Bob Dylan Shadows In The Night
2015 - Sony
Cancelliamo il termine cover che da mesi accompagna l’uscita di quest’album. Dylan non rifà Sinatra. Ha preso una manciata di pezzi del repertorio meno celebrato di “The Voice” (fatta salva la track d’apertura e la traduzione americana de Les Feuilles Mortes, il capolavoro della coppia Prévert-Kosma) e con un rispetto quasi intimorito per le versioni originali ha ridato loro l’autenticità negli anni sbiadita, coperta, se non quando sepolta, da interpretazioni di ogni tipo e bruttura.
L’usignolo che quasi sessant’anni fa ci consegnò I’m A Fool To Want You nella voce umana di Billie Holiday poteva mai farci intuire che aveva riservato un posticino accanto per raccontare l’identica pazzia cantata da una voce maschile diversa dall’autore? Potevamo volere di più dopo aver amato fino alla fine delle nostre lacrime “i passi degli amanti divisi” nelle storiche versioni di Juliette Greco o Ives Montand (o, nella più convenzionale traduzione in inglese, Autumn Leaves, appunto da Sinatra) che rispettasse l’atmosfera da tempo stracciato dipinta da Jacques Prévert e Joseph Kosma?
Al di là del rispetto filologico delle canzoni nel loro primo apparire al mondo, la bellezza di Shadows In the Night riposa nell’atmosfera d’assieme che Dylan ha saputo creare. Toni smorzati, soffi autunnali, luci affievolite, battito del cuore attenuato, voce che quieta incide nell’aria sottili verità oblique su amore e vita. Un disco in blu e nero. Con la abituale band di Dylan (Garnier-Herron-Sexton-Kimball-Receli) e qualche additional ai fiati, Dylan fa l’interprete puro. A modo suo uno storyteller. Lo fa da una vita. Oggi, con parole e musica altrui, ci ripete un’infinita storia che qualcuno chiamò Commedia Umana.
Corrado Ori Tanzi lo potete trovare anche su:
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