Cesare Basile 14.06.06 (cd + dvd)
2006 - Mescal
L’uscita di un doppio live sembra voler confermare il momento che sta vivendo questo cantautore, ma sarebbe meglio chiamarlo songwriter, ormai assestatosi su un livello con cui riesce a coniugare il rock con una forma di canzone (poco) italiana.
Cd e dvd offrono la registrazione di un concerto tenuto a La Casa 139 di Milano il 14 giugno scorso, data che dà il titolo all’album. L’ambiente è quello ideale per un concerto di Basile: pubblico attento e raccolto, in questo caso seduto, pronto a cogliere le sfumature di un set che non cerca lo spettacolo ma piuttosto il significato e la tensione.
Il suono è fatto di chitarre, pelli e poco altro e la band è più o meno quella che accompagna Basile da anni: Marcello Caudullo alla chitarra, Marcello Sorge alla batteria, Luca Recchia al basso, Michela Manfroi al pianoforte e tastiere. Sul palco le canzoni mettono in evidenza la loro anima rock, a tratti spietata, che attinge al blues, all’underground americano e alla musica popolare.
Il set è ruvido, si apre con le distorsioni di “Ceaseless and fierce” e solo a tratti sale di tono sul ritmo percussivo di “Dal cranio” o sugli squarci di “Fratello gentile” e di “Pietra bianca”. Basile non fa scena, concede poche parole e mira come suo solito a comunicare l’anima delle canzoni scavandone l’umore e il dolore anche attraverso le parti strumentali: il suo è un approccio parco e intestino, spesso grave come in una “Hellequin song” introdotta dal piano e dagli echi della chitarra e poi sviluppata in una sorta di marcia underground.
Oltre ai primi dieci pezzi in scaletta, il dvd offre immagini dal backstage con alcune riprese del soundcheck, mentre il cd contiene cinque pezzi in più in cui c’è da segnalare “La suonatrice di Hammond”, una canzone d’amore che suona più come una descrizione anatomica.
Chitarre e parole intagliano ferite che bruciano sotto pelle come succede con “A che serve lo zolfo” e soprattutto con “L’albero di Giuda” che si porta dentro rancori di spiriti mal sopiti. Chiude il blues trascinato di “Odd man blues” e poi in coda una “Apocrifo” probabilmente fuori programma, visto che la registrazione viene avviata quando la band già sta suonando.
Tutto contribuisce a comunicare l’animo tormentato di una musica che è meno italiana di quanto si creda. Vale assai più della solita lista inclusa nei credits una frase che Basile si lascia scappare sul palco: “Grazie a questo cazzo di rock’n’roll”.