Se con tali premesse il gioco rischiava di arenarsi dalle parti del “già visto” e farsi agli occhi più maliziosi un poco autocelebrativo, in verità va dato merito agli ideatori di questo progetto di aver ben saputo dirigere le forze in gioco verso una meta comune che onora i singoli artisti così come i responsabili della label che vedono finalmente realizzata anche nei solchi di un cd l’unione di una famiglia affiatata e decisamente agguerrita - l’affiatamento nella dimensione live è invece una filosofia coltivata tenacemente da una manciata d’anni con la saga dei “Jestrairock festival”.
Impeccabile è l’abilità con la quale si sono miscelate tutte le declinazioni rockiste dei nomi chiamati in causa e la naturalezza con la quale i brani dei Beatles si sono saputi adattare come delle seconde pelli a contatto con le personalità dei singoli gruppi.
Le danze si aprono con un trittico esemplare: l’irruenza delle giovani riot grrls Love in Elevator che rivedono felicemente “Helter Skelter”, la spensieratezza da “buona la prima” del duo Fiub alle prese con “Day tripper” e la magia sospesa di una scarnificata “Eleanor rigby” dei validi Lecrevisse.
Segue la già ascoltata “Penny lane” electro dei TBH e la brevissima “Something” dei Karnea, a sorpresa a misurarsi con un lento. Delizioso il contributo dei Lana, così come le svisate indie dei Black Eyed Susan, gruppo del quale consigliamo una particolare attenzione.
L’attitudine tutta beatlesiana al pop viene sublimata dalla bella prova dei Renoir e Sister Confusion. I grandi Beaucoup Fish chiudono il tutto con una versione sussurrata e coerente di “Black bird”, in pieno intendimento con i brani precedenti.
Un disco riuscito quindi, non solamente per la qualità delle esecuzioni e l’originalità con la quale si rinverdiscono i fasti di veri e propri standards della musica degli ultimi 40 anni, ma soprattutto per il suo saper fare da compendio al lavoro fin qui svolto dalla Jestrai e il porre le basi di quello a venire.