Perturbazione In circolo
2003 - SANTERIA / AUDIOGLOBE
Non tutti sanno quanto sono stati cool i Perturbazione in questi dieci anni, il che equivale ad uno sbattimento non indifferente tra concerti, spostamenti, collaborazioni (Lalli, Stefano Giaccone, Lo-fi Sucks) e spese da addossarsi. Molti invece conoscono “Agosto” per averla sentita in rotazione alla radio quest’estate, per averla trovata in più di una compilation o per averne visto il video: il singolo, che poteva incriminarli per sputtanamento, fa parte di “In circolo”, album uscito quasi un anno fa.
A lungo i Perturbazione si sono mossi su un circuito apparentemente chiuso, che ruotava quasi su se stesso, proprio come le rotaie raffigurate nella copertina del cd. Poi invece qualcosa ha cominciato a girare anche verso l’esterno. Da qui il sospetto che il titolo abbia un doppio fondo: “In circolo” perché si è entrati in un nuovo meccanismo o perché si continua su quel percorso circolare?
Entrambe le cose. E difatti questi sei ragazzi torinesi sono riusciti nell’impresa di smentire il pregiudizio secondo cui successo e visibilità sono portatori (maligni) di cattiva musica. Quindi, niente sputtanamento. Lo confermano le quattordici tracce di questa raccolta, forse troppe, ma tutte in linea con una musica che non si svende, nemmeno quando si avvicina al pop più cantabile.
Prendiamo le prime due canzoni, che sono poi le più melodiche della raccolta: entrambe sono costruite su una leggerezza che non è frivola, ma riflessiva. Cori, violoncello, glockenspiel si muovono con discrezione parallelamente alla voce, senza strizzare l’occhio né alla stagione né ai venti passeggeri della nostalgia sentimentale.
I Perturbazione hanno il merito di rimanere in equilibrio tra l’indie-pop e la musica leggera, con grande semplicità, senza le pose alternative del primo né quelle ammiccanti della seconda. Conta poco quindi che vengano in mente tanto i Belle & Sebastian quanto Max Gazzè, i Pavement quanto i Diaframma: “In circolo” è un album che va ascoltato senza pregiudizio, in assoluta libertà, magari ad occhi chiusi, come si faceva da adolescenti.
Solo così si può godere a pieno della purezza svogliata e frustrata di queste canzoni, troppo malinconiche per essere cantate e troppo leggere per essere solo ascoltate. Da una parte c’è un violoncello a tratteggiare atmosfere autunnali e dall’altra ci sono chitarre, cori e anche un accenno di scratch a rendere più vivaci i toni.
Canzoni come “I complicati pretesti del come” sono fiori appassiti che chiedono una delicata comprensione, fino a quando uno spiffero di luce ne risolleva i petali.
Sputtanare i Perturbazione sarebbe come camminare con gli anfibi su un giardino coltivato con cura.