interviste
Cheap Wine Move on
Finalmente siamo riusciti ad incontrare i Cheap Wine dal vivo, ovvero
in quella dimensione live che la band predilige e di persona, faccia a
faccia con Marco Diamantini. |
Mescalina:
Marco, prima di tutto mi fa piacere bissare
l'intervista e bissarla con un altro disco di valore dei Cheap Wine …
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Mescalina:
Anche il tuo modo di scrivere rispecchia
questa caratteristica: spesso le tue canzoni sono come dei fermi immagine
di qualcosa che sta per succedere o di un personaggio che è pronto a muoversi
e a scappare via … è un modo anche per catalizzare questa tensione anche
nel testo? Marco Diamantini: Sì, mi piace molto chi scrive in maniera un po' cinematografica, nel senso che mi piace molto la descrizione di un immagine, di un momento, di una sensazione e riuscire a renderlo penso sia una cosa molto bella: riuscire attraverso le parole a dare un'immagine ad una persona … allo stesso tempo non mi piace molto dare risposte o giudicare, preferisco descrivere e lasciare a chi legge o a chi ascolta il giudizio, la risposta o l'immaginazione di come andrà a finire: lasciare un discorso aperto è una cosa che mi è sempre piaciuta … mi è sempre piaciuto leggerlo o vederlo al cinema e quindi farlo anche quando scrivo … Mescalina: Quando scrivi, ti muovi un po' come una telecamera che cerca di catturare e di riprendere? Marco Diamantini: … ovviamente come sappiamo bene in questi tempi le telecamere possono essere usate in tanti modi… non dico che mi piace usarle in modo neutro, perché ognuno di noi ha comunque il suo punto di vista e la sua prospettiva, però mi piace comunque inquadrare una situazione e poi lasciare che chi legge possa metterci anche del suo fino ad identificarsi … non mi piace dare un esito alle situazioni che vengono descritte … Mescalina: Difatti le tue canzoni, per il testo, per il tipo di il suono, per l'ambiente interiore e anche per il modo in cui si svolgono, richiamano una certa cinematografia diciamo vicina a quella di Peckinpah e affini … per esempio l'ultima ballata del disco mi fa pensare a quei film western in cui alla fine l'eroe si allontana e l'immagine va in dissolvenza … Marco Diamantini: … tra l'altro nel testo di "Fade out" ci sono proprio delle citazioni: c'è una citazione da "Easy rider", da Kerouac … diciamo che la cinematografia dei road movies in me ha contato molto e Peckinpah è un regista che amo da tanto … io poi sono sempre stato molto affascinato dal deserto e infatti, quando ho fatto un viaggio in America, ho girato praticamente tutti i deserti del Sud-ovest e anche film come "Zabriskie Point" o come … Mescalina: "Paris, Texas"? Marco Diamantini: Sì, fanno sicuramente parte del mio immaginario, nel senso che hanno scavato molto e hanno lasciato un segno e questo viene fuori, perché il cosiddetto suono desertico è quello che mi affascina di più ed è quello che io molte volte cerco di ottenere … Mescalina: Non hai mai pensato alla possibilità di riprodurre questo tipo di paesaggio con un disco acustico? Marco Diamantini: Sì, più di una volta e infatti alcuni pezzi della nostra discografia sono già così: se pensiamo ad "Among the stones" oppure in "A better place" che eravamo agli inizi però è già su quella falsa riga e anche nell'ultimo disco pezzi come "Snakes" hanno un po' questa attitudine … Mescalina: … anche la cover di Dylan che hai scelto proviene da uno dei dischi più desertici di Dylan ed è anche uno dei suoi pezzi più epici e più outlaw … Marco Diamantini: Esatto e infatti fino a poco tempo fa dal vivo facevamo anche "Hurricane". Sicuramente poi anche delle bands come i Green On Red o alcune cose dei Giant Sand e alcune cose anche dei Dream Syndicate oppure anche tanti autori del Sud io penso a Terrell che è un autore che mi piace tantissimo hanno dei forti elementi desertici … Mescalina: … forse questo è più facile riconoscerlo per questi artisti, perché li connoti subito anche geograficamente, mentre voi siete di Pesaro e a nessuno verrà mai in mente di associare il vostro suono col deserto, ma in effetti è così, anche se nei confronti degli americani noi manteniamo sempre uno sguardo diverso … Marco Diamantini: Sì, io credo che noi siamo stati accostati a tante bands, però, in realtà, anche se abbiamo tante influenze, non ne abbiamo una sola: io amo dire che noi abbiamo cinquant'anni di rock come influenza e che la band ha trovato un suo suono proprio per questo, perché non ha mai inteso imitare qualcuno, non ha mai avuto la volontà di inserirsi in un determinato filone … tanto è vero che poi noi quattro abbiamo ascolti e un background diversi e nel processo che abbiamo portato avanti emerge il background di ognuno e il ruolo di ognuno. Credo che questo suono che abbiamo costruito sia inseribile in un contesto, però penso anche abbia una sua personalità propria … insomma credo che nessuno potrà mai dire che noi suoniamo come quel determinato gruppo … Mescalina: Infatti nei vostri dischi vi siete costruiti un vostro immaginario ed anche una vostra precisa iconografia: a proposito perché non avete scelto di proseguire con i fumetti di "Crime stories"? Marco Diamantini: Quello è solo dovuto alla pigrizia del batterista … Mescalina: Avrebbe potuto essere un ulteriore segno della vostra continuità, della vostra visione, no? A me era piaciuto molto questa grafica perché la collegavo ad una caratteristica del vostro suono per così dire illegale … Marco Diamantini: Sì, a me sarebbe piaciuto molto, ma lui per ragioni di tempo legate al suo lavoro non ce l'ha fatta … tutta la band avrebbe voluto che anche in questo disco ci fosse un artwork di quel tipo … Mescalina: A proposito di continuità nel disco dopo "One more cup of coffee" fate "Shakin the cage" che mi ricorda "I want you", sempre di Dylan … Marco Diamantini: Guarda, questo me l'hanno già detto, non so … Mescalina: Venendo questo pezzo subito dopo "One more cup of coffee" ed essendo molto più tirato, sembrava quasi che voleste bruciare via Dylan … Marco Diamantini: Io non so se ci sia veramente un'assonanza così forte, ma, se c'è, è involontaria: io non c'ho pensato finchè non me l'hanno detto … Mescalina: In ogni caso anche questo pezzo esprime una tensione che crea una linea di fuoco e mi viene da chiederti se di questo passo il prossimo disco non sarà dal vivo … Marco Diamantini: Ti dico che l'idea è proprio quella di un disco dal vivo, ma non sappiamo se riusciremo a farlo, anche perché non sappiamo se verranno fuori altri pezzi nuovi che magari renderanno necessario un altro album in studio … l'idea del disco dal vivo comunque ce l'abbiamo da tanto tempo: dobbiamo vedere se riusciamo a realizzarlo a livello tecnico perché abbiamo bisogno di avere a disposizione il nostro fonico in maniera costante dal momento che registrare un solo concerto è rischioso e difficile e poi si lascerebbe fuori di sicuro del materiale interessante, invece l'ideale sarebbe registrare cinque o sei concerti e poi fare una selezione … Mescalina: Diciamo però che, pur nella fatica di dover sempre fare i conti con la propria indipendenza e con una realtà non agevole, i Cheap Wine sono comunque più riconosciuti … Marco Diamantini: Sì, in anni e anni siamo riusciti a conquistarci una fetta di pubblico e di affezionati. Questo non è poco, per quello che è il genere e per la diffidenza che hanno gli appassionati nei confronti di questo genere cioè di una band italiana che suona rock di questo tipo, anche se non abbiamo ancora fatto un salto di qualità decisivo dal punto di vista della popolarità … Mescalina: Tu soffri questa che non chiamerei una mancanza di risultati, ma piuttosto il fatto di di non arrivare ad essere riconosciuti come si merita? Marco Diamantini: Ma, guarda, ti dico la verità: sì, perché credo che i Cheap Wine siano una band di valore. Non parlo di me, ma gli altri tre ragazzi hanno veramente del talento e mi dispiace vedere che questo talento non viene premiato come meriterebbe. È una band che meriterebbe di avere più esposizione per far vedere quello che sa fare, poi giudicherà il pubblico, ma quanto meno un livello di esposizione maggiore … Mescalina: Più esposizione ma anche un'attenzione diversa che solo in pochi casi la stampa concede: troppo spesso i gruppi italiani che fanno rock vengono solo recensiti e poi tutto si ferma fino alla recensione successiva … così non se ne segue l'evoluzione e il pubblico non percepisce il valore aggiunto che può avere una band … Marco Diamantini: È giustissimo quello che dici: è utile che esca la bella recensione e poi il mese dopo l'intervista … per carità è utile, però finisce lì e il discorso rimane un po' fermo. C'è anche da dire che quello che ha frenato i Cheap Wine è che, essendo veramente indipendenti, veramente autoprodotti, qualcuno me lo ha detto anche in faccia "Promuovendo voi, noi cosa ci guadagnamo?", mentre promuovendo il tale artista che alle spalle ha un'etichetta e un certo giro … siccome non ci sono in Italia realtà editoriali forti che abbiano come motore unicamente la passione per la musica, non veniamo ritenuti appetibili e vantaggiosi … Mescalina: E a qualcuno magari darebbe anche fastidio vedere che viene spinto un gruppo totalmente indipendente … Marco Diamantini: Io non dico che le realtà editoriali devono trascurare il mercato, ma, se ogni tanto mettessero in primo piano anche la passione, ne guadagnerebbero la musica e la qualità della musica, perché c'è un certo tipo di musica e un certo tipo di rock che sta morendo … Mescalina: E soprattutto perché il pubblico cresce e si raffronta solo con quegli standard che vengono proposti … Marco Diamantini: È vero, anche rispetto a noi per esempio: penso che sia una visione molto ottusa vedere nei Cheap Wine qualcosa di così strettamente americano, perché ci sono moltissimi elementi italiani ed europei che fanno parte della nostra cultura, che noi non abbiamo mai rinnegato, e nei testi stessi io penso che vengano fuori. Noi non siamo aderenti ad un modello, a nessun modello, e questo i più sensibili lo hanno colto … |