Verdena Volevo magia
2022 - Capitol Records Italy/Universal Music
E invece i Verdena in qualche modo in questi sette anni è come se fossero rimasti quatti quatti in fondo al mare, rigenerandosi e ricaricandosi. Volevo magia non carbura immediatamente, come un diesel, e richiede diversi ascolti, in un viaggio in una wasteland tra linee sonore appena delineate ed esplosioni.
Il singolo Chaise Longue è una perfetta dimostrazione di tutto questo: lì per lì la chitarra e la voce non colpiscono; poi ecco che si innestano le voci, il suono si fa riverberante e disturbato, come il mantra finale “È un sogno e sì dovrei”. Paul e Linda è una sorta di tango decostruito (provate a ballarlo in coppia), con una sensualità distorta e sublimata tra riff e batteria potenti.
Dopo questo brano è come se fosse partita una miccia incendiaria, un cercare in qualche modo una catarsi nel muro del suono. “Riposerai, ora sei un gregge”, recita Pascolare, e chissà se si riferisce alle feroci polemiche di questi due anni.
Crystal ball chiude l’alienazione nel palloncino colorato che ha caratterizzato l’infanzia anni ’80; Dialobik ha invece un titolo che gioca sul richiamo a Diabolik. E alla fine l’io narrante è comunque un antieroe, una figura strattonata tra cielo, terra e acqua. La title-track Volevo magia è quasi punk nel suo esordio. Ma anche qui il punk si contamina con schegge musicali impazzite.
Astrazione dal mondo e da sé, voglia di far parte di questo mondo e allo stesso tempo di guardarlo da lontano, come Gagarin la Terra, forse per coglierne ancora di più luci e ombre, bellezza e orrore, come se il Cielo superacceso sotto cui stiamo alterasse la percezione: questo si riflette anche nell’uso frequente delle distorsioni. I Verdena tornano come Paladini della potenzialità (“E gioire saprei/Stormi in acido/E sì però ok/Io gioire saprei”), che però s’infrange contro un’onda scura di malessere e incomunicabilità. Quasi uno scendere nel gorgo muti: si veda l’incipit quasi pavesiano della conclusiva Nei rami: “Verranno i tuoi/Sogni che meriti”.
La ballerina si ferma, il carillon ritrovato nel relitto si chiude.