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Cheap Wine Exploding underground
I Cheap Wine sono la nostra scelta per la copertina di questo febbraio 2007. Da pochi giorni hanno pubblicato un nuovo disco, “Freak show”, ultima tappa di un percorso partito da lontano, dieci anni fa, in mezzo al nulla. |
1. AMONG THE STONES: LA FORMAZIONE DEI CHEAP WINE - Rock this townUna band, o almeno una rock band, nasce nella maggior parte dei casi per reazione. Per trovare una via d’uscita ad un luogo che opprime mentalmente e fisicamente.
La formazione, che non muterà più, vede Marco Diamantini (voce, chitarra) affiancato dal fratello Michele “Roccia” Diamantini (chitarre), da Alessandro “Fruscio” Grazioli (basso) e da Francesco “Zano” Zanotti (batteria).
– Set up a rock’n’roll band Ad alimentare la spinta iniziale sono anche dischi, libri e pellicole cinematografiche: Neil Young, Bruce Springsteen, Bob Dylan, Greeen On Red, Dream Syndicate e tanti altri per quanto riguarda la musica. Poi “autori noir come Jim Thompson, James Lee Burke e la beat generation, Kerouac in testa, e Bukowski. Nel cinema il caposaldo è “Easy Rider” e poi decine di altri titoli tra cui di sicuro i western di Sergio Leone e i grandi film di Scorsese”. Si tratta di passioni che marchiano a fuoco l’anima, come succede a molti. Nel caso dei Cheap Wine tutto ciò aumenta la tensione verso un suono bruciato dall’underground e più in generale verso una visione del mondo spietata. I ragazzi non solo sono influenzati, ma di più: si riconoscono nel rock, ne assimilano la forza e ne concretizzano lo stile, le tematiche, l’etica all’interno della propria esperienza.
Uno spazio quindi se lo creano suonando e muovendosi da sé: “Ricordo i primi concerti lontano da Pesaro: partivamo con due macchine, la mia e quella di Francesco che aveva una vecchissima station wagon, cadente ma molto capiente. Quando la Station wagon è “deceduta”, mi pare fosse il 2002, siamo stati costretti a procurarci un furgone: abbiamo trovato un Ducato usato (molto usato), l’abbiamo pagato pochissimo, circa tre milioni e mezzo delle vecchie lire, ci abbiamo montato un impianto Gpl e da allora non si è più fermato. Lo adoriamo, quel furgone”.
La band sviluppa un’attitudine indipendente, che a differenza però di molti gruppi italiani non si fa limitare da alcuna estetica. Anche in studio la scelta rispecchia in pieno questo approccio personale: “Tutti i nostri album sono stati registrati nello studio di Alessandro Castriota e non per caso. E’ un grandissimo professionista, uno dei migliori fonici italiani e una splendida persona con cui è nato un vero rapporto di amicizia”. Alla
formazione si aggiunge “Maurizio, detto Ciocco, che è a
tutti gli effetti il quinto Cheap Wine: viene a tutte le prove,
a tutti i concerti e ci conosce meglio di chiunque altro.
E’ una grande persona, una di quelle in via di estinzione
ed è anche uno dei più grandi esperti di musica rock che io
abbia mai conosciuto: una vera enciclopedia”. Persino
coloro che contribuiscono in studio aggiungendo sfumature
alle canzoni non sono ospiti, ma amici con cui instaurare
un rapporto continuativo: Alessandro Castriota (piano, keyboards,
vocals), Alessandra Franceschetti (violino), Claudio Damiani
(voci), Marta Graziani (voci) sono musicisti che si ritrovano
di disco in disco.
Questa libertà investe ogni particolare del progetto: tutto nei Cheap Wine è curato direttamente dagli stessi membri della band. “La mole di lavoro è enorme. Parecchie ore al giorno, tutti i giorni sono dedicate ai Cheap Wine. Internet, in questo, è molto utile. Il nostro sito è ben curato e abbiamo una mailing list piuttosto vasta. È’ importante tenere aggiornati i fans e gli organi d’informazione sulle attività della band. Ricevo parecchie telefonate da gruppi appena formati che mi chiedono come fare per ottenere attenzione e visibilità: la risposta è che non si può pensare solo a suonare, ma ci sono molti altri aspetti che vanno curati e senza motivazioni fortissime è impossibile andare avanti. È un lavoro molto impegnativo e noi facciamo tutto da soli. Credo che il caso dei Cheap Wine sia unico in Italia: non penso esistano altre band con una storia di dieci anni di autoproduzione e autogestione. È dura, ma così ci garantiamo la massima indipendenza e libertà artistica, senza condizionamenti di nessun tipo. E in questo è importante anche il ruolo della Venus che distribuisce i nostri cd nei negozi”. Significativo è l’artwork dei cd, spesso curato dal batterista Francesco Zanotti, ideatore di una grafica a tema che si può ammirare sul sito della band www.cheapwine.net e soprattutto nei booklet di “Crime stories” e “Freak show”: le sue stilizzazioni rappresentano i membri del gruppo e sottolineano il carattere outlaw dei rispettivi dischi. Le espressioni dei suoi personaggi colgono in pieno la fierezza che caratterizza i Cheap Wine. La
convinzione ereditata dalla fede nel rock è maturata in un’identità
forte che non vacilla davanti alla mancanza di successo. I
Cheap Wine proseguono così sulla loro strada ottenendo l’attenzione
dei media più attenti e appassionati: “Le radio americane
trasmettono di frequente le nostre canzoni.“Moving” ha avuto
un airplay notevole anche in Inghilterra, in Germania e nel
resto d’Europa. Chiaro che non sono le grandi emittenti commerciali,
ma stazioni attente al rock e alla musica indipendente. In
Italia, troviamo una buona accoglienza da parte delle radio
meno soggette alle cosiddette regole del mercato, ma nei grandi
network la strada è sbarrata”. Non esiste una scena rock,
ma la band non è certo vittima di questa mancanza: “In
Italia esiste un’assurda competizione anche fra piccole band.
La classica guerra fra poveri. Nei primi anni di vita dei
Cheap Wine contattavo continuamente musicisti con il nostro
stesso background, nella speranza di dar vita ad una piccola
“scena”. Niente da fare. Adesso non ci provo nemmeno più.
Ognuno è chiuso nel suo piccolo mondo, ognuno pensa agli affari
suoi. Le persone migliori le ho trovate nei gruppi che non
hanno ancora inciso dischi, che non riescono ad uscire dal
proprio ambito locale, ma che suonano con grandissima passione.
Piuttosto ho una bella corrispondenza con due artisti americani:
Steve Wynn e Al Perry. Bisogna ammettere che fuori dai nostri
confini l’atteggiamento dei musicisti verso i loro “colleghi”
è ben diverso”.
A questo punto, siamo nel 2000, al terzo disco, i Cheap Wine hanno una loro personalità, focalizzata su quello che possiamo chiamare “il lato oscuro”, ovvero quella parte dell’interiorità apparentemente più marginale, relegