In ambito musicale si è assistito ad una vera e propria “rivoluzione rock”, in cui hanno mosso i loro primi passi band come Pankow, Neon e Moda, ma soprattutto Litfiba e Diaframma.
Dopo aver cambiato la voce di Nicola Vannini con quella di Miro Sassolini, i Diaframma, capitanati dal chitarrista Federico Fiumani, esordiscono nel 1984 con “Siberia”. Concepito sotto l’influenza di tutta la new wave d’oltremanica (e non), di gruppi come Television, Joy Division e Bauhaus, “Siberia” viene considerato come uno tra gli album di fondamentale importanza per tutto il progresso musicale del “rock italiano”, un capolavoro a cui molti gruppi italiani nati nell’ultimo ventennio devono qualcosa, volenti o nolenti.
Perfetto sotto ogni punto di vista, l’album si distende per mezzo di considerevoli composizioni legate al filone dark/ new-wave e risaltate dalla forza espressiva dei testi: un Fiumani in grado di tradurre immagini e sensazioni in poesia a tratti cupa ed ossessiva.
Otto brani musicalmente validi, grazie anche all’impronta lasciata dagli arrangiamenti curati dal batterista Gianni Cicchi, mentre il lavoro della sezione ritmica (per opera dei fratelli Cicchi) contribuisce in modo decisivo alla struttura melodica dei brani senza nulla levare ai genuini e ruvidi riff di chitarra, e alla voce teatrale ed impostata di Sassolini.
Importanti le suggestioni evocate da “Delorenzo”, “Neogrigio”, “Memoria” e “Desideri del nulla”, ma soprattutto dalla pietra miliare “Siberia” e dalla straordinaria “Amsterdam”. Quest’ultima verrà in seguito ri-arrangiata e ricantata assieme ai nemici-amici Litfiba, divenendo il manifesto dell’epoca, sia perché cantata e suonata dai due gruppi più rappresentativi e sia perché perla della poetica di Fiumani: “Come frammenti pulsanti di vita / voci alterate si sono dissolte / Dove i miei occhi le hanno chiamate / dove il giorno ferito impazziva di luce ...”.