La malavita<small></small>
Italiana

Baustelle La malavita

2005 - WARNER

09/12/2005 di Claudio Mariani

#Baustelle#Italiana

Un lustro fa iniziava l’avventura discografica dei Baustelle, era il 2000 e sulle note del primo indimenticabile “Sussidiario illustrato della giovinezza”, ballando “La canzone del Riformatorio”, “Gomma” e “Le vancanze dell’83”, il tempo sembrava essersi fermato, e l’età con esso. Qualche anno dopo “La moda del lento” era risultato un ottimo secondo episodio con dei pezzi indimenticabili (su tutti “La canzone di Alain Delon”) ma per certi versi strettamente legato al primo lavoro.
Se allora ci chiedemmo quale sarebbe stata la strada intrapresa da quel disco in poi, la risposta sta proprio ne “La Malavita”. Con una line-up rimaneggiata, con il distacco di una delle colonne portanti, quel Fabrizio Massara che comunque è presente nell’album, sia come autore che come musicista, il quartetto di Montepulciano approda al grande salto della Warner e alla sapiente produzione di Carlo U. Rossi.
“La Malavita” è un disco diverso dai precedenti, tanto lontano che ai primi ascolti la delusione è lì, pronta a manifestarsi, ma subito dopo la percezione cambia completamente. È un disco che coinvolge piano piano, dove i riferimenti retrò continuano, ma su una linea differente, e dove il debito verso il ‘94-‘95 inglese non si trova più, spostandosi, al limite, verso alcune sonorità fine ’70.
I momenti migliori dell’album sono il pezzo acustico introduttivo, di una forza prorompente ed evocativo al massimo, “Sergio”, “Un romantico a Milano” e “A vita bassa”. In quest’ultimo l’alchimia dell’alternanza delle voci di Rachele e Francesco ricrea la magia di episodi passati, una canzone forte, potente e coinvolgente. “Sergio” è invece una sorpresa, a fronte di una presa non immediata, si rivela l’episodio più emozionante dell’album e forse della carriera dei Baustelle, un pezzo che si insinua sotto la pelle e fatica ad uscirne,e la frase più bella dell’album riecheggia continuamente in ogni momento della giornata: “ed io non so se sono un uomo oppure no/mi chiamo Sergio e come te/vivo”. “Un romantico a Milano” è praticamente già un classico del repertorio baustelliano, un perfetto mix di sensazioni che chi vive nella capitale meneghina riesce a comprendere, dall’omaggio al vero Manzoni (Piero, finalmente qualcuno che lo dice!), passando per “il freddo nei polmoni” fino al ritornello che può sintetizzare l’approccio verso questa metropoli, un eterno amore-odio, dicotomia irrisolvibile del cittadino alienato.
Il resto dell’album è composto da pregevoli episodi come il bel singolo “La guerra è finita”, la ballata del “Corvo Joe”, con la voce di Bianconi al top, la trascinante “Il nulla” e lo splendido, poetico finale di “Cuore di tenebra”. Gli episodi deludenti risultano invece essere “Revolver”, canzone potenzialmente perfetta ma rovinata da un suono di chitarra che esula completamente dal discorso unitario dell’album, e dalla noiosa “Perché una ragazza d’oggi può uccidersi?”, nonostante la bella voce di Rachele.
I testi, in piena coerenza con quanto fatto in precedenza, trattano di mondi più che palpabili, nostri o che vorremmo sentire nostri; ci permettiamo di consigliare di leggerli solamente ascoltando la musica. Suggeriamo anche di ascoltare “La Malavita” ad alto volume, possibilmente in macchina o con le cuffie camminando velocemente per la città, cercando magari di specchiarsi in qualche vetro di automobile o nelle vetrine dei negozi.
Un album potente, importante, il degno discendente di quel “Sussidiario” che, comunque, continuerà a fare capolino nei nostri stereo. I Baustelle sono maturati (almeno artisticamente) e, visto i risultati, noi non possiamo che esserne felici.

Track List

  • Cronaca nera|
  • La guerra è finita|
  • Sergio|
  • Revolver|
  • I provinciali|
  • Il corvo Joe|
  • Un romantico a Milano|
  • A vita bassa|
  • Perché una ragazza d’oggi può uccidersi?|
  • Il nulla|
  • Cuore di tenebra

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