E dopo questo lungo preambolo, veniamo al 2008 e all’uscita di questo “Amen”. A dir la verità Bianconi, il leader del gruppo, aveva fatto parlare di sè con la bella prova come autore di “Bruci la città” di Irene Grandi, e il singolo che ha preceduto il nuovo album ha trascinato il gruppo su ogni copertina dei giornali musicali, partecipazione a trasmissioni e funesto”trasloco” sui canali convenzionali di musica commerciale, come Radio Deejay.
Quindi nel nostalgico la voglia di trovarsi davanti un prodotto “sputtananto” c’era, sotto sotto, lo ammettiamo.
E ai primi due ascolti “Amen” lascia dei grossi punti di domanda, che, già però dalla terza ripetizione, spariscono in un attimo. La quarta fatica dei Baustelle è un gran bel lavoro, che ti prende e permea prima piano, poi violentemente, e non puoi farne più a meno. Partendo dalle canzoni più veloci, ritmate, come “Charlie fa il surf” e “Colombo” che ricalcano in parte il percorso de “La guerra è finita”, perfetti singoli (o potenziali), passando ad altri episodi energici ma molto più particolari con riferimenti al passato musicale della band, come “Antropophagus”, “L’uomo del secolo”. Le tracce migliori sembrano essere la potentissima “Il liberismo ha i giorni contati”, “Panico” e “Baudelaire”, che sembra il Battiato a tratti insopportabile del ventunesimo secolo, all’inizio fastidiosa, poi impossibile da non canticchiare continuamente. E gli episodi degni di nota non finiscono qua: come la più bella cantata dalla Bastreghi, la perfetta “Dark Room” e l’addio struggente di “Andarsene Così” a chiudere l’album.
Per fortuna in un disco quasi perfetto ci sono dei passi falsi, legati alle canzoni più lente e quasi tutte cantate da Rachele, “La vita va” e “L’aereoplano”, noiose, che assomigliano ad alcune canzoni dei Delta V riuscite sicuramente peggio. Altra noia per “L”, cantata da Bianconi, mentre il lento più bello ci arriva da “Alfredo” con echi che ricordano gli inizi del gruppo. Infine due ghost tracks, una delle quali, “Spaghetti western”, bella e divertente.
Certo, concessioni al commerciale rispetto a prima ce ne sono, anche se, ad essere sinceri, sono molto, ma molto meno di quello che si potrebbe aspettare, visto il successo che il disco sta avendo (che sia questa un’ “autoeducazione delle masse” o solo moda?). È un lavoro anche complesso come suoni: i Baustelle si sono avvalsi di collaborazioni colte e non facili, come il musicista Etiope Mulatu Astatke e il famoso “fischiatore” di Sergio Leone, Alessandro Alessandrini.
Così ne è venuto fuori un disco ben suonato, con delle soluzioni intelligenti e coraggiose (ma della capacità dei Baustelle da questo punto di vista non avevamo dubbi). Ancora più sorprendente è la capacità di trovare quasi sempre la forma-canzone giusta, mentre il più grande progresso è l’uso delle voci (soprattutto Bianconi). Solo i testi non sembrano all’altezza dei precedenti, in parte criptici. Ora l’unica cosa che manca davvero è la verifica live, che a nostro parere rimane lo scoglio più grosso per il gruppo.
Li aspettiamo al varco, anche se ci rendiamo conto che non saremo più in pochi a cantare le loro canzoni, ci piegheremo anche noi alla spietata regola commerciale, consapevoli che i tempi delle “vacanze dell’83” e “dello ye-yé” non torneranno mai più, né per noi, né per loro …