta di duetto tra Appino e i cori, quasi una tragedia greca. Un coro che stavolta non offre conforto, ma rigira il coltello nella piaga.
Si finisce con Sestri Levante, morbida come un anello di fumo di una sigaretta fumata durante un falò tra amici. Un compagno, fratello, caro come il lettore di Baudelaire. Forse anche di più.
Canzoni contro la Natura riflette in parte l’esperienza solista di Appino, ma la incrocia con il disincanto degli Zen Circus, stavolta forse più amaro che cinico. Forse non si riesce sempre ad usare l’ironia perché, come diceva qualcuno che di Natura Matrigna se ne intendeva, “il vero è brutto”.