Afterhours Ballads for little hyenas
2006 - MESCAL / ONE LITTLE INDIAN
A ben vedere però l’uscita di “Ballads for little hyenas” è anche una scelta logica rispetto al percorso fin qua compiuto dagli Afterhours: in inglese avevano iniziato, con un paio di dischi e di Ep tanto acerbi quanto aggressivi, e in inglese avevano qua e là continuato a cantare anche una volta passati all’italiano. Più che di una chiusura di un cerchio, si dovrebbe piuttosto parlare di un’apertura, visto quanto le collaborazioni con John Parish, Greg Dulli e Mark Lanegan hanno allargato i confini della band.
In ogni caso la versione inglese di “Ballate per piccole iene” rappresenta un’ulteriore conferma della spasmodica ricerca che anima Agnelli e compagni, una tensione che è il loro marchio di fabbrica e che traspare anche in questo cd.
Questo nonostante “Ballate per piccole iene” si sia rivelato alla lunga un lavoro compatto ma anche ripetitivo e nonostante non offra grosse novità nemmeno in questa versione: il disco è stato rimasterizzato, sono ovviamente state rifatte le parti vocali di Agnelli, c’è stato qualche lieve intervento sugli arrangiamenti ed è stata aggiunta in scaletta la cover di “The bed” di Lou Reed, ma non è nulla che valga davvero la pena di acquistare, soprattutto se già se ne possiede la versione in italiano.
La pronuncia di Manuel Agnelli non è certo quella di un madre lingua: le lezioni di Greg Dulli non hanno sortito lo stesso effetto di quelle di Davey Ray Moor sulla Donà, ma questo è forse un problema che ci poniamo solo noi italiani, perché in fondo il canto come sempre esasperato di Agnelli non è poi tanto diverso da quello di altre bands anglofone.
I testi non sono stati tradotti letteralmente ma piuttosto adattati e andando a spulciare tra le righe ci si accorge che qualcosa è andato irrimediabilmente perduto, per esempio in “White widow”.
Gli interventi di Greg Dulli e di Hugo Race riducono in parte quella tendenza indie che gli Afterhours ancora si portano dietro, nonostante il tentativo di una forma più canzone degli ultimi dischi: soprattutto la voce di Dulli offre a pezzi come “There’s many ways” e “Desire froze here” qualche atmosfera alla Afghan Whigs.
Complessivamente si tratta di sfumature che da una parte aggiungono e dall’altra tolgono: “Ballads for little hyenas” rimane essenzialmente il disco che già era in italiano, con un impatto ruvido e carico di rancore.
Potrebbe piacere all’estero, pur non essendo certo all’altezza dei dischi degli amici anglofoni degli Afterhours. Dovrebbe invece interessare ai soli fans (e forse nemmeno a loro) la distribuzione sul mercato italiano.