Cheap Wine

interviste

Cheap Wine Caleidoscopio Rock

24/11/2009 di Vittorio Formenti

#Cheap Wine#Rock Internazionale#Rock

I Cheap Wine costituiscono un nome ormai ben noto nell’ambito dell’´indie rock´ nostrano; da tredici anni sulla breccia mantenendo orgogliosamente alta la bandiera della loro indipendenza hanno di recente dato alle stampe la loro settima fatica, ´Spirits´, del quale troverete la recensione in altra parte della testata.
Il disco segna una diversa direzione rispetto alle sonorità rock o quasi glam degli ultimi due lavori imboccando sentieri più tipici del roots americano, con sonorità più articolate e dosate ed anche con una verve più intima nei testi.
Abbiamo raggiunto telefonicamente Marco Diamantini, membro fondatore del gruppo, autore di tutte le liriche nonché saltuario compositore delle musiche in alternativa al fratello Michele.
Riportiamo di seguito il risultato di più di un’ora e mezza di intensa conversazione, seria e ragionata ma anche spontanea ed aperta, come i loro lavori.
Mescalina: Molti vi hanno accostati al desert rock dei Green On Red e dei Dream Syndacate; tuttavia nei vostri lavori, almeno negli ultimi tre (Moving, Freak Show e Spirits), ci si ritrovano molteplici richiami: psichedelica alla Floyd, mod alla Jam, West Coast alla Paul Kantner, country rock alla Eagles, southern alla ZZ Top, perfino un incipit alla Child in Time. Come stanno le cose in effetti?
*Marco: La verità è che alle nostre spalle stanno 50 anni di rock; molti dei gruppi che hai citato, come i Deep Purple, i Pink Floyd o gli Eagles, non fanno parte dei nostri ascolti. Queste similitudini forse sono più nelle orecchie di chi ci sente che non in nostre consapevoli influenze. È certo che nessuno inventa niente, come disse Duke Ellington .. ´non esiste musica nuova o vecchia ma solo musica buona o cattiva´.Certamente ogni artista, e quindi ognuno di noi, viene da qualcosa; le nostre radici affondano sicuramente nel rock americano ma non intendiamo riprodurre alcunché, cerchiamo sempre qualcosa di nostro e di nuovo.

*Mescalina: Perché la scelta di cantare in inglese?
*Marco: Ho sempre ascoltato rock americano e ho studiato inglese fin dai tempi delle elementari, in tempi in cui questo non era così usuale come oggi. Sono quindi molto affezionato a questa lingua nella quale uso comporre direttamente. Ritengo inoltre che l’italiano non sia adatto per il rock da un punto di vista di suono né metrico. Trovo goffi quei gruppi che cercano di praticare questo genere cantando nella nostra lingua.

*Mescalina: non pensi che esempi come Vasco Rossi o Ligabue possano smentire in parte questa affermazione?
*Marco: no, ritengo che la musica di questi artisti sia musica leggera e non rock. Questo lo dico con tutto il rispetto verso la loro produzione e senza voler creare alcuna gerarchia di valori. Tuttavia il rock è altra cosa, non è sufficiente usare una chitarra distorta per entrare nel genere, occorre altro anche se mi risulta difficile razionalizzarne una definizione.

*Mescalina: Riconoscete comunque in voi una vena italiana, e se sì dove?
*Marco: Noi non vogliamo fare gli americani a tutti i costi. Credo che gli aspetti artistici che ci avvicinano più alle nostre origine si trovino nelle influenze letterarie e cinematografiche presenti nei nostri lavori; con tutto il dovuto rispetto e con le debite proporzioni citerei Sergio Leone come artista italiano che operava su elementi americani, noi ci sentiamo più o meno così. Anche Fellini è presente in diverse nostre sfumature e molti hanno individuato elementi morriconiani nel nostro modo di suonare l’armonica.

*Mescalina: Le strutture dei brani sono quasi sempre nella forma canzone; i testi evocano spesso un’attenzione cantautorale mentre le musiche affondano chiaramente le radici nel mondo del rock. Si può parlare di rock da cantautore, in cui testi e musica si bilanciano come importanza?
*Marco: sì, certamente. Trovo questa definizione corretta, per noi i testi sono tanto importanti quanto lo è la trama musicale.

*Mescalina: Nelle tessiture musicali lo strumento che brilla di più è la chitarra, mentre il resto svolge più un ruolo ritmico e di accompagnamento, specie nei lavori precedenti. Non pensi che questa assenza di interplay rischi di rendere i brani talvolta un po’ uguali a se stessi?
*Marco: L’ultimo lavoro è diverso da questo punto di vista; il carattere acustico ha comportato una maggior ricchezza di sfumature, una maggior coralità ed equivalenza dei vari componenti. Per i lavori precedenti è invece vero che il ruolo predominante è assunto dalla chitarra, con parti ancor più evidenti quando suoniamo dal vivo. Questa è una scelta voluta; a noi piace molto il rock chitarristico e quindi i brani sono stati consapevolmente composti con questa logica. Inoltre la grande capacità di mio fratello Michele allo strumento ha sempre facilitato questo aspetto. Credo che chi è appassionato di guitar rock possa trovare molto gusto nelle nostre trame, senza viverle come ripetitive e noiose.

*Mescalina: I vostri lavori non si possono definire concept album ma certamente sono opere tematiche; crimine, movimento, pazzia, spiriti inquieti hanno caratterizzato i temi degli ultimi lavori. È una vostra scelta legare un disco ad una sorta di argomento generale?
*Marco: Questa lettura è corretta per gli ultimi quattro lavori . In ´Crime Stories´ ´Moving´ e ´Freak Show´ la scelta tematica è stata decisa in anticipo e sviluppata in modo programmato. Per ´Spirits´ invece questo aspetto ha preso corpo durante lo svolgimento del lavoro. I due brani ispirati a personaggi specifici, ´A Pig On A Lead´ dedicato alla vicenda del partigiano Silvio Corbari e ´La Buveuse´ riferito ad un quadro di Toulouse Lautrec, hanno dato vita ad un’anima particolare del disco che poi si è proiettata nelle composizioni successive, il tutto però senza uno specifico disegno a priori.

*Mescalina: I testi paiono riferirsi a mondi di perdenti, lupi solitari, depressi; è un gusto bohemien, una visione della vita o semplicemente una serie di spunti che ritenete adatti per la vostra musica?
*Marco: Anche qui vale quello che ho espresso circa i riferimenti alla nostra musica. Ho diverse influenza letterarie e cinematografiche che si fondono portando poi a risultati personali; confermo un certo fascino per le atmosfere bohemien, intese soprattutto alla Kerouac o Bukowski ed anche alla Toulouse Lautrec. In termini più di valori tengo ad evidenziare che la descrizione di questo tipo di personaggi, in difficoltà e smarriti, non comporta rassegnazione e mancanza di speranza; nelle nostre trame c’è sempre un invito a reagire, a lottare.

*Mescalina: Cosa ne direste se qualcuno vi definisse una combat band del XXI secolo?
*Marco: Dipende dal senso che dai al termine. Dopo la realizzazione del primo disco, purtroppo esperienza negativa avuta con un’etichetta indie, abbiamo reagito ed abbiamo deciso di proseguire da soli. La musica per noi è parte integrante delle nostre vite e per questo abbiamo ´combattuto´. La nostra gestione in autoproduzione continua da tredici anni con sette lavori editi; credo che in Italia non ci siano altri esempi di questa perseveranza. Lo sforzo è enorme; ti devi autofinanziare, devi organizzare la produzione dei cd, la programmazione dei concerti, devi gestire le public relations; quest’ultima attività è tra l’altro particolarmente snervante a seguito del coinvolgimento emotivo che viviamo nel nostro lavoro. A complicare il tutto c’é il nostro genere, che è di nicchia, e la scelta voluta di cantare in inglese, che ci allontaniamo dai puristi e dai tradizionalisti. In questo senso possiamo essere visto come un gruppo ´combat´. Escludo invece il significato tradizionale, che vene associato a manifestazioni di idee politiche o a riferimenti espliciti a fatti sociali ed economici. Ovviamente noi tutti abbiamo le nostre idee ma evitiamo slogan ed ideologismi. Personalmente condivido un atteggiamento come quello di Dylan, che ha sempre visto il fatto politico come fatto personale.

*Mescalina: Per una band indipendente come voi che importanza ha uno strumento come Internet?
*Marco: assolutamente fondamentale; senza Internet sarebbe impossibile svolgere l’attività di contatti e promozione che manteniamo. C’è evidentemente il rischio della pirateria ma, a conti fatti, i vantaggi sono decisamente superiori agli inconvenienti.

*Mescalina: Da dove viene la vena roots dell’ultimo lavoro ´Spirits´?
*Marco: Non è stato frutto di una programmazione a tavolino ma più un risultato di diversi eventi concorrenti. Da un lato abbiamo un nuovo batterista, Alan Giannini, che per la sua storia e la sua preparazione ben si adatta ad atmosfere di questo tipo. Il blues inoltre ci è sempre piaciuto; in passato abbiamo dato poco risalto a questo fatto e qui abbiamo deciso di portarlo più in rilievo. Infine occorre tenere presente che oggi fare musica live in spazi ampi è sempre più difficile; di conseguenza il set si fa sempre più acustico anche per cause imposte di natura logistica. Il mix di questi fattori ha determinato la natura del nostro ´Spirits´.

*Mescalina: La struttura dei brani pare più regolare rispetto ad alcune prove del passato, dove c’erano durate anche prolungate nei momenti di solo chitarristici. È una scelta o è legata ad un diverso ruolo che tu Marco hai avuto nella composizione anche delle musiche?
*Marco: No, io qui ho composto la musica di solo tre brani, poco come in precedenza. Il carattere più acustico del disco ha comportato di per sé un lavoro della chitarra più di cesello, soli contenuti ed automaticamente un maggior emergere delle sfumature; ribadisco, deriva da un’esperienza live sempre meno basata su set elettrici.

*Mescalina: Anche da un punto di vista ritmico emerge un gusto spinto più verso il sincopato che non verso la metronomia rock dei lavori precedenti. Immagine che anche questo derivi da ciò che hai appena sottolineato
*Marco: Sì, ma non solo. Alan, il nuovo batterista, viene da cover band ma ha una eccellente preparazione di base con caratteristiche tecniche adatte ad un drumming più variato. In ´Spirits´ inoltre conta molto anche il basso, che è un secondo protagonista. L’interazione tra questi due strumenti è una delle chiavi del CD.

*Mescalina: Qualche domanda specifica sui brani di Spirits. In ´Just like Animals´ cosa rappresenta la carrellata degli animali citati nel testo? In modo particolare, qual è il senso della corona del leone?
*Marco: Beh, qui non posso raccontarti proprio tutto, d’altra parte sono convinto che i testi appartengano anche a chi li legge. Posso dire che ciascun animale rappresenta un carattere umano (lo squalo profittatore, il coccodrillo che piange sempre,..); il brano quindi vuole descrivere un’umanità un po’ confusa. Per il leone invece lascio a te scovare il senso.

*Mescalina: ´A pig on the lead´ si riferisce ad una vicenda reale della nostra storia. Non pensi che in questo caso avreste potuto fare un’eccezione e cantare in italiano? Questo, forse, avrebbe esaltato i colore del brano.
*Marco: La regola del canto in inglese è rigida ma non per una chiusura mentale a priori quanto perché, detto in tutta sincerità, non mi sentirei nemmeno in grado di comporre in italiano; sono certo che ne verrebbero dei risultati scadenti.

* Mescalina: ´Alice´ è un breve passaggio strumentale alla chitarra; preso da solo appare po’ vuoto. E’ un ponte tra una parte del disco ed una successiva?
*Marco: No. In prima battuta è uno spunto dedicato alla figlia di mio fratello, nata l’8 giugno (benvenuta – nda); in realtà era stato studiato come intro a un altro pezzo ma poi, al riascolto, ha acquistato una sua autonomia ed è rimasto così, come un pensiero ed un episodio sospeso.

*Mescalina: dimmi la verità, in ´Leave me a drain´ veramente non avete pensato a ´La Grange´ dei ZZ TOP?
*Marco: Il brano è nato in forma di blues, poi il riff è venuto fuori semplicemente perché ci stava. L’assonanza con ´La Grange´ l’abbiamo avvisata successivamente; tieni però presente che questo riff è in realtà conosciutissimo e ripreso da molti, penso a Willie Dixon o a Tom Petty. Non è quindi una citazione.

*Mescalina: in ´La Buveuse´ si ha il secondo riferimento ad un personaggio reale, Toulouse Lautrec. Da dove viene il riferimento?
*Marco: Nel 2008 sono andato in Francia e ho visitato il museo di Lautrec, personaggio che mi ha sempre attirato molto. Il dipinto della Buveuse (bevitrice) mi ha letteralmente ipnotizzato e mi ha ispirato una storia. Ho comprato la riproduzione e ho redatto il testo, nel quale emerge l’arte come elemento di riscatto.

*Mescalina: ´Man in the Long Black Coat´ è un riferimento alla vostra passione per Dylan o è anche stata una scelta ritenuta coerente al tipo di disco?
*Marco: Il brano è stato scelto sia perché ci piace che per la sua funzione di simbolo. Nel 2003 partecipammo ad un festival in Pesaro nel quale una serata era dedicata a Dylan; noi eseguimmo sei suoi brani tra i quali anche questo. Recentemente abbiamo ripescato il materiale video, abbiamo realizzato un dvd in tiratura limitata ed abbiamo ripescato questo pezzo.

*Mescalina: in ´Dried Leaves´ mi pare che la musica sia fin troppo dolce e romantica rispetto ad un testo tutto sommato crudo e pessimista, non trovi?
*Marco: Non sono d’accordo; il brano è una canzone d’amore e trovo che la musica vi si adatti perfettamente (bel passo falso del cronista!! – nda)

*Mescalina: Bene, per concludere la solita domanda di congedo: i tuoi 5 dischi dell’isola deserta.
*Marco: bel problema, dovrei citartene almeno una cinquantina. Comunque direi:
Highway 61 Revisited di Dylan - Blue Valentine di Tom Waits - Live at Reji’s dei Dream Syndacate - On the Beach di Neil Young - Exile on Main Street dei Rolling Stones
Ma sto trascurando molto; dovrei almeno ricordare i Green On Red, da cui deriva il nostro nome, qualche bluesman, lo Springsteen di ´Greetings from Ashbury Park´ e tanti altri.

*Mescalina: Va bene, ci saranno altre occasioni. Qui si conclude la conversazione con Marco, uomo e artista serio, sobrio e franco; sette i lavori del suo gruppo, sofferti come le piaghe d’Egitto (che purtroppo furono dieci); speriamo che i tempi di vacche grasse inizino e magari in anticipo. Tanti fraterni auguri ai Cheap Wine.