The rising<small></small>
Rock Internazionale

Bruce Springsteen The rising

2002 - COLUMBIA RECORDS / SONY MUSIC

30/08/2002 di Christian Verzeletti

#Bruce Springsteen#Rock Internazionale

Ci sono due motivi per cui “The rising” sta andando a ruba: primo, è l’album tanto atteso di Springsteen, finalmente con la E Street Band, e secondo, è una risposta alla ferita ancora aperta dell’11 settembre. L’unione di questi due fattori ha messo gola al pubblico, tanto da innescare una sorta di attrazione fatale a cui in pochi si sono sottratti.
Il popolo springsteeniano torna così a moltiplicarsi, rendendo questo disco un prodotto di massa. In realtà, Springsteen è uno dei pochi che investe ancora la sua musica nel sociale, nelle storie della gente, e non meriterebbe di essere deturpato, abusato in questa maniera, ma, come lui sa benissimo e come cantava anni fa, questo è il prezzo da pagare. Anzi, ascoltando il disco si ha l’impressione che ci sia stata la volontà di costruire un album diretto, appassionato, in grado di raggiungere il maggior numero di persone.
In fondo, il Boss ha imparato da tempo a dare al pubblico ciò che vuole, e anche stavolta va a soddisfare un bisogno popolare: “The rising” è il disco che tutti aspettavano, pieno di rock e di suggestioni drammatiche che scaturiscono dalla forza e dalla generosità della E Street Band, ma soprattutto è una risposta all’“Abbiamo bisogno di te!” urlato a Bruce in un parcheggio a seguito dell’attacco alle Twin Towers. È una reazione immediata, anche rispetto ai tempi soliti di Springsteen, una visione fortemente emotiva, potente e commovente, in cui l’autore assume il punto di vista dell’americano comune.
Invece di offrire una panoramica e una denuncia della tragedia, come “Darkness”, “Nebraska”, “Tom Joad” e anche “Born in the U.S.A.”, Springsteen sceglie di penetrare il dolore e il dramma delle vittime degli attentati. Questa è la novità del disco: un disco personale, perché Springsteen si mette nei panni di un vigile del fuoco, di un parente in lutto, di un terrorista, come se di fronte alla complessità di questa nuova guerra, l’unica possibilità di salvezza fosse non tanto in una soluzione politico-economica o ancor peggio militare, ma nell’interiorità di ogni uomo.
Un’interiorità, ora più che mai, difficile da gestire: il personaggio di “Nothing man” si dichiara una nullità, quello di “Empty sky” cerca istintivamente l’amore come la vendetta (“I want an eye for an eye”), quello di “Worlds apart” addirittura afferma che “a volte la verità non è abbastanza / o è di troppo in tempi come questo”. Eppure Springsteen canta perché la solitudine e le rovine vengano superate, questa è sempre stata la missione della sua musica, un rito propiziatorio e liberatorio, che sul palco fa di lui una sorta di salvatore. Per continuare questa catarsi, è stato necessario richiamare tutti gli scudieri, i fratelli E Streeters, i fidati collaboratori dello staff, e anche altri aiutanti come l’Asif Ali Khan Group, la violinista Soozie Tyrell, la Nashville String Machine, gli Alliance Singers e un buon numero di violoncellisti.
Come se avesse avuto bisogno di tutto se stesso, Springsteen ha recuperato buona parte del suo repertorio dall’Asbury sound, alla soul song, al rock roadhouse, passando per pezzi più elettronici e ballate soffuse, anche se poi sono gli archi a costituire buona parte degli arrangiamenti, in opposizione alla speranza ritmata della band. L’abile produzione di Brendan O’Brien nasconde più trucchi di “Born in the U.S.A.” e “Tunnel of love”, a loro tempo rei di tradimento, e contribuisce a rendere “The rising” un disco che lascia dubbiosi, colmo di contrasti e di integrazioni, di conflitti insanabili e di belle parole.
Le contraddizioni insite nei testi sono parallele a quelle sonore: chi avrebbe immaginato la fisarmonica di Danny Federici accompagnare delle tabla arabe? Campane a festa e violoncelli funebri? Voci pakistane alternate all’armonica? E la classica strada americana bagnata dalla pioggia benedetta di Allah? La caratteristica del lavoro del Boss non sta nella coerenza, ma in un effetto disarmante, spaesante e tremendamente reale, lo stesso generato dall’11 settembre. Ed è ciò che lo rende più veritiero di tante analisi e di tanti talk-shows condotti dopo gli attentati, per il semplice fatto che parte dai sentimenti, dai benefits a cui anche Bruce ha partecipato, per arrivare ad elaborare una speranza.
Merito al coraggio di Springsteen che evita bandiere patriottiche o retoriche militari, perché il dramma non è solo americano, investe tutta l’umanità, compreso quel mondo orientale che emerge da una generica “piazza del mercato”. L’alterità è presente, costante, ma non minacciosa come il male inspiegabile che incombe ovunque, dall’orizzonte alla cassetta della posta (“You’re missing”).
“The rising” suona perfetto per rincuorare l’intero mondo occidentale, non cerca di dimenticare, ma nemmeno dichiara la complessità di quanto successo: per la prima volta, non ci sono critiche al sistema statunitense. Anche in questo, Springsteen si rivela un vero americano, colpito nel profondo da qualcosa di troppo grande, che ha accomunato e annebbiato le coscienze, qualcosa al cui confronto qualunque altra tragedia (Vietnam incluso) risulta piccola e lontana.
Riferimenti alla propria opera narrativa (le “sette immagini di Buddha in tasca”, invece del solito dollaro o della foto dell’amata), ripetizioni, cori d’incitamento, tutto rientra nell’etica springsteeniana, da sempre venata di retorica e di populismo, e tutto serve a sviluppare una reazione: non un disco di denuncia, ma di soccorso, che vuole ricostruire dal disorientamento di Ground Zero. Sarà solo “un sogno di vita che arriva / come un pesce che danza / appeso all’amo”, ma Springsteen è di nuovo qui a dirci che è ancora possibile, anche se solo in un pugno di canzoni e nelle illusioni di un uomo qualunque. Ognuno poi è libero di credergli.

Track List

  • LONESOME DAY|
  • INTO THE FIRE|
  • WAITIN’ ON A SUNNY DAY|
  • NOTHING MAN|
  • COUNTIN’ ON A MIRACLE|
  • EMPTY SKY|
  • WORLDS APART|
  • LET’S BE FRIENDS (SKIN TO SKIN)|
  • FURTHER UP (ON THE ROAD)|
  • THE FUSE|
  • MARY’S PLACE|
  • YOU’RE MISSING|
  • THE RISING|
  • PARADISE|
  • MY CITY OF RUINS

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