Perturbazione (dis)amore
2020 - Ala Bianca Records
#Perturbazione#Italiana#Canzone d`autore #In circolo #agosto #Pianissimo fortissimo #Del nostro tempo rubato #canzone d`autore #Lele Battista #Fabio Capalbo
Dopo le anteprime con Mostrami una donna, sorta di moderna elegia sulla femminilità; Ti stavo lontano, fra arpeggi cristallini e tenue elettronica, e Le spalle nell'abbraccio, che apre (dis)amore in modo sommesso, ora possiamo ascoltare il concept dei Perturbazione nella sua interezza. Un doppio con ventitré canzoni a tracciare la parabola esistenziale di un rapporto, che pare nascere da due linee parallele destinate a non incrociarsi, che invece si sfiorano fino a farsi una sola, per poi aggrovigliarsi e alla fine sciogliersi in direzioni diverse. Come le vicende dei due protagonisti, raccontate in ordine cronologico: sentimenti, vicissitudini, recriminazioni e rassegnazioni. Come finirà? Bisogna immergersi in questo mare magnum di fascinazioni letterarie e sonore per scoprirlo ed è un dolce naufragare, perché in (dis)amore convivono in modo personale la migliore tradizione italiana (Regime alimentare) e i richiami all'America meno mainstream (Taxi Taxi). Un'opera magniloquente, fra l'urgente spigolosità di certi Wilco e il rock da camera dei Magnetic Fields, con pennellate d'electro pop trasognato. Torna l'eleganza dei sussurri, che ha reso peculiare la canzone d'autore della band; come in Silenzio, che scivola via con Tommaso Cerasuolo a ripetere: "Mi manchi pure se ci sei". Il cantante, con una tavolozza così ampia di contenuti, dà il suo meglio con testi in cui è facile riconoscersi, e già questo è un merito, ma soprattutto non ha alcuna necessità di piegare l'italiano a scorciatoie da social slang, dimostrando che chi ha davvero qualcosa da dire, e sa come farlo, non ne ha bisogno per suonare attuale. Basti ascoltare Le sigarette dopo il sesso e Inesorabile. Ci sono le sonorità di stampo indie che li accompagnano dagli esordi (Le regole dell’attrazione, La sindrome del criceto) e ne ribadiscono la cura nel lavoro in studio, adesso caratterizzato da ampi spazi fra gli strumenti e da dinamiche che lasciano respirare le composizioni.
La loro vulnerabile ma consolante umanità risuona forte come in passato, a cementare un legame con una platea affezionata che non vede l'ora di riabbracciarli. Sì, perché la musica di Tommaso Cerasuolo, Rossano e Cristiano Lo Mele e Alex Baracco fa quest’effetto dal palco: sembra stringerti forte. Ricordo la trionfale esibizione al Mi Ami Festival del 2010, in cui il frontman cantò diversi pezzi sorretto dalle prime file, in comunione assoluta. Non si tratta del carisma da rockstar che smuove la folla con un gesto. No, parlo di regalare serenità, riflessione ed empatia, quelle di un gruppo che sa trasmettere il senso delle cose che intona, come scrissi allora per il giornale di cui ero inviato al Magnolia di Milano. Qualità rare e non banali, necessarie oggi più che mai. Non è un caso che s'intitoli Le nostre canzoni quella in cui cantano: "Ci vuol coraggio a non sentirsi soli, non è retorica: è la verità".