live report
Diaframma FLOG, Firenze
Concerto del 23/01/2015
Un po’ di tempo fa mi era capitato di leggere (uno scritto dei Wu Ming, forse? O uno sconnesso paragrafetto di Lester Bangs?) un’interessantissima riflessione in cui il concerto rock veniva paragonato a un’esperienza nazista e ad un piccolo campo di concentramento (espressione fortunatissima, tanto da sfociare in quel cabaret dell’assurdo che sono le performance Waters-floydiane di The Wall; evviva il post-modernismo insomma); è un po’ difficile da accettare, dato che noi stessi paghiamo un biglietto d’entrata più o meno salato per rinchiuderci in questi lager contemporanei.
Ma se cominciamo a togliere la pantomima di chi è sul palco, le droghe, l’alcool e la sensazione di sottomissione causata dai troppi decibel in un ambiente chiuso, cosa rimane? La musica, direte voi. No, non è vero per niente, o almeno non sempre. Raramente. Staccate un attimo il vostro senso uditivo dal resto del sistema nervoso e guardatevi intorno: sono pronto a scommettere che per più della metà delle volte vedrete solo un manifesto strombazzante e un sacco di persone finite lì per caso a naso all'insù ad ammirare la semidivinità del mese.
E così, invischiati in un serpentone di fenomeni indie/nazionalpopolari che lasciano il tempo che trovano, assistiamo lucidi al suicidio assistito di tutto un circuito di locali che può contare per fare cassa ormai sulla moda del momento, e del nostro, che ci rinchiudiamo per divertirci in maniere che non ci appartiengono, sfoderando facce arrabbiatissime quando sfrequenziano i distorsori o con lo sguardo perso e innamorato al primo accordo di una ballad, il tutto con precisione attoriale.
Questo non va assolutamente bene, abbiamo mandato a fanculo tutto quello che significa il rock. Se voglio andare a sentire della musica sapendo già come comportarmi aprirò il portafogli per comprare un biglietto per l’opera, stirerò la giacca che metto tre volte l’anno e allora potrò sottostare a tutta quella serie di convenzioni popolar-borghesi che un’occasione del genere richiede, ma non ad un concerto rock.
Tutto questo era per dimostrarvi tutto il mio disamore verso la musica dal vivo e la fascistizzazione (forse implicita) del rock; quello che segue invece sarà dimostrarvi che al contrario qualcosa resiste ancora.
Il concerto di Gennaio dei Diaframma alla FLOG è, per ogni fan della band di Federico Fiumani, un appuntamento unico, che da solo vale l’attesa del Gennaio successivo. Dal primo dell’anno ogni momento si tramuta in attesa spasmodica della prima nota che parte dal palco dell’auditorium fiorentino. E un secondo dopo sei lì, prime file, centrale, e succede davvero. Non delle note a caso eh, ma le tre note che aprono Siberia, album masterpiece degli ‘80s italiani – ma a pensarci bene meglio anche di tanta darkwave anglosassone coetanea – che per l’occasione viene suonato per intero per la gioia di ben tre generazioni di ascoltatori.
E meraviglia delle meraviglie la performance tiene una botta incredibile. Non so parlando dei Diaframma in assoluto, ma di Siberia. Nel senso, provate voi a scrivere qualcosa e tirarla fuori trenta anni dopo e sentire se suona ancora fresca. Molti non possono, Fiumani sì. Ed è semplice capirne il perché, oltre al semplice fatto che abbia scritto alcune delle canzoni più belle degli ultimi decenni: i concerti dei Diaframma non sono un teatrino per adolescenti in cerca di un idolo. Assomigliano più a riunioni tra amici di una vita, si respira calore affettivo e libertà come se si fosse a casa propria il giorno di Natale. È devastante ogni volta che mi ci ritrovo, è come una piccola utopia, il punk che ce l’ha fatta, una piccola isola anarchica (e non a caso “questa società di liberi, questa società di amici è l’anarchia” diceva un certo Errico Malatesta).
Sul palco c’è pura urgenza espressiva, e i pezzi scivolano uno dopo l’altro in un delirio di gioia alienante (chè se in questo momento sei nelle prime file molto probabilmente questo disco ha significato tanto per te ed è giusto che tu lo viva in –perfetta- solitudine), fino a risvegliarsi dalla propria stasi con una gomitata al centro della schiena sul primo fragore de I giorni dell’IRA, dove il concerto si trasforma. Non c’è più bisogno di mantenere anche una lieve apparenza di formalità, qui parte una festa. E in effetti è un po’ difficile raccontare cosa sia il concerto dei Diaframma, perché perlopiù si tratta di emozioni, di lacrime, litri di sudore versato e lividi che scopri a poco a poco il giorno dopo. Significa essere tutt’uno con la voce di Federico Fiumani, stonata e a volte sgraziata sì ma di una potenza imbarazzante (che poi, a quelli che dicono che Fiumani non sa cantare imporrei cinque ore dei mugolii del tipo de L’Officina della Camomilla, poi ne riparliamo); significa battere al tempo di Luca Cantasano e Lorenzo Moretto, tra le sezioni ritmiche più potenti e affiatate d’Italia; significa perdersi in una linea melodica di Edoardo Daidone; significa ESSERCI, qui e ora.
Esserci perché alla loro età insegnano ancora a quattro quinta della scena (tutta) italiana come si tiene un palco, cosa vuol dire dare il massimo, come si scrive una canzone che dopo trent’anni suona ancora giovane. Esserci perché sì, qui c’è il rock vero, non solo sul palco ma anche sotto, non vale più nessuna regola. Perchè sennò non potrete capire mai come si possa stare bene urlando veramente a squarciagola e con rabbia incontenibile (il sottoscritto ne sta risentendo ancora) quel mantra: "Gennaio! Gennaio!" etc. etc.
Credo che ognuno dovrebbe vedere un concerto dei Diaframma, aiuta a ricordare perché con lo scoppiare dei primi brufoli e gli ormoni in delirio davamo di matto ascoltando gli Stooges, simulavamo headbanging con i Nirvana e ci sentivamo onnipotenti e rabbiosi con i Sex Pistols. Sta lì la magia del rock, noi l’abbiamo barattata per il confortante ripetersi di innocui rituali borghesi.
Ma ora scusate, il mio the ecosolidale da 3 euro a filtro si sta raffreddando, e devo ancora stirare la giacca (ever get the feeling of being cheated?).
Setlist
Siberia
Neogrigio
Impronte
Amsterdam
Delorenzo
Memoria
Specchi d'acqua
Desiderio del nulla
I giorni dell'IRA
Adoro guardarti
Verde
Le alpi
Io ho te
Agosto
La mia vita con una dea
L'orgia
Francesca, 1986
Labbra blu
Madre superiora
Boxe
In perfetta solitudine
Diamante grezzo
Blu petrolio
ENCORE
L'odore delle rose
Gennaio
Elena
See No Evil (Televison cover)
Rebel Rebel (David Bowie cover)
La canzone dell'amore perduto (Fabrizio de Andrè cover)
Libra