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Verdena Un blu sincero: intervista ad Alberto Ferrari (con foto, video e playlist delle migliori canzoni della band)

28/09/2015 di Ambrosia J. S. Imbornone

#Verdena#Italiana#Alternative psichedelia pop-rock

Dentro i Verdena: con i due volumi di Endkadenz sono molto probabilmente il gruppo italiano dell’anno con l’album dell’anno. Entrate nello studio dei Verdena con noi per leggere come sono nati titoli e sonorità, come vanno le prove della seconda parte del tour e tanto altro in una lunga chiacchierata con Alberto. Nell’articolo trovate anche Endkadenz in streaming, foto e video live, le nuove foto promozionali e una playlist speciale con le 50 migliori canzoni della band
Sono cresciuti i Verdena: le loro (poche e bellissime) rughe sono anche le nostre. E continuano a crescere musicalmente, senza riposarsi sugli allori, anzi, rischiando di alienarsi la simpatia di qualche “riccardone”, dei nostalgici di altri tempi e altri dischi. Sì, perché c’è stato un momento, poco più di dieci anni fa soprattutto, dopo Il suicidio dei samurai (2004), in cui la band, con una serie di singoli perfetti, forse avrebbe potuto intraprendere una strada più pop e commerciale; invece è prevalsa la passione non solo per i ’90, ma soprattutto per i ’70, la tensione verso un rock psichedelico, cangiante, pronto ad assumere tutte le sfumature che vanno quasi dal metal e dall’hard rock all’alt-rock e allo stoner, dal grunge (ammesso che sia mai stato un genere e non fosse un “movimento”, forse l’ultimo) a cenni di prog e al pop-rock. E non è bastato: il gruppo continua a spaziare e spiazzare i suoi ascoltatori, cimentandosi con ballate folk e dopo il sognante Wow, sperimentando ancora nell’ultimo lavoro suoni eclettici, che possono essere delicati, con passo quasi reggae, con ritmi serrati di batteria in strutture lontane dalla solita forma canzone, a tempo di valzer o con cambi di ritmo nati magari in jam session, con note di piano, bonghi, mellotron, clavicembalo, voci effettate, sample orchestrali e prepotentemente visionari e ovviamente riff taglienti di chitarre elettriche, che i Verdena non hanno mai abbandonato per seguire le mode di turno.

Sento già una voce che dice: “E i testi?”. Già, i testi: non avevamo neanche tutti Internet a casa, avevamo forse ancora i modem 56kbit/s che a momenti andavano a pedali, ma già c’era un sito con il generatore automatico di testi dei Verdena. In un Paese di grandissimi autori di testi, la tradizione cantautorale ha generato tra modesti, aspiranti epigoni contemporanei la convinzione che per fare il musicista l’essenziale fosse e sia scrivere una storia e metterla in versi, per poi metterci sotto due note, in un arrangiamento più classico dei classici (che sono stati anche dirompenti alla loro epoca) o in un pezzo strimpellato male alla chitarra o all’ukulele. A chiunque abbia inteso la figura del musicista come qualcuno che lavora maniacalmente sui suoni, cercando di addomesticarli, riplasmare i generi, rinnovarli, ecc. è spesso andata meno bene. Eppure, quando un brano è un condensato di inquietudini, chiaroscuri interiori o altalene emotive, il testo è persino superfluo; nel caso dei Verdena, inoltre, i versi contengono spesso accostamenti particolari e sono complementari rispetto alla musica, per suoni e atmosfere. Come nel libretto di Requiem le parole sono parte integrante dell’idea grafica, così nelle canzoni del trio bergamasco sono uno degli elementi e i loro brani (come molti) vanno sentiti, non ascoltati. Al di là di ogni disamina critica, ci sarà chi riuscirà a ritrovarsi in certi cantucci oscuri e vi si accuccerà per leccarsi le ferite, chi proverà empatia per certe esplosioni musicali rabbiose o per le ballate più dolci e chi invece troverà le loro sonorità troppo magmatiche, non noterà (o non vorrà notare) la crescita che li ha portati secondo altri a una splendida maturità artistica o semplicemente continuerà a preferire altri generi, altri artisti, altro.

Con il doppio album Endkadenz, pubblicato per metà a fine gennaio e per metà a fine agosto, a noi sembra che i Verdena abbiano segnato il 2015 come band dell’anno con il (doppio) disco italiano dell’anno. Abbiamo quindi fatto una lunga chiacchierata con Alberto Ferrari, voce, piano, chitarra, autore dei testi e produttore artistico del gruppo, che, com’è noto, è completato dal fratello Luca, mirabolante batterista (di recente eletto miglior batterista nella super band senior del sondaggio del M.E.I., indetto con Sei Tutto L’indie di cui ho bisogno e Diavoletto Netlabel), e dall’ottima bassista Roberta Sammarelli, la più stilosa e pacata del trio, a cui dal vivo si aggiunge ora Giuseppe Chiara ai synth e alle tastiere.

Abbiamo parlato ovviamente di Endkadenz, dei concerti, delle prove per il nuovo tour autunnale per il secondo volume del disco, al via ufficialmente il 22 ottobre dal Flog di Firenze, di titoli, testi, stili e tanto altro. Per dovere di cronaca una piccola noterella: ogni tanto circola la leggenda metropolitana che Alberto sia una sorta di orso bergamasco, che risponda a monosillabi e incuta pure un certo timore. Beh, a dir il vero, ci siamo fatti di lui in questa intervista telefonica, così come di persona un’idea differente: ci è parso a tratti schivo forse, ma mai scontroso, una persona gentile e semplice, disponibile all’ascolto, un antidivo a cui non interessa apparire o posare, un professionista attento a ciò che fa tanto da risultare a tratti ipercritico e autoironico. E abbiamo sorriso e riso parecchio con lui. Forse dipende da come gli ci si accosta, ma basta poco perché, pur essendo un estraneo, ti sembri un amico di vecchia data. Lasciamogli allora la parola, ma prima vi segnaliamo un appuntamento contingente che si preannuncia interessante e inconsueto: venerdì 2 ottobre i Verdena apriranno la XIII edizione di Bergamo Scienza: dalle ore 22:15 è prevista una mezz'ora di musica con inediti “Verdena da camera”, come hanno annunciato su facebook, con cinque brani tratti da Endkadenz Vol.1 ed Endkadenz Vol.2, “riarrangiati in versione acustica e suonati con giovani musicisti di impostazione classica”. L’appuntamento è a Piazzale degli Alpini, 2 a Bergamo.

Ora mettetevi comodi. Nell’articolo trovate, tra l’altro, anche le nuove foto promozionali di Paolo De Francesco, alcune foto live tratte dalla photogallery di Giovanni Daniotti, fotoracconto dalla data di giugno al Estathe Market Sound, i due volumi di Endkadenz da ascoltarvi in sottofondo, così come una playlist con le 50 migliori canzoni dei Verdena stilata per voi (una delle playlist possibili, ma vedete se le conoscete tutte, b-sides comprese, e se vi ritrovate nella nostra scelta) e alcuni video tratti dagli showcase in acustico per il volume secondo.

Mescalina: Innanzitutto complimenti, perché vi siete superati una volta in più e non era facile…

Alberto Ferrari: Grazie…

Mescalina: Queste 26 canzoni sono una miniera di dettagli da apprezzare [NB: era stato ben sottolineato anche nella nostra recensione ad Endkadenz Vol. 2 di Francesco Malta]. Penso per es. alla coda strumentale di Inno del perdersi, che fa venire in mente un po’ la musica classica (che ho letto essere tra i tuoi ascolti…non so se prima o dopo l’album…)

Alberto Ferrari: Dopo, dopo…

Mescalina: Dopo, ok! (sorrido) La coda fa pensare al prog oppure ai Queen, oppure mi riferisco al clavicembalo di Identikit [registrata e mixata da Marco Fasolo dei Jennifer Gentle], a come rientra il basso nella seconda strofa di Dymo, o ancora alla ripresa dei versi iniziali di Un blu sincero…Ci sono insomma tanti piccoli particolari da cogliere nell’arrangiamento che sono molto interessanti e ad ogni ascolto se ne scoprono altri.

Alberto Ferrari: (contento, forse anche un filo imbarazzato, sorride) Grazie mille.

Mescalina: Come avete coniugato l’impronta delle registrazioni in presa diretta con questa cura dei particolari? Avete lavorato molto con le sovraincisioni?

Alberto Ferrari: Esatto, sì, abbiamo lavorato tanto su ogni pezzo prima di registrarlo: l’arrangiamento in sé era basso, chitarra batteria, voce, anche semplice, però fatto bene. Dopo di che abbiamo registrato i brani e di lì sono partite le sovraincisioni che possono effettivamente cambiare anche completamente l’aspetto di un pezzo. A volte togliamo anche degli strumenti, per esempio una chitarra, per rimpiazzarla con un altro strumento. Sì, si lavora un po’ così, per arrivare al risultato migliore in assoluto, che può anche essere semplice, non per forza pieno di sovraincisioni. Anche i vuoti possono servire, ma altre volte facciamo diventare i pezzi più giganteschi ancora! È una specie di anfetamina! (sorridiamo)

Mescalina: Ci sono sempre stati nei vostri dischi ottimi brani conclusivi, però a mio avviso in Wow e in Endkadenz in particolare ci sono canzoni di chiusura ideali. In Wow c’era Lei disse per esempio che contribuiva anche ad una circolarità, dato che aveva anche richiami testuali a Scegli me

Alberto Ferrari: Esatto…

Mescalina: Endkadenz era stato concepito come un unico disco, ma credo che nella suddivisione dei brani nei due volumi abbiate scelto due brani di chiusura perfetti, Funeralus nel primo e Waltz del Bounty nel secondo, che penso sia uno dei vostri brani migliori di sempre, un brano in maggiore, ma con testo a tratti più malinconico, tra orchestrina, organo, ecc. quasi una colonna sonora dei saliscendi emotivi della vita [NdA: la domanda sarebbe finita così, ma Alberto è intervenuto prima per chiarire un punto. In un’intervista a Rockol aveva dichiarato che si trattava di “un brano in maggiore”, “una cosa rara” per i Verdena. Forse la frase suonava troppo assoluta e Alberto, che ha capito al volo che l’avessi letta, ne approfitta per sgomberare il campo da possibili equivoci creati da quella dichiarazione e farci “entrare” anche in questo modo nel loro laboratorio musicale].

Alberto Ferrari: Ma comunque non è vera ‘sta storia del maggiore, ce ne son tanti di pezzi in maggiore: è che quello lì è proprio tutto in maggiore…Anzi, c’è anche un minore a un certo punto, quindi è stata proprio un’uscita un po’ così…Intendevo che è un pezzo felice, pieno di fiori, di speranze…almeno inizialmente, perché si conclude appunto con un disagio invece allucinante.



Mescalina: …e questo riequilibra un po’ il brano e lo rende forse proprio per questo ci sta bene in chiusura, penso…

Alberto Ferrari: Mmm…(ci pensa un secondo appena) sì, sì, son d’accordo. Da quando abbiamo suddiviso i 26 brani di Endkadenz, son sempre stati i due pezzi che chiudevano i due volumi. Era inevitabile, così come quelli che iniziano i dischi erano impossibili da cambiare.

Mescalina: Senti, invece, per quanto riguarda la scelta del primo singolo estratto dal secondo volume di Endkadenz, Colle immane è stato selezionato anche come una risposta a chi ogni tanto sostiene che vi siate ammorbiditi e magari rimpiange Requiem (a torto, perché – basta sentire per esempio Fuoco amico – pezzi più rock ci sono sempre nei vostri dischi)?

Alberto Ferrari: (annuisce su Fuoco amico)

Mescalina: C’è stata un po’ questa intenzione rispetto anche alle scelte fatte per il primo volume?

Alberto Ferrari: No, no, non l’abbiamo fatto per far vedere che siamo rock o meno; è stato più che altro perché sembrava l’unico pezzo – e c’è stata un’insistenza mia a favore di Colle immane – un pochino pop in tutto il disco, è anche corto, insomma, senza tanti cambiamenti, molto fisso su se stesso. Poi mi sembrava andasse un pochino nell’elettronica come gusto e mi piace sempre dare singoli con un’attitudine completamente diversa rispetto a quello che siam noi, se possibile.

Mescalina: (stavolta ci penso un attimo io) E’ un po’ pericoloso questo, però! (ridiamo)

Alberto Ferrari: Sì, sì…però mi piace così! (ridiamo)



Mescalina: A proposito di questa canzone, ho riflettuto sul cantato nelle strofe, soprattutto della seconda: mi ha fatto pensare al fatto che, tra i tuoi ascolti di musica italiana, hai dichiarato più volte di aver ascoltato spesso Mango, quand’eri piccolo, perché era uno degli artisti preferiti di vostra madre e ve lo faceva ascoltare. Al di là del genere e della struttura musicale, la seconda strofa di Colle immane mi ricorda per melodia vocale e metrica un po’ alcuni brani di Mango…

Alberto Ferrari: Eh (sorride), ok…può darsi…Non ci avevo mai pensato, ci sto pensando adesso al pezzo: potrebbe essere un po’ à la Mango effettivamente, non ci avevo pensato…

Mescalina: Hai lavorato ulteriormente sulla tua voce? In questo doppio album sembra ancor più che in passato uno strumento tra gli strumenti. Hai cercato di rendere la tua voce ancora più duttile? Ho notato che dal vivo c’è un’ulteriore crescita secondo me…

Alberto Ferrari: Bene (sorride, per darsi il tempo di pensarci su un secondo)…ma sì, più o meno secondo me in ogni disco miglioro qualcosa al livello vocale, come intenzione e interpretazione, soprattutto come interpretazione. Lavoro molto su quello e poi anche sull’intelligibilità delle parole: sembra incredibile (sorride), però lavoro molto sul fatto che si debba capire *bene* il testo, perché ci tengo che insomma sia trascritto e compreso esattamente. Lavoro parecch…issimo sulla voce, tantissimo, forse è lo strumento su cui lavoro di più in assoluto…Strumento, oddio (momento di riflessione e di incertezza autocritica-autoironica)…sì, strumento!

