Bob Dylan The Rolling Thunder Revue: The 1975 Live Recordings
2019 - Columbia
Gli anni ’70 dunque. In assoluto il tempo del miglior Dylan per chi scrive e non solo perché il contagio appassionato incominciò quei giorni e dopo quasi cinquant’anni non accenna a sfiorire. Al centro di quel periodo, e non solo da un punto di vista temporale, la Rolling Thunder Revue, la celeberrima tournée/carovana che Dylan mise su nel 1975 con coda l’anno successivo, tra due monumenti discografici come Blood On The Tracks e Desire (di cui in pratica per buona parte presentò i pezzi in anteprima).
Ora, per chi ama particolarmente quel periodo, la stretta attualità dylaniana (fresca ancora delle registrazioni contenute in More Blood, More Tracks – The Bootleg Series Vol. 14 uscite lo scorso anno) offre questo monstre The Rolling Thunder Revue: The 1975 Live Recordings, box di 14 cd su che cosa fu il connubio Dylan-RTR, celebrato in questi giorni anche dal documentario firmato da Martin Scorsese Rolling Thunder Revue: A Bob Dylan Story, in cui ogni performance presentata è presente nel cofanetto.
L’iniziativa, vale la pena sottolinearlo, non rientra nelle Bootleg Series (che nel 2002 videro celebrata la RTR in un bellissimo doppio cd, il quinto della serie) e comprende cinque concerti, tre cd composti da prove ultimamente ritrovate negli studi Sir di New York e al Seacrest Motel di Falmouth (MA) e un ultimo cd di rare performance catturate nel corso del tour. Un totale di 148 canzoni, di cui 100 inedite su disco, un booklet di 52 pagine con foto altrettanto inedite o rare e uno scritto di Wesley Stace, cantautore americano nonché professore universitario e romanziere che all’inizio usava presentarsi in scena come John Wesley Harding (tanto per gradire).
Uscito dalla grande sbornia degli anni ’60 con un “incidente motociclistico” per guarire la febbre profetica con cui veniva accolto da pubblico e media, Dylan coinvolse un cast di artisti molto diversi tra loro, poliedrico ed eclettico, per un giro americano che doveva toccare in primis piccole venue spostandosi di città in città con bus e camper a cui si arrivava con un preavviso di pochissimi giorni attraverso volantini distribuiti a mano e rari spot nelle radio locali (cosa dell’era mesozoica, eh?).
Oltre a Dylan, sul palco, in concerti che superavano anche le quattro ore, artisti come Joan Baez, Ramblin’ Jack Elliott, Joni Mitchell, Allen Ginsberg, T Bone Burnett, David Mansfield, Rob Stoner, Mick Ronson (lo storico chitarrista di David Bowie), Bob Neuwirth, Scarlet Rivera, Roger McGuinn, Ronee Blakley, Steven Soles, Howard Wyeth e Luther Rix, che entusiasmarono il pubblico per come riuscirono a mettere a disposizione della causa le loro sensibilità artistiche nonostante radici artistiche evidentemente diverse.
Le registrazioni del box si concentrano esclusivamente sulle esibizioni di Dylan. Il ventaglio si apre sul trimestre ottobre-dicembre 1975 e i CD impostati sui concerti presentano una struttura piuttosto uniforme: Dylan e la band, Dylan & Baez e finale corale per Knockin’ On Heaven’s Door o This Land Is Your Land. Sia chiaro, documento strepitoso e di grande impatto per i cultori del premio Nobel, ma se tra la messe dei dischi si fosse scelto un intero concerto (o anche più di uno) con tanto di performance di tutti gli artisti impegnati avremmo avuto davvero un’eco di che cosa fu la Revue attraverso la polifonia di voci e sensibilità che quell’iniziativa contenne in sé.
Va da sé che, pescando a caso, ascoltare tra i cd di prove una rarità come una jam session che parte da This Wheel’s On Fire, uncina Hurricane per concludersi con All Along The Watchtowers o in quello delle rare performance un’intima versione rallentata di One Too Many Mornings con Joan Baez e un’asciugata Simple Twist Fate dal tempo di marcetta sono frutti del giardino delle delizie per ogni appassionato.Sul palco Dylan quei giorni cantò e suonò con un’ispirazione unica. Nel pieno della sua maturità artistica cercò e trovò un modo per esprimere arte fuori dai condizionamenti dell’industria discografica e libero dai lacci della sua stessa fama, abbracciando un coraggio e una spontaneità che gli resero onore.
Le pagine di Larry “Ratso” Sloman (On The Road With Bob Dylan), i bellissimi momenti live del noioso Renaldo&Clara, quel gioiello tagliato più che male di Hard Rain, le fotografie di Ken Regan, l’ottimo quinto volume delle Bootleg Series e la marea di registrazioni pirata in giro per il mondo ce lo dimostrano se non avemmo la possibilità di essere presenti a quegli incandescenti spettacoli, un’autentica opera collettiva dal vivo che incarnava un’idea romantica e politica della musica che arrivava a un pubblico ancora convinto che con le note di uno strumento e le parole su una pagina si potevano cambiare non solo i passi di un singolo, ma addirittura l’intero cammino di una comunità di uomini e donne. Voglio entrare in una realtà parallela. E salire su quella carovana.
Corrado Ori Tanzi – https://8thofmay.wordpress.com