Baustelle fulminati sulla via di Damasco come Giovanni Lindo Ferretti? Per fortuna o purtroppo, a seconda dei punti di vista, no. Il disco però è sicuramente più ambizioso e di ampio respiro rispetto ai lavori precedenti, sotto ogni aspetto, sia musicale che tematico. Ispirato dall’omonimo libro di Elémire Zolla, prodotto in collaborazione con Pat McCarthy (già con REM, U2 e Madonna), il lavoro abbandona l’intimismo venato di paura di crescere di ´Charlie fa surf´ o ´Io e te nell’appartamento´. Vengono battute altre vie per placare l’ansia della ricerca di un senso all’esistenza. Quanta differenza tra questi versi di ´Indaco´ ´Non angosciarti più /che bisogno c´è /quando partono le rondini /lasciale andare´ e quelli di ´Charlie fa surf´ ´Se Charlie fa skate, non abbiate pietà./Crocifiggetelo.´. E’ allora naturale che la veste sonora non possa essere la stessa. La base è quel delizioso pop-rock vintage e molto glamour, che ha sempre caratterizzato i pezzi dei Baustelle ma che ne ´I Mistici dell’occidente´ acquisisce per ogni brano nuove sfumature:ad esempio in ´San Francesco´ graffi rock rafforzano il senso di disperata ricerca di qualcosa oltre la ´vita violenta´. Non è la prima volta che il frate di Assisi ispira un album col suo messaggio capace di andare al di là dei paletti religiosi, basti pensare a ´Infinitamente piccolo´ di Angelo Branduardi. E ancora una volta il risultato è incantevole e non mestamente bigotto. Altri lampi di rinnovamento si trovano nella title track o ne ´Le rane´, canzoni nelle quali la voce di Bianconi, destreggiandosi tra striature jazz e cantautorali, in alcuni passaggi si carica della stessa pietas dolente di De Andrè. I Baustelle eterei ed impalpabili però non sono scomparsi: il singolo ´Gli spietati´ e ´Il sottoscritto´ stanno lì a dimostrarlo. La magia dell’intreccio delle voci di Francesco Bianconi e di Rachele Bastreghi è sempre pronta a farci volare verso amori decadenti e ricchi di contrasti. Solo che in questo disco ci mostra anche altro: la ricerca di soluzioni alternative all’ovvia violenza del quotidiano, la capacità di stringersi qualcuno al cuore per dimenticare la solitudine dell’esistere (cantava Faber che´quando si muore si muore soli´). Una crescita necessaria per ´poter vivere altre vite´ insieme alla persona amata dopo essersi ´violentati, deturpati, torturati, maltrattati, malmenati´.