Mescalina: A proposito delle parole e dei testi, io penso che siano molto evocativi, perché sono dei testi aperti: non sono narrativi, non c’è una storia precisa e chiusa, ma ogni ascoltatore è chiamato a completarli e soprattutto il testo completa la musica e viceversa. Penso che sia quello che dovrebbe accadere nella musica, trovare i suoni più adatti alla musica e parole che abbiano senso con quella musica. Però, i testi attirano ancora critiche e a me dà anche un po’ fastidio, perché a noi che scriviamo dei vostri dischi sale pure un po’ l’ansia: ci sentiamo quasi “costretti” ogni volta ad affrontare l’argomento, perché i testi son ritenuti il vostro punto dolente da sempre (sorridiamo). Io penso invece che ci siano molto spesso dei passaggi molto interessanti e molto originali…

Alberto Ferrari: (in un sorriso, sempre un po’ imbarazzato, ma felice, come più in alto) Grazie…

Mescalina: Mi dà un po’ fastidio perché penso che in Italia si dia un’eccessiva importanza ai testi, probabilmente a causa della tradizione cantautorale, (fra)intesa oggi dagli epigoni a volte proprio come cantante che strimpella due note, per cui l’arrangiamento magari è zero, ma si dà importanza al testo. Come questo possa essere musica, sinceramente mi lascia perplessa. All’estero non mi sembra sia così: se traduciamo anche grandi capolavori della musica internazionale, non è detto che il testo sia sempre eccezionale come si pretende in Italia.

Alberto Ferrari: Esatto…

Mescalina: Hai notato anche tu questa importanza esagerata, dato che poi chi scrive musica, dovrebbe principalmente forse pensare appunto alla musica, non scrivere necessariamente poesie (sorridiamo)? La musica dovrebbe essere in primo piano, invece magari le si presta meno attenzione, anche davanti ad arrangiamenti che quasi basterebbero da soli. Ripeto, a me piacciono spesso i vostri testi: io li capisco! (ridiamo) Nel senso che certi passaggi non è detto che rendano sempre letti da soli, ma con la musica assumono un significato. Però questa critica ai testi continua ad esserci, proprio perché alla musica si dà meno importanza in Italia in generale: è un discorso che non vale solo per voi, ma tra un artista che pensa all’arrangiamento e uno che privilegia le parole, anche con una musica molto più semplice, si preferisce spesso il secondo.

Alberto Ferrari: Sì, siamo in un’epoca in cui si bada molto ai testi. Poi i grandissimi autori in Italia sono artisti come De André che scriveva testi di gran rilievo, ma che musicalmente – per quello che conosco e ho sentito – mi sembra molto classico: a volte forse niente di particolarmente nuovo al livello musicale, ma tanta roba al livello di testo. Penso la gente qui sia fatta un po’ così, preferisce ascoltare storie, non vuol essere allucinata e andare fuori di testa mentre ascolta un pezzo, ma seguire una logica, qualcosa che li riguarda da vicinissimo, come i testi di Vasco ad esempio, che sono molto belli perché vicini alla gente, al lavoratore, insomma, un po’ anche allo sballato…Non si ascolta molto la musica, sì, si ascolta più il testo, ma non c’è da prendersela troppo: è fatto così questo paese, era così anche quand’ero piccolo. Per quanto riguarda la musica estera, non capendo niente, tutti la amano tantissimo, anche se non capiscono nulla di quello che ascoltano; se invece sei italiano e dici cose strane, dici cose strane e sei strano, non sei più normale, sei un tipo strano e anche se fai musiche pazzesche, vieni messo in un angolo, diciamo, per via dei testi un po’ così criptici.

Mescalina: Io non accetterò mai comunque questa situazione (sorridiamo): nella musica secondo me conta innanzitutto la musica, altrimenti un artista fa un’altra cosa, fa il poeta o lo scrittore, non il musicista…secondo me…

Alberto Ferrari: Eh, ma è come il calcio, che in Italia è una cosa assurda, a cui gli italiani sono attaccatissimi: sono fissati per il calcio. Poi in questo paese non si cambia moltissimo idea sulle cose, si continua a vivere così un po’ per sempre, no? Vabbè…

Mescalina: Proprio per ritmo e quindi per metrica che serve nei testi, è difficile immaginare parole diverse nei vostri testi, perché sono scelte molto bene per i suoni; però l’italiano non è la lingua più facile per un certo tipo di canzoni, per alcuni generi come il rock. Avete mai pensato di fare un disco in inglese, visto che poi quando vi ci siete cimentati nelle cover, ecc., penso che l’esperimento sia riuscito abbastanza bene? Vi è mai venuto in mente?

