Cesare Basile

interviste

Cesare Basile

24/12/2003 di Christian Verzeletti

#Cesare Basile#World#Folk Blues

Qualcuno ha detto che “le canzoni di Cesare Basile ti guardano dentro”. È vero, ma con l’ultimo disco, “Gran Calavera elettrica”, questo cantautore siciliano è andato oltre, anzi, più a fondo: come un eremita ha raggiunto un luogo che è uno scavo nella canzone d’autore e nella coscienza umana.
  
    Interviste:

                        Cesare Basile
Qualcuno ha detto che “le canzoni di Cesare Basile ti guardano dentro”.
È vero, ma con l’ultimo disco, “Gran Calavera elettrica”, questo cantautore
siciliano è andato oltre, anzi, più a fondo: come un eremita ha raggiunto un luogo
che è uno scavo nella canzone d’autore e nella coscienza umana.

Mescalina: Vorrei partire da una frase che ho trovato nella tua cartella stampa: “L’inferno dell’amore è preferibile alla quiete di un mondo pacificato a cazzi in culo” … non so se è tua …
Cesare Basile: Sì, è una mia frase … ha a che fare col dolore e con la voglia di riappropriarsene anche come valore contrapposto alla quiete televisiva, il dolore come fatto intimo e non mediatico come i bombardamenti in diretta …

Mescalina: Infatti contiene l’amarezza e la rabbia che si trovano nel disco … quell’essere spogli senza mezzi termini, senza paura di dare fastidio …
Cesare Basile: Non so se un disco oggi possa dare fastidio, può sicuramente scegliere strade non praticate da altri, linguaggi e temi fastidiosi, scegliere la nudità come differenza, questo sì.

Mescalina: Certe canzoni mi sembra vadano proprio in questa direzione, come “Apocrifo” e “L’albero di Giuda” …
Cesare Basile: Sono canzoni di sdegno, quasi delle invettive, un manifesto morale di sbandati ubriachi di fede.

Mescalina: Deduco che il modo in cui oggi sono affrontate certe situazioni ti lasci inorridito: in “Tutto tranquillo” accenni alla guerra …
Cesare Basile: Sono inorridito da come subiamo certe situazioni, il potere fa il suo lavoro, quello è … ma la volontaria incapacità di provare vergogna, la cancellazione della pietà, la comodità come ideologia, questo mi fa schifo.

Mescalina: Non credi che la canzone italiana sia troppo “politically correct”, diciamo innocua?
Cesare Basile: Essere politicamente corretti è proprio di chi non si gioca mai il culo …

Mescalina: Di chi preferisce il sopravvivere al vivere, aggiungo … nel tuo disco ho trovato un desiderio estremo di vita e di canzone: per questo le hai ridotte entrambe ai minimi termini, in forme così scarne?
Cesare Basile: E’ un disco che ha il sapore della terra, del sole che riscalda e che ti scava la pelle, un posto riconoscibile ma non rassicurante, un disco di spazi in cui sentirsi smarriti quando per la prima volta li conosciamo nuovamente come nostri, spazi e vicoli. La vita è lo spazio, le canzoni i vicoli.

Mescalina: “Gran calavera elettrica” suona come se fosse stato costruito con grande severità: come si sono svolte le registrazioni?
Cesare Basile: Siamo stati severi con noi stessi, mettendoci da parte in favore delle canzoni. Volevo innanzitutto un suono che fosse parte fondamentale del racconto, non mi interessavano i singoli arrangiamenti, volevo un disco rigoroso come la musica folk. Le takes base sono state riprese dal vivo con microfoni sparsi in tutta la stanza per avere quanto più ambiente possibile, poi abbiamo aggiunto i colori.

Mescalina: Alla produzione stavolta hai avuto John Parish, come vi siete incontrati?
Cesare Basile: E’ stato merito di Marina Petrillo di Popolare network. Lo aveva intervistato da poco e ci ha messi in contatto, come sempre nel rock ‘n’ roll le cose avvengono in maniera più semplice di come le immagini. Lui è rimasto subito colpito dalle canzoni, così ci siamo visti a Roma dopo un suo concerto e da lì siamo partiti.

Mescalina: Al disco partecipano siciliani più o meno doc, come te, Hugo Race, Marta Collica, Lorenzo Corti … credo che non sia una scelta casuale: c’è una Sicilia cantata più di quanto non dicano le parole delle canzoni, con fierezza … penso ad una canzone strumentale come “Waltz # 4” …
Cesare Basile: Allora, Hugo è australiano e Lorenzo livornese anche se li abbiamo adottati nel cuore da un pezzo … non c’è fierezza, c’è la consapevolezza di appartenere ad un posto, sentirne le radici, di ereditare da questo posto un atteggiamento rispetto alla vita, non sempre positivo se vuoi, ma imprescindibile anche quando non si è proprio della stessa opinione … Sciascia diceva che nella testa di ogni siciliano c’è una corda pazza, nella mia, nella testa di Cesare Basile ce ne sono due…






Mescalina: Queste tue canzoni riconducono a dei luoghi precisi, che non si possono evitare una volta entrati nell’ascolto: il primo di tutti è la morte, proprio quella che si cerca più di evitare e di nascondere fino a quando ce la si trova sbattuta addosso …
Cesare Basile: La morte, il grande rimosso della società della bellezza…

Mescalina: La morte per mano del destino, del caso, ma anche per omicidio, addirittura massacrante … “che talento ha la morte”: in un certo senso abbiamo bisogno di riappropriarci della morte, non credi?
Cesare Basile: Abbiamo bisogno di riappropriarci della morte come dell’ amore, del dolore, del gesto insensato, dell’ altro, di Dio…

Mescalina: Tu fai un uso di immagini forti, cariche di carnalità, quando parli di passione, e anche di religione o della stessa morte. Eppure non scivoli mai nel morboso, riesci sempre ad insinuare una riflessione nascosta, quasi un significato da cercare il più a fondo possibile: quanto ti è difficile questo tipo di scrittura?
Cesare Basile: Quello che è veramente difficile è non risultare pedante o intellettuale … ho rispetto per le parole e per la scrittura, paradossalmente mi preoccupo più del fascino che una canzone può esercitare che del suo significato …

Mescalina: De Andrè, Spoon River, Faulkner, Brandbury, Johnny Cash, Townes Van Zandt: da qui sei partito? Un viaggio a ritroso … che arriva fino alla Bibbia …
Cesare Basile: Sono un confusionario tremendo, più che viaggiare a ritroso mi sono ritrovato tutte queste cose fra le mani e mi è sembrato parlassero tutti lo stesso linguaggio che era anche quello di cui avevo bisogno.

Mescalina: Credo che oggi viviamo una forma di religione, molto distorta, da mecenati, almeno per quanto riguarda il Cristianesimo … mi sembra che questo sia il senso di una canzone come “Nell’orto degli ulivi” dove fai incontrare Giuda e Cristo …
Cesare Basile: Vivo la religiosità che mi posso permettere, un mio caro amico, Ugo Natalotto, si è fatto tatuare sul braccio Gesù bambino con i guantoni da pugilato che schiaccia la serpe sotto il tallone … la mia grammatica scorretta è Cristo … Giuda è colui che gli è più vicino nel momento della morte.

Mescalina: A proposito di Giuda, le tue canzoni sono popolate di esclusi, reietti, spostati … di nuovo ti dico che si sente la presenza di De Andrè, di cui hai interpretato “La ballata degli impiccati” ….
Cesare Basile: Gli uomini nella vittoria diventano volgari, l’ esultanza dei vincitori è sempre oscena. C’è più dignità nella sconfitta, nel silenzio, nell’onore di chi non ha niente. Credo che De Andrè la pensasse allo stesso modo. Interpretare la “Ballata degli impiccati” è stata una scelta pesante, non credevo di riuscirci fino a quando non l’ho sentita finita … qualcuno mi perdonerà per questo.

Mescalina: “Gran calavera elettrica” è un disco spietato, ma ci sono anche sguardi colmi di compassione … per questo le voci femminili?
Cesare Basile: Le donne di “Gran calavera elettrica” sono spietate più del disco e ne portano sulle spalle il peso …

Mescalina: “Closet meraviglia” era più un’epifania, mentre questo album è il luogo di un addio, è come un abbandono per affacciarsi sulla parte più ignota dell’anima umana: sei d’accordo?
Cesare Basile: Non so dove andrò a finire dopo questo disco …

Mescalina: Per questo hai concluso con una cover in inglese di Fred Neil: una canzone d’amore come ultimo commiato?
Cesare Basile: E’ solo un altro addio, e non so se sarà più lungo degli altri …

Mescalina: Non credi che sarebbe un bell’augurio per il disco se ti dicessi di nuovo che spero possa dare fastidio a qualcuno? In fondo è una dichiarazione d’amore, colma di speranza …
Cesare Basile: Io spero che questo disco possa fare venire voglia a qualcuno di mettersi a scrivere canzoni e di farlo con amore, l’amore può dare molto fastidio …