Cheap Wine = ´Vino da quattro soldi ´ ma in ´A Pig On A Lead´ l’osteria economica é un simbolo orgoglioso contro la soldataglia dell’idiozia; analogamente il marchio di fabbrica di Marco Diamantini & C non è segno di scarsità ma di uso ragionato ed encomiabile delle proprie risorse.
Indipendenti dalla nascita i Cheap Wine arrivano al traguardo del primo live con sette dischi all’attivo, escluso il presente, tutti prodotti in rigorosa autonomia a difesa orgogliosa del proprio essere.
Spesso l’edizione di un live è sintomo di flessione creativa che l’artista tenta di tamponare con un lavoro a basso sforzo compositivo ma anche in questo caso il luogo comune va smentito.
´Stay Alive´ è un disco che ritrae il gruppo di Pesaro nella sua condizione artistica attuale traendo materiale da tre concerti in equilibrio tra vena acustica, tipica dell’ultimo lavoro, ed elettrica, solida eredità della loro storia.
La selezione dei brani è in perfetto equilibrio tra ´Spirits´, ´Freak Show´ e ´Moving´, con qualche complemento da ´Crime Stories´, uno scampolo di ´A Better Place´ e omaggi a Springsteen e Neil Young; manca il solito tributo a Dylan, mito e faro per Marco che per l’occasione ha voluto cambiare.
Gli ingredienti base sono quelli ben noti; chitarrismo di alto livello da parte di Michele, che assorbe tutti gli specials strumentali, drumming di Alan adatto alla sterzata artistica del gruppo, basso di Alessandro preciso nel ruolo di pivot ritmico e armonico e la voce di Marco, che esprime anche nelle sue imprecisioni la passione e la coerenza per il genere.
La recente declinazione roots è evidente non solo nei brani di ´Spirits´ ; la sua eco pare infatti avvertirsi anche nelle esecuzioni più elettriche ove il glam e l’hard virano verso l’anima delle radici americane dando un calore nuovo a vecchie composizioni.
Le prime quattro canzoni sono tratte da ´Spirits´, quasi a voler chiarire la direzione intrapresa dal combo, così che la successiva ´Murder Song´ pur provenendo da ´Crime Stories´ ha un colore compatibile con le tinte dell’ultimo CD.
´Nothing left to say´ inizia con il piano e l’armonica, in classico stile Americana, e ci fa augurare che il ricorso alla tastiera acustica si faccia più regolare visti i risultati ascoltati.
Nei passaggi successivi emergono chiari i richiami ad una certa psichedelica, ad un certo desert rock ed anche ad un lessico hard tipicamente live; il secondo CD offre molti spunti al riguardo a iniziare dal fragore e dalla schematicità ritmica di ´Dance Over Troubles´ per passare al riff di ´Snakes´ (che ci ricorda ´Child in Time´ anche se il combo certamente smentirà) ed arrivare alla parata elettrica di ´Freak Show´.
´Stay Alive´ non è un una ricapitolazione ma un tassello aggiunto ad un repertorio da conoscere; é la riprova che in Italia si può fare anche del rock serio oltre alla solita canzone più o meno qualificata.