The Zen Circus Doctor seduction
2004 - Le Parc Music / Linfa / Self
Gli Zen Circus non vi si sottraggono, anzi, vi si buttano fino a farsi coinvolgere in toto, mente e corpo.
“Doctor seduction” è il loro terzo disco: è evidente il richiamo al potere di una musica, di un suono, che è contemporaneamente salvezza e rovina, purezza e peccato. Rock e pop, direbbe qualcuno, amante dei generi e degli schemi.
La musica degli Zen Circus è tutto questo, ovvero rock’n’roll. Se si vanno a riascoltare le prove precedenti della band pisana si noterà come l’approccio da strada sia evoluto, come il folk e il punk siano maturati, anzi, liberati. “Doctor seduction” è un disco liberato e liberatorio.
Il titolo rimanda ad una scritta intravista dall’autostrada, che campeggiava su un’affascinante edificio rivelatosi di proprietà di un fantomatico “venditore”. Eppure “Doctor seduction” non è un bluff e gli Zen Circus non sono un’illusione: sono una realtà che meriterebbe considerazione più di tanti gruppi, anche stranieri. Presentarli ancora come una indie band italiana è riduttivo, perché la loro musica ha un impatto, che potrebbe (dovrebbe) far presa anche all’estero.
Se “About thieves, farmers, tramps and policemen” e “The ghost Of Blind Willie Lemon” innescavano un turbinio di scintille tra Violent Femmes, Cramps e Talking Heads, “Doctor seduction” è un ulteriore sprizzare d’energia in un modo che si è fatto tanto raffinato quanto immediato e frontale.
Non è un caso che affiorino tanto i Beatles quanto i Pavement, che ci siano tracce dei Pixies e la presenza dei Perturbazione. Che il disco si muova su ballate sinuose quanto su roventi rock colmi di sbavature e di suoni vintage. La ricetta di “Doctor seduction” è un cocktail di farmaci che non tutti prescriverebbero e che dà risultati non imputabili ai singoli componenti: c’è qualche controindicazione, prima di tutto perché trattasi di un disco che crea dipendenza.
Nessuno potrebbe credere alla sobrietà di “Sober”, soprattutto dopo una “Sailing song” che graffia e ti rimane attaccata addosso con le unghie. La stessa attrazione in modo molto più garbato è esercitata da “Time killed my love” con tromba e violino.
Sublime è “Sweet me”, con i Perturbazione che fanno lievitare le voci come fossero i primi REM e il violoncello che eleva lo svolgimento del pezzo.
Dalla batteria alle voci, il disco segue scosse più o meno improvvise e svolte che stupiscono, anche quando non sono brusche, come nei pezzi elettroacustici finali.
Insomma è ora di smettere tabù e pregiudizi. E di farsi sedurre dagli Zen Circus.