Alberto Ferrari: Sì, sì, è venuto in mente parecchie volte. A questo giro abbiamo dei pezzi in inglese che abbiamo registrato prima che facessi il testo in italiano, però…non lo so, non li ho ancora risentiti, un po’ mi vergogno. Ho il cd l’ho lì e non riesco a toccarlo, ma un giorno lo tocco…Vorrei risentirlo, perché dovremmo andare all’estero anche, in questa tournée, quindi dovrò metterci per forza mano. L’unico modo per suonare all’estero è avere i pezzi in inglese: ce li chiedono, non esiste proprio l’italiano. In qualunque forma…comunque…seeempre il testo non va bene a nessuno! Non va bene né in Italia, né all’estero! (ridiamo parecchio). Il testo non va bene! Ok! Comunque non sono mai soddisfattissimo della mia pronuncia, se devo essere sincero: non penso sarà una cosa così facile…Poi magari risentendo il tutto, è il bello, ma ho dei seri dubbi per la mia pronuncia, che son sicuro sia uno dei grandi paletti del mio non fare cose in inglese. Ci piacerebbe anche: sarebbe decisamente meglio, tutto più semplice; però una volta che ho il testo davanti, lo canto, poi lo risento ed è pieno di s, r italiane e insomma non va bene!

Mescalina: (rido) Sei molto autocritico, però, eh!

Alberto Ferrari: Sì, ma veramente, non sopporto i gruppi che non cantano bene in inglese in Italia! (ridiamo) Ce ne son pochi che si salvano, ad esempio i Jennifer Gentle...Quando li sento in inglese, penso che abbiano una bella pronuncia, non si sa di dov’è, ma è una bella pronuncia!

Mescalina: Un’altra caratteristica delle vostre canzoni sono i titoli abbastanza particolari: penso sia e sarà difficile trovare qualcun altro che vada a registrare alla Siae delle canzoni con lo stesso titolo.

Alberto Ferrari: (ride e rido anche io) Esatto, di Colle immane non ce ne son parecchie!

Mescalina: Sì, penso anche a Dymo, Caleido, Funeralus in questo nuovo doppio album, o in passato a brani come Balanite, o Non prendere l’acme, Eugenio (che tra l’altro è un gran pezzo), che insomma avevano titoli particolari. Come nascono questi titoli? Sono idee che vengono così per caso o studiate?

Alberto Ferrari: Non lo so, dipende dal titolo: ognuno ha la sua storia. Alcuni sono legati al testo: mi viene in mente Cannibale, che abbiamo suonato oggi [NdA: alle prove?]; altre sono legate al tipo di composizione o alla persona con cui le abbiamo scritte: per esempio Dymo è stata composta con Omid Jazi, che era il nostro tastierista durante il tour di Wow, e il titolo è il suo nome al contrario; poi ci abbiamo messo la y. In altri casi sono titoli provvisori come Waltz: il titolo era solo questo, poi ci abbiamo messo del Bounty, visto che nel testo parlavo del Bounty, che tra l’altro è proprio lo snack al cocco. Per alleggerire un pochino quella frase lì, che mi sembrava un po’ tosta, l’ho messo nel verso e poi anche nel titolo. Caleido…si chiamava Caleido fin dall’inizio: tantissimi, diciamo la metà, sono titoli che diamo prima del testo, riguardanti solo l’atmosfera della musica. La seconda metà dei titoli sono strettamente legati al testo.



Mescalina: Ti è mai capitato di notare dei fraintendimenti divertimenti, degli errori quando il pubblico canta, visto che anche nei testi ci sono spesso parole non comuni? Mi viene in mente “efedrina” in Puzzle, ma, anche nel caso di brani del passato per esempio, mi è capitato di notare che i fan, quando su facebook richiedono dei brani che non sentono live da molto, spesso chiamano BalaniteBanalite! (ridiamo). Vi è capitato di notare che i fan cantano altro durante i concerti?

Alberto Ferrari: Sì, sì…a volte sbagliano anche solo a cantare: tipo in Sci desertico c’è quella coda che fa (canticchia) “Sci deserti…pausa…co”. Il “co” lo fan tutti fuori tempo! (ridiamo) E mi viene stra-da-ridere, perché, scusa, possibile? Son tutti lì che cantano un “co” a caso, anziché seguire me! Oppure…in altri brani mi seguono: sbaglio io il testo e sbagliano tutti! Mi seguono tutti nell’errore!

Mescalina: (rido) Beh, non sono tutti facili da ricordare i testi!

Alberto Ferrari: No, infatti…

Mescalina: Non sono parole comuni, capita! Per quanto riguarda un po’ i concerti, anche come gestite un po’ la promozione, ecc., io mi sono fatta un’idea, cioè che a voi interessi più essere che apparire. Per esempio anche per quanto riguarda le foto con i fan, noto che ci sono tante foto in giro in cui voi (soprattutto tu, ma a volte anche gli altri) fate facce buffe, così come dal vivo parlate pochissimo sul palco: siete concentrati invece a suonare. È una mia impressione o in generale non siete uno di quei gruppi a cui piace posare, apparire, ma essenzialmente vi piace suonare e basta? Il resto c’è, sono aspetti che fanno parte del vostro lavoro (interviste comprese), ma non è quello che vi importa, mentre ci sono anche gruppi che amano molto mettersi in evidenza.

