Aa.vv. This must be the place (Colonna sonora originale)
2011 - Indigo film-EMI Music Italy
L’inizio, affidato a Lord I’m coming di Gavin Friday. Il brano dell’ex Virgin Prunes offre a Sean Penn musica che è quasi liquido amniotico per far muovere al sicuro il suo personaggio spaventato dalla vita.
La title track è presente in tre differenti versioni, tutte in grado di esprimere la sensazione di gioiosa pienezza che essa emana. Ma nemmeno a farlo apposta la migliore è quella che lo stesso David Byrne interpreta nel film nella scena del concerto. L’aggiunta degli archi e dei cori dà al brano una nuova dimensione felice“ prende come un arco che da due corde un suono solo rende” (Rilke) e la voce di Byrne è piena e potente. E viene voglia di ballarla fino a quando da “animal looking for a home” (This must be the place) si trovi casa in un abbraccio o in uno sguardo.
The passenger di Iggy Pop non può mancare, trattandosi in qualche modo di un road - movie e della storia di una rockstar. Ma è incredibile come un brano usato e stra-usato in film e spot riesca ancora una volta a stupire: si fonde alla perfezione con la stralunata andatura di Cheyenne.
Si passa sempre poi per brani densi di atmosfera, come Gardermoen, che accompagnano l’altalenante percorso di rinascita del protagonista. Spicca inoltre Every single moment in my life is a weary wait, di Nino Bruno e le 8 Tracce dal retrogusto new – wave.
Raccontando la nascita dei brani composti ad hoc, David Byrne racconta: “Paolo ci aveva dato solo qualche indicazione, (a proposito dei brani dei The Pieces of shit, ndr) dicendoci che avremmo dovuto realizzare una canzone più malinconica e farne un’altra più ritmata e sostenuta. Ma il protagonista è ispirato a Robert Smith, il cantante dei Cure, e io ho detto a Paolo che, se voleva che la musica fosse simile a quella dei Cure, probabilmente non ero la persona più adatta per quel lavoro. Ma lui non si è detto d’accordo e mi ha spiegato quello che aveva in mente, e cioè che Cheyenne dovesse rimanere emotivamente colpito da una musica diversa da quella che suonava in passato, una musica che lo spingesse in un’altra direzione”.
Non è certo un caso allora se in chiusura troviamo The sword is yours, dei già citati The Pieces of Shit, lieve e leggera come l’animo del nuovo Cheyenne