Bruce Springsteen

live report

Bruce Springsteen Ferrara / Parco Bassani - Roma / Circo Massimo

18/05/2023 di Autori vari

Concerto del 18/05/2023

#Bruce Springsteen#Rock Internazionale#Songwriting

L’attesa è finita. Bruce Springsteen and The E Street Band sono tornati finalmente nel nostro Paese, dopo 7 lunghi anni. Il 18 maggio, Ferrara ha visto la prima data svolgersi al Parco Urbano Giorgio Bassani; il 21 maggio invece Springsteen & co. si sono esibiti al Circo Massimo di Roma.

In attesa del 25 luglio, quando il tour europeo del 2023 si chiuderà al Prato della Gerascia, nell’Autodromo Nazionale di MonzaValerio Corbetta, Giovanni Sottosanti e Giovanna Mentasti sono andati a vivere dall'interno l'atmosfera dei primi due concerti, e ce la raccontano in esclusiva.

Ferrara, 18 maggio 2023 - Roma, 21 maggio 2023 

FOTO DI GIOVANNI SOTTOSANTI, VALERIO CORBETTA E GIOVANNA MENTASTI

Giovanni Sottosanti

L'uomo arriva da molto lontano, camicia e pantaloni neri, capelli spruzzati di grigio, sguardo dritto e fiero. Si è lasciato dietro le spalle tanti chilometri, anni lunghi e difficili, con un presente incerto e un futuro che mette tanta paura. È tornato per dirci che lui c'è ancora, perché abbiamo fatto una promessa tanti anni fa, ci siamo giurati fedeltà e amore eterno, mica roba da niente. E lui è uno che, le promesse, le mantiene. Nessuna resa, non si arretra di un centimetro, anche se gli ultimi anni ci hanno insegnato distacco, lontananza, incertezza, egoismo e diffidenza. Bruce ha raccolto in una lettera immagini, emozioni e racconti, cose belle e brutte, e adesso è pronto a dirci che ok, è dannatamente difficile e incerto, ma ci proviamo, dobbiamo provarci.



E inevitabilmente bisogna fare i conti con il tempo che passa, ormai ne è trascorso più di quello che abbiamo davanti, tante persone care che erano con noi ce le siamo lasciate dietro. Il centro, il nodo cruciale dello show è tutto qui, nella sequenza Last Man Standing/Backstreets. Una combinazione destro-sinistro che sdraierebbe un toro, una botta micidiale, che arriva dritta al cuore e scoperchia emozioni che avevi lì dentro da anni e tenevi chiuse, ben nascoste, quasi avessi paura che, uscendo fuori, esplodessero con un fragore clamoroso.

Bruce ha confezionato uno spettacolo perfetto, potente, travolgente e trascinante, ma allo stesso tempo intimo, malinconico e drammatico. Quando imbraccia la chitarra acustica, si mette a nudo senza vergogna e senza difese, con tutte le debolezze e paure di un uomo che, a 73 anni, ricorda con nostalgia i suoi 15, quando "ci sono solo domani e buongiorno", mentre "andando avanti molti più ieri e arrivederci".

Impressionano la lucidità, la consapevolezza e la sincerità con cui l'uomo Springsteen si raffronta con l'incombenza di una fine che, inevitabilmente, sente sempre più vicina. L'intro di Backstreets arriva ad assestare il colpo finale, raccoglie le lacrime di tutto il Circo Massimo per una versione epica, struggente, monumentale, gigantesca, di quelle che vorresti non finissero mai "One soft infected Summer, me and Terry became friends" e poi "Remember all the movies": forse Dio esiste davvero e stasera sta cantando anche lui, perché così è solo in Paradiso!

Ma siamo o non siamo a un concerto Rock con davanti a noi la più grande rock'n'roll band di sempre? E allora la tristezza e la malinconia possono anche farsi da parte e lasciare il passo al divertimento, "è importante vivere ogni momento", dice Bruce, e allora via, alleggeriamo i fardelli che ci opprimono ogni giorno, perché ne abbiamo assoluto bisogno, e soprattutto "it ain't no sin to be glad you're alive". Inutile citare pezzo per pezzo della setlist apparecchiata da Bruce, abbastanza bloccata e con poche variazioni tra una serata e l'altra. Ma va bene così, perché tanto non andrebbe mai bene comunque, perché ci sarebbe sempre quella che potrebbe fare, quell'altra che non ha mai fatto, quella che 'ma perché continua a farla sempre', etc, etc. Menzione particolare per Kitty's Back e E Street Shuffle, le Twin Towers, tanto sono enormi, piene zeppe di suoni, colori, immagini, improvvisazioni jazz, assoli, partenze, stop e ripartenze.

L'apparente spensieratezza di Glory Days e Dancing In The Dark va a braccetto con la malinconia e la nostalgia che inevitabilmente si riaffacciano nelle conclusive Thunder Road (ma possibile che, anche se lo so e dico 'questa volta non mi freghi', possibile che ogni volta mi fai piangere?), Bobby Jean (just to say goodbye, per te A.) e Tenth Avenue. I faccioni di Clarence e Danny benedicono dall'alto questa meravigliosa messa laica, totale, unica e collettiva.



Il miracolo è riuscito anche questa volta, ma il Maestro di Cerimonia ha deciso di mandarci comunque a casa con un groppo in gola, da una parte la gioia di quello che è stato, dall'altra una volta di più la percezione che il tempo sta per scadere. Ancora la chitarra acustica e lui solo sul palco per il commiato finale "Ti vedrò nei miei sogni/Ho la tua chitarra qui vicino al letto/Tutti i tuoi dischi preferiti e tutti i tuoi libri". C'è comunque spazio per la speranza, la morte non ha vinto: "Ci incontreremo e vivremo e rideremo di nuovo/Ti vedrò nei miei sogni/ Si, dietro l'ansa del fiume/Perché la morte non è la fine"
I'll see you in my dreams.



Valerio Corbetta

Si stava meglio quando si stava peggio e la discussione verteva sull’uso dei “violins” un filo sopra la linea di sopportazione. A questo giro, invece, era scoppiata la guerra di religione, e l’omino del New Jersey in 72 ore era diventato divisivo, manco fossimo in campagna elettorale per le presidenziali americane e si parlasse del suo endorsement per sostenere il democratico di turno. Tema del contendere, stavolta, il silenzio del Nostro dal palco di Ferrara sul disastro che, a pochi chilometri di distanza, aveva colpito gran parte della Romagna, provocando morti e danni ingentissimi, mentre al Parco Bassani lo show rimaneva fedele a se stesso e ai protocolli del business.

Bene: tra i miei amici annovero una lunga lista di springsteeniani, di varie tipologie e gradazioni di devozione, e avevo letto e sentito ogni tipo di presa di posizione in materia, in una gradazione che dal “don’t touch my god” scivolava fino all’abiura ed al rogo dei vinili di Darkness e BTR. Meglio quindi evitare di camminare a piedi scalzi in un sentiero disseminato di cocci di bottiglia e quindi non mi espongo manco per commentare il tipo di scarpe che indossava (sneakers invece degli stivaloni da vaquero o degli anfibi firmati), o la camicia coi bottoncini automatici, per potersela strappare, ma poi richiudere e riciclare al prossimo concerto. E non parlerò neppure della tinta dei capelli e del taglio da marines da boomer de noantri, o delle faccine studiate con Stevie, delle pose a rimpiattino con Max e Nils o dello sculettamento su Nightshift. No, quelle sono piccolezze, gocce di rugiada rispetto al diluvio cadutomi sulla testa alle 19.24.



 

Di sorpresa, mentre ancora stavo facendo esercizi di scioglimento muscolare per farmi trovare pronto alle tre ore di saltelli, spinte, piegamenti, torsioni, dopo le dodici di sofferenza tra sampietrini umidi e poi bollenti, pianali di plastica rigidi come cemento armato, fanghiglia mista a ghiaia e un’alternanza meteo tra scrosci tropicali e schiarite da costiera a metà luglio. ‘Sto qua esce sul palco in anticipo. In anticipo. Cioè, voi avete mai visto uno che inizia il concerto prima dell’ora prevista ? Ma manco io col mio amico Pino, quando ci divertiamo con gli amici, che, poveretti, hanno accettato l’invito a venirci ad ascoltare, suvvia.

Da lì però: boom ! Non esiste altro. Tre ore secche, calcolate al secondo: pause praticamente zero, nemmeno la finta di uscire dopo Thunder Road per farsi richiamare sul palco. Quasi che gli abitanti dei signorili condomini dell’Aventino avessero chiesto a Trotta di non rompere loro i timpani oltre le 22.30, che sennò chiamo Gualtieri e fate la fine di quella volta a S.Siro ai tempi della zarina.

Da lì è una cascata di emozioni, raffiche di vento sul viso lanciati a cento all’ora, alternate a riflessioni intime, col magone che sale e déjà vu che ti riportano a tutte quelle volte che, da Milano ’85 in poi, ti sei lasciato trascinare dalla voglia di correr sotto il palco. Perché sai che fai parte di “quelli che hanno una certezza nel loro profondo: che non è peccato sentirsi felici di esser vivi”.



E lì, in mezzo a migliaia di volti sconosciuti, eppure noti, amici di lunga data o conosciuti il giorno prima in fila con altri 500, e diventati presto fratelli di sangue, i tuoi figli che ballano felici accanto a te, forse anche grazie a una scaletta studiata proprio per questo, stavolta, hai trovato la risposta a “un giorno, non so quando, raggiungeremo il posto verso il quale realmente vogliamo andare e lì cammineremo verso il sole”. Là dove le polemiche scivolano via e rimangono le emozioni che ti porterai dietro a lungo. Fino a Monza, diciamo. Poi ne aggiungeremo altre. E chissenefrega della set list standardizzata…



 

Giovanna Mentasti

2009. Non ho ancora 9 anni, e sono fuori dallo stadio di Torino, mentre sento dagli altoparlanti una voce cantare "Can you hear me?", e penso che sì, per quanto assurdo, per la prima volta quella voce non viene dallo stereo della vecchia Opel di mia mamma, ma tra poco vedrò Bruce Springsteen per la prima volta nella mia vita, e Clarence Clemons per la prima e ultima volta.
 
2012. Di anni ne ho 11, e lo stadio di Zurigo è immenso davanti a me, che non so come sono finita in piedi sul palco, con un microfono in mano, vicino a lui, a cantare che sto aspettando una giornata di sole; ma giorni più luminosi di questo sono difficili da immaginare.
 
Poi ne ho 12, e, quando ne ho 15, tutta San Siro si colora di una scritta: "Our love is real", dal pit all'ultimo anello; riesco a vedere che quell'uomo del New Jersey è commosso quanto me, nel vedere le bandierine, bianche rosse e verdi, tingere lo stadio.
 
Il 21 maggio 2023, ne ho 22, quando, sola, decido di andare in giornata a Roma, a rivedere quell'uomo al Circo Massimo.
Dopo 7 anni, il ricordo di quei concerti è così circoscritto alla mia infanzia e adolescenza che non riesco a immaginare come sia riviverlo ora. L'attesa è elettrica: dalla coda per i bagni al clima nel pit, è tutto un vociare di persone in fibrillazione, fra chi ricorda le date di tour passati e chi è impaziente di vederlo per la prima volta. Persone che si conoscono da decenni grazie a questa musica si mescolano a nuovi appassionati; ragazzi della mia età accompagnati dai genitori, genitori accompagnati dai figli. La folla è quanto di più vario si possa immaginare, eppure tutti i presenti sono accomunati da un'unica certezza: il desiderio di saltare, cantare e ballare sulle storiche note di Springsteen e della legendary E Street Band.
 
E, per le successive tre ore, caspita, se saltiamo, cantiamo e balliamo.
Sembra ironico definire così uno spettacolo di questa portata, ma pochi altri concerti sono così divertenti. I maxischermi inquadrano ovunque facce felici, mentre gli altoparlanti non possono competere con i cori del pubblico. La distesa di mani tese verso l'alto sembra un oceano, di cui ogni persona è una preziosa goccia d'acqua.
 
Il pubblico si scatena su No surrender, in questi giorni ancora più significativa; ascolta estasiato una lunghissima e avvolgente versione di Kitty's back; si emoziona su Last man standing e Thunder road; esplode durante Dancing in the dark, guidato dal ritmo implacabile della migliore rock'n'roll band esistente, che sa imprimere alla sua musica ogni genere di sfumatura, dal soul, al rock, al blues, al jazz, fino a trasformare ogni atomo di ossigeno nell'atmosfera in canto, ritmo, energia, sogno, speranza.
 
Il saluto finale, "I'll see you in my dreams", chitarra e voce, racchiude la speranza di potere continuare a sognare ancora a lungo con questa musica.
 
Crescere con un artista è raro, soprattutto se appartiene all'epoca dei propri genitori, ma è anche questa, forse soprattutto questa, la magia di Springsteen: segnare il tempo e il ritmo dell'esistenza degli altri, illuminandola di fiducia nella vita, nell'amicizia, nella musica.
Dopotutto, Faith will be rewarded...

 


SETLIST FERRARA

No Surrender

Ghosts

Prove It All Night

Letter to You

The Promised Land

Out in the Street

Candy's Room

Kitty's Back

Nightshift

Mary's Place

The E Street Shuffle

Johnny 99

Last Man Standing (acoustic, with Barry Danielian on trumpet)

Backstreets

Because the Night

She's the One

Wrecking Ball

The Rising

Badlands

Thunder Road

 

Encore:

Born in the U.S.A.

Born to Run

Bobby Jean

Glory Days

Dancing in the Dark

Tenth Avenue Freeze-Out

I'll See You in My Dreams (solo acoustic)

 

SETLIST ROMA

My Love Will Not Let You Down
Death To My Hometown
No Surrender
Ghosts
Prove It All Night
Darkness On The Edge Of Town
Letter To You (with subtitles)
The Promised Land
Out In The Street
Kitty's Back
Nightshift
Mary's Place
The E Street Shuffle
Last Man Standing (with subtitles)
Backstreets
Because The Night
She's The One
Wrecking Ball
The Rising
Badlands
Thunder Road
Encore
Born In The U.S.A.
Born To Run
Bobby Jean
Glory Days
Dancing In The Dark
Tenth Avenue Freeze-Out
I'll See You In My Dreams (with subtitles)