Alberto Ferrari: Beh, certo, sì, dipende anche dagli stili, ovviamente…Noi sì, un po’ ci vergogniamo a fare le foto: gli schermi in generale ci mettono un po’ a disagio. Però…boh (continua a riflettere un po’ mentre risponde)…sì, ci interessa suonare sicuramente, facciamo i musicisti: questo è bene metterlo in chiaro. Noi siamo musicisti che scrivono musica e la facciamo sentire, però non siamo capaci di intrattenere con nessun tipo di discorso, ma neanche di scherzare: non riusciamo molto a parlare con un microfono a tanta gente, la trovo un po’ strana come cosa, invece non trovo assolutamente strano suonare con dei microfoni per far sentire la nostra musica. Non lo so, non è mai stato tra i miei interessi espormi come personaggio, parlare, fare discorsi, se non sulla musica: io so molto bene quello che riguarda i Verdena, ma per il resto…

Mescalina: No, ma io lo ritengo un bene: penso che questo vostro atteggiamento sia un segnale che non vi sentite dei divi. Questa è la mia idea, poi non so se c’è qualcuno che lo ammette: “Sì, ci siamo montati la testa!”. La mia impressione è che non sia il vostro caso...

Alberto Ferrari: Ma come ci si fa a montar la testa in un Paese lungo 1400 km? È impossibile! Ma poi non siamo neanche Vasco, Ligabue, non siamo a dei livelli tipo i Modà…

Mescalina: (rido)…e meno male!

Alberto Ferrari: Siamo un gruppettino piccolo! Voglio dire…abbiamo ancora tanta strada da fare secondo me…

Mescalina: Beh, vabbè…(ridiamo)

Alberto Ferrari: Il primo obiettivo è essere capiti!

Mescalina: Beh, ma i risultati soprattutto ultimamente si sono visti, dai…Poi è ovvio che se parliamo di certi livelli, se mi nomini Vasco o i Modà, vabbè…ma magari è anche un bene non essere così…

Alberto Ferrari: Sentirsi un divo secondo me è…non so…non so (ci pensa un secondo)…non riuscire ad andare in giro, avere un sacco di soldi…potersi permettere di fare quello che vuoi, comprare quello che vuoi…le chitarre che vuoi…eh, un po’ così…(sembra si sia un pochino intristito, fantasticando su questo argomento, ma invece riprende con verve autoironica, un po’ ridendo in tutto il racconto) La nostra è più una vita da muratori, direi! (Io rido) Sì, la vedo molto simile a una vita da muratori: viaggiamo tantissimo, in giro per l’Italia…dormiamo sempre un cazzo…siamo sempre al limite con i soldi. Dovremmo fare un disco per logica ogni due anni, ma ovviamente ne facciamo uno ogni quattro, per cui finiamo tutti soldi…Non è proprio una vita da divi.

Mescalina: Eh, di questo c’è poca percezione, ma la musica in questo momento spesso è anche questo.

Alberto Ferrari: Sì, assolutamente! Tanti gruppi sono come noi…Siamo anche un nome abbastanza grosso rispetto ad alcuni, voglio dire, ma…non è come una volta, non è come negli anni ’80 di sicuro.

Mescalina: Anche a questi livelli ci sono dei momenti in cui il successo esalta e altri in cui può anche spaventare?

Alberto Ferrari: Sì, a me spaventa sempre un pochino: un po’ ci tengo che non esplodiamo appunto à la Vasco. Sarebbe un cambiamento grosso: non si sa mai, fai un disco, esce un singolo e diventi superfamoso, per cui un po’ di paura di questo c’è all’inizio, però poi quando vedi che si sviluppa sempre bene, va tutto per il verso giusto, passa…Giusto il periodo dell’uscita di un album, tipo da un mese prima a un mese dopo l’uscita di un disco c’è un po’ di percezione strana, un po’ di agitazione, dovuta anche alla qualità di quello che stai dando, che speri sempre sia perfetta…o almeno una buona qualità…

Mescalina: Invece dal vivo? Ci sono momenti di tensione?

Alberto Ferrari: Certo, come anche in sala prove, è uguale…Sì, sì…ogni tournée ha i suoi scleri, diciamo! Almeno 3-4 date su 60 sono molto calde!

