Quindicesimo volume dello Zorniano Book of Angel. L’angelo caduto è Baal e a cantarne questa volta è stato scelto il clarinettista Ben Goldberg con il suo quartetto. Diciamo subito che il disco è ad anni luce di distanza dal volume precedente, a nome del supergruppo The Dreamers, per quanto riguarda tutto: il suono; l’interplay tra i musicisti; la direzione esecutiva; le composizioni; tutto funziona, se non al top, almeno quasi e mai ha la spiacevole sensazione di essere stato truffato come purtroppo a volte si aveva con il tremendo quattordicesimo ´libro´.
Registrato nel settembre di un anno fa dal quartetto formato da Ben Goldberg (clarinetto)con i sodali zorniani Jamie Saft (piano), Kenny Wollesen (drums), Greg Cohen (basso), il disco parte con la torrenziale ´Chachmiel´ in cui il clarinettista californiano, già leader del New Klezmer Trio, dimostra di non avere paura di nulla! La struttura parte classica. Esposizione del tema, solo del clarinettista e, subito dopo, di Shaft. Quindi dopo la seconda esposizione del tema nuovo solo di Goldberg questa volta in crescendo di intensità grazie anche al lavoro fatto dalla triplice sezione ritmica che incalza e spinge il suono di Goldberg fino ai suoi limiti.
L’attesa del nuovo tema sembra apparentemente placare il brano ma subito dopo la fine del tema ancora una coda in cui le voci sempre più sfrenate di Shaft e Goldberg si rincorrono fino all’inaspettato silenzio. Il bolero della successiva Asimor apparentemente parte proprio da quel silenzio per svilupparsi sensuale e morbido.
Irin è un altro tipico tema zorniano in cui i temi e i loro tempi sembrano rincorrersi tra aperture liriche e fraseggi più free che sembrano avere il sopravvento fino al ritorno al bel tema finale. La ripetizione continua del riff/tema dell’irregolare Pharzuph rende il brano assolutamente ipnotico. Quando, a quasi metà brano, il clarinetto si stacca finalmente dall’ossessività della frase musicale ci pare di perdere un appoggio e le note sporche ed espressive ci fanno volare sicure nell’episodica ripresa del riff da parte di Shaft. Lahash è l’episodio più free dell’album e il successivo Requel il brano più oscuro e forse meno disegnato. Resta da parlare della solida prova solista di Goldberg in Uzza, 3 minuti abbondanti di lezione di clarinetto, e del giocoso finale di Poteh con i musicisti a rincorrersi dal primo all’ultimo secondo per la gioia delle nostre orecchie.
Alla prossima Mr Zorn e, conoscendola, non dovremo aspettare tanto. Vero?