interviste
Cesare Basile Storie di anarchici, transessuali e senzanome
Il cantastorie catanese continua a rigirare zolle di terra pietrificate dal sole cocente della Sicilia, riportando in superficie i personaggi nascosti, sprofondati o emarginati che animano le sue canzoni.
In uscita per Urtovox, il disco Tu prenditi l'amore che vuoi e non chiederlo più racconta "di pupari, ladri, cantastorie, travestiti innamorati di Cristo e saltimbanchi della barricata. Un'invettiva di cenci intrecciata ai nomi di chi un nome non ce l'ha, non ha appartenenza né ingaggio, prestazione o valore di scambio". A questo proposito, ma non solo, rivolgiamo qualche domanda a Cesare Basile.Mescalina: Cesare, come hai incontrato la musica? Sei stato tu a cercarla o è stata lei a trovare te?
Cesare Basile: L'ho incontrata nelle mani di mio nonno che ogni tanto ripuliva il violino che non suonava più.
Mescalina: Lo stile del tuo cantautorato è ormai facilmente riconoscibile. Sei riuscito a conciliare la tradizione popolare siciliana con il blues e con il folk d'oltreoceano, fino a fonderli in un unico prezioso calderone. Quali sono i mattoni di riferimento (musicale e letterario) che ti hanno permesso di costruire questo ponte?
Cesare Basile: Ho cercato di riportare tutto a casa. Di pensare la mia musica al centro di incroci fra strade apparentemente distanti ma, di fatto, intimamente legate dall'essere cuore pulsante di quella “storia” sotterranea, eterogenea, non scritta, che accomuna i senzanome. La musica popolare, nel mondo, vive e si evolve per incontri. Ogni incontro è un mattone per la mia musica.
Mescalina: Tu stesso affermi che finito il disco "non hai più niente da dire e, soprattutto, non vuoi dire più niente; le storie sono lì e da sole dovrebbero raccontarsi” ma, trattandosi di un'intervista, qualche domanda sull'album dovrò pur fartela! Ogni tuo lavoro sembra avere una necessità intrinseca di esistere. Come e perché nasce Tu prenditi l'amore che vuoi e non chiederlo più?
Cesare Basile: La necessità di esistere viene dall'urgenza del racconto. Nessuno dei miei ultimi dischi avrebbe visto la luce senza le storie che bussavano violentemente alla porta chiedendo di entrare. All'inizio sembra una processione di sbandati e poi diventa narrazione fluida (almeno per me). Non sono mai ossessionato dall'idea di fare un disco a tutti i costi o per ragioni ( contratti, presenzialismo, terrore di essere dimenticati, vendere dei concerti) che nulla hanno a che vedere con i suoi personaggi.
Mescalina: Tu prenditi l'amore che vuoi e non chiederlo più sembra seguire un percorso – non soltanto artistico – ben delineato, intrapreso ormai da molto tempo. Cos'è cambiato da “Usa tutto l'amore che porto” (Hellequin Song, 2005) a “Tu prenditi l'amore che vuoi”?
Cesare Basile: Parlavo a me stesso di me stesso. Oggi parlo di me stesso attraverso gli altri e agli altri.
Mescalina: Per restare in tema di 'percorso': dopo aver rifiutato il ritiro della Targa Tenco per il migliore album dialettale del 2013 per i motivi che hai già ben spiegato, hai deciso, adesso, di fare di questo tuo ultimo disco (uso le tue parole) "una canzone che non deve chiedere permesso d'esser cantata".
Cesare Basile: Mi sono dimesso dalla S.I.A.E e ho scelto di non affidare le mie canzoni ad altre società per essere libero di ragionare su cosa è diventato il diritto d'autore, metterlo in discussione, ripensarlo e, soprattutto, sottolineare che la S.I.A.E e i suoi padroni non servono alla circolazione della cultura, ma solo allo sfruttamento della stessa attraverso un complesso meccanismo burocratico a difesa dei privilegi di pochi.
Mescalina: Dopo sette anni a Milano lasci il capoluogo lombardo e, nel 2011, torni in Sicilia. Col senno di poi attraverseresti nuovamente lo Stretto?
Cesare Basile: Certo. Ho passato gran parte della mia vita in fuga, oggi non ho più bisogno di scappare, ma ho ancora tanta curiosità.
Mescalina: In che misura e in che termini l'esperienza dell'Arsenale e del Teatro Coppola di Catania ha influenzato la scrittura dei tuoi dischi?
Cesare Basile: Nella misura in cui mi hanno insegnato quale limite è per un individuo l'autoreferenzialità.
Mescalina: Guardandoti intorno, per quanto riguarda il cantautorato siciliano e italiano in genere, che nomi ti danno sicurezza sul futuro di questo modo di raccontare e raccontarsi?
Cesare Basile: Le sicurezze non servono a nessuno. Sicuri sono solo i cavalli nelle corse truccate.
Mescalina: Cosa ci aspetta dopo il tour che ti porterà in giro per l'Italia affiancato dai fidati Caminanti? Hai nuovi progetti in cantiere?
Cesare Basile: Continuerò a portare in giro i miei cantastorie, i miei transessuali, i miei anarchici.