Mescalina: A proposito di questo, c’è stato in questo tour a volte qualche problema, forse a gestire anche i volumi, visto che sono molto alti? Magari alcuni posti non sono sempre attrezzati bene come acustica o impianti…

Alberto Ferrari: Non lo so, perché noi sul palco abbiamo tutto un altro ascolto rispetto a giù: forse quest’anno ho meno volume sul palco rispetto agli anni passati. La percezione fuori è molto diversa da quella che hai sul palco: a volte sul palco suona pianissimo, ma fuori è fortissimo e la gente ci viene da dire “Ci avete spaccato le orecchie, cazzo!”. E invece a me verrebbe da dire: “Cazzo, io non sentivo un cazzo! Mi sembrava di suonare con una batteria giocattolo!”. Non lo so, è molto soggettiva come cosa, dipende molto dal posto, non ti saprei rispondere. (ride) Volumi alti…bisognerebbe chiedere al nostro fonico: “Che cazzo stai facendo?” (ridiamo) Perché? Sono altissimi?

Mescalina: Eeeh, sono abbastanza alti. A Vasto credo ci fosse proprio qualche problema…

Alberto Ferrari: …sulle basse?

Mescalina: Sì, sulle basse…Non è successo solo a voi, capitò il giorno dopo con James Blake, o nella stessa data durante il set di Gazelle Twin…

Alberto Ferrari: Ah sì, c’ero durante l’esibizione di James Blake, ho sentito anche io che c’erano tante basse, ma non eran male: era un piatto da discoteca quello che avevan messo giù, con tanti sub [subwoofer], quindi tendeva molto a far sentire le basse. Dipende dai gusti…

Mescalina: Più che altro il problema era sotto il palco: allontanandosi si sentiva molto meglio, ma sotto il palco c’erano dei momenti…

Alberto Ferrari: Ah, sotto il palco era da vomito di sicuro per i volumi! (ridiamo) Ci saranno state delle vibrazioni, cazzo…



Mescalina: Voi siete rimasti legati a certi luoghi, Albino, i boschi, l’Hen House, ecc. In questi anni pensi che siate rimasti più fedeli ai posti, alle persone che vi abitano (vecchi amici, ecc.) o alla musica che ascoltavate agli esordi? O a tutte e tre?

Alberto Ferrari: A tutte e tre, di sicuro! (sorride) Forse primi in classifica metterei i luoghi: i boschi, ecc. sono molto importanti secondo me: son delle visioni. Mi piacciono gli alberi in generale: cambiano, in inverno son tutti spogli, poi hanno tutto un altro stile, sembra un videogioco. Poi gli amici di sicuro e…l’ultimo cos’era? La musica? Sì, sì, anche quella resta.

Mescalina: A proposito di amici…voi tre vi sostenete e vi compensate nei momenti di difficoltà, come se foste tutti una famiglia, visto che ormai anche Roberta sarà come una sorella? Immagino poi ci sia anche un certo livello di confidenza, per cui, anche quando può capitare una discussione, potete dirvi le cose chiaramente, al contrario di quello che magari può capitare tra un solista e dei turnisti.

Alberto Ferrari: Sì, sì, ci spariamo tutto addosso, qualunque cattiveria: però dopo si sta bene, dopo aver vomitato la cattiveria. Un attimino ci vogliono queste pulizie mentali, anche per le piccolissime cose…

Mescalina: E riuscite anche a compensarvi caratterialmente, magari nei momenti di dubbio, difficoltà e incertezza?

Alberto Ferrari: Sì, sì, penso di sì. Non abbiamo mai avuto problemi: proprio i momenti di buio totale, come quando sono quattro anni che non fai uscire un disco, sono quelli in cui si sta molto più uniti; quindi direi che la cattiva sorte ci unisce ancora di più!

Mescalina: È stata in fondo un’ottima idea quella di dividere il disco: è stata una scelta discografica, ma in questo modo il volume 2 di Endkadenz è uscito durante le ultime date del tour estivo e di solito non succede che esca un disco mentre si è in tour…

Alberto Ferrari: Esatto, sì, sì: ai Beatles succedeva, tipo, mi sembra! (ridiamo)

Mescalina: Con tempi molto stretti tra un disco e l’altro…

Alberto Ferrari: Eh sì…

Mescalina: Con un’uscita a fine gennaio e una a fine agosto però ci avete un po’ viziato: tra altri sette mesi non succederà nient’altro? (sorridiamo) Tipo un disco in acustico o un album live, magari in un cofanetto con gli altri due? No, eh?

Alberto Ferrari: Non lo so! (sorridiamo) Per ora stiamo pensando solo alla tournée, poi a quelle cose lì ci pensa Universal, a far uscire delle cose…So che stanno ristampando tutti i vinili: dovrebbero essere già usciti alcuni, altri stanno per uscire. Poi non so cosa vorranno fare di noi in primavera, ad esempio, o l’estate prossima. Io spero di tornare in studio entro l’estate prossima.

Mescalina: Il tour comunque proseguirà anche dopo dicembre?

Alberto Ferrari: Sì, e lì speriamo di fare parecchio estero! Punteremo molto a quello, vediamo…

Mescalina: Ti chiedevo del disco in acustico, perché non siete passati con gli showcase dalla Puglia e non ho potuto vedere le date di presentazione di persona, ma ho visto dei video sul web e ho notato che brani nuovi come Cannibale, Dymo e Lady Hollywood suonano molto bene anche in acustico. Penso sarebbe bello prima o poi far uscire un disco in acustico, anche live e fare qualche data…

Alberto Ferrari: (un po’ pensieroso/sospiroso) Non lo so…

Mescalina: La vostra quintessenza è in elettrico, ma anche in acustico…

Alberto Ferrari: No, no, no, ma mi piace molto lo spazio acustico: ci siam divertiti parecchio a fare ‘ste cose, ma non lo so, penso che dopo che saranno finiti questi mesi e avremo fatto l’estero, saremo distrutti e avremo voglia solo di fare un altro disco. Non lo so, ma potrebbe anche essere, perché comunque ce la stanno chiedendo in tanti questa cosa: è una cosa che ronza nelle orecchie...ma non è nei nostri programmi, diciamo…per adesso…(sorride) Adesso tournée e tournée all’estero sono le nostre priorità.





(Nel secondo video c’è anche un pezzettino di una cover di Wonderful World, hit di Sam Cooke)

Mescalina: Un’ultima domanda: avete iniziato a provare i nuovi brani per la seconda parte del tour? Che impressione vi stanno facendo?

Alberto Ferrari: Mah…sono molto complessi, molto più difficili da trasformare live rispetto ai brani del volume uno, tanto che Joseph [nda: Giuseppe Chiara], il quarto membro, si fa un culo così a ‘sto giro: suonerà con cinque mani…e…sette piedi! (ridiamo). È un disco molto difficile anche da interpretare: lo stiamo parecchio provando ed è molto divertente, ma anche difficile nello stesso tempo, per cui bisogna essere presi bene, essere tranquillissimi e liberi, perché ha tutte le sue tensioni, è una cosa allucinante, per cui all’inizio adesso ti senti sempre un po’ così…disperso. Poi ti abitui…e spero che quando arriveremo a suonare, saremo pronti.

Mescalina: Ma sì, sicuramente. Vi faccio tanti auguri, perché penso che questo sia il vostro anno indubbiamente: già il primo volume di Endkadenz era notevole, ma credo che con l’uscita del secondo sia chiaro che voi siete il gruppo italiano dell’anno. E non solo: penso che il disco nel complesso con i due volumi sia il disco italiano dell’anno…

Alberto Ferrari: (sempre un po’ contento e un po’ imbarazzato dinnanzi a un complimento) Grazie! (sorride)

Mescalina: In bocca al lupo per la seconda parte del tour e grazie mille per questa intervista.

Alberto Ferrari: Grazie a te: ci vediamo in giro! A qualche festival! Dai…

Mescalina: Speriamo!

Erano quasi le 23 del 21 settembre e dopo ulteriori scambi di ringraziamenti, ci siamo dati la buonanotte. Termina così questo romanzo…ops…intervista, che speriamo abbiate letto fino in fondo.

Queste le date attualmente in programma per il tour di Endkadenz Vol. 2:

22/10 Firenze, Auditorium Flog
Ingresso: 13 euro + d.p.
24/10 Mosciano Sant'Angelo (TE), Pin Up
Ingresso: 13 euro + d.p.
29/10 Roncade (TV), New Age - prevendite Ticketone e Mailticket
Ingresso: 13 euro + d.p.
31/10 Foligno, Serendipity
Ingresso: 13 euro + d.p.
06/11 Bologna, Estragon - prevendite Ticketone Vivaticket Piemonteticket e Bookingshow
Ingresso: 13 euro + d.p.
07/11 Rimini, Velvet
Ingresso: 13 euro + d.p.
09/11 Milano, Fabrique - prevendite Ticketone, Vivaticket e Mailticket
Ingresso: 13 euro + d.p.
13/11 Ciampino (Roma), Orion - prevendite Ticketone e Box Office Lazio
Ingresso: 13 euro + d.p.
16/11 Palermo, Teatro Biondo
Ingresso: 12/15 euro + d.p.
17/11, Catania, Zo
Ingresso: 13 euro + d.p.
22/11 Napoli, Duel Beat
Ingresso: 13 euro + d.p.
27/11 Fontaneto D'Agogna (NO), Phenomenon
Ingresso: 13 euro + d.p.
28/11 Brescia, Latte+
Ingresso: 13 euro + d.p.
03/12 Verona, Emporio Malkovich c/o Pika Club
Ingresso: 13 euro + d.p.
04/12 Torino, Hiroshima Mon Amour
Ingresso: 13 euro + d.p.
05/12 Livorno, The Cage Theater
Ingresso: 13 euro + d.p.
11/12 Genova, Magazzini del Cotone
Ingresso: 12/15 euro + d.p.

Si ringraziano Alberto Ferrari per i Verdena e Nora Bentivoglio, Francesco Carlucci e Alessandro Mazzoleni per Fleisch Agency.


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