Aa.vv. Nella notte ci guidano le stelle. Canti per la Resistenza
2023 - Squilibri editore
Dalla rievocazione alla riscoperta filologica, fino alla captatio benevolentiae da Concerto del Primo Maggio, tra riscoperte di cantautorato engagé e recuperi d’urgenza, tentazioni di slogan e istanze identitarie, le canzoni sono cambiate coi tempi.
Uscita ad aprile 2023 per Squilibri Editore e vincitrice della Targa Tenco per il miglior album a progetto, questa antologia ci mostra lo stato presente dei canti della Resistenza in modo talmente variegato che è difficile giudicare il disco in quanto tale.
Immediatamente viene da pensare, vista la chiamata a raccolta di molti esponenti della scena rock nazionale, a un altro progetto: Materiale Resistente, che fu pubblicato nel 1995 in occasione del cinquantesimo dalla Resistenza.
Si comincia, tra brani editi e inediti, con l’immancabile Bella Ciao (Alba 1944), eseguita dagli Yo Yo Mundi e arricchita dalla voce sempre incantevole di Lalli, in cui la storia personale si sovrappone alla Storia; prosegue il sempre sobrio Paolo Benvegnù con Cervi, più ritmata e con un sentore di Battiato nei suoni.
Una piacevole sorpresa è Sbandati, di Marco Rovelli e Teho Teardo: “è ora d’andare, lasciarsi le spalle tutto il male, con un inno nuovo da imbracciare”: nulla di epico nella stratificazione armonica.
I Marlene Kuntz, con un brano dove ancora possiamo sentire Luca Bergia alla batteria, sono sospesi tra melodia popolare e naturale background rock, affilato da pochi tocchi di chitarra. Pierpaolo Capovilla, come sempre declamatorio e teatrale, ci porta al destino più tragico con E quei briganti neri, mentre l’americana Marisa Anderson propone una Fischia il vento affidata alla chitarra elettrica. Petra Magoni si affida a un arrangiamento più folk, con fisarmonica effettata e voce come sempre protagonista. Preludio alla conclusione quasi sognante dei Mariposa con Megu Felice, tra postrock e dreampop. Poi Bella Ciao, stavolta affidata a Vinicio Capossela e Dimitris Mystakidis, chiude il cerchio.
Un disco per sua natura disomogeneo, insomma, ma non privo di un fascino, che sa prevaricare – fortunatamente – la sensazione di progetto a tavolino a uso di club e festival cui poteva sembrare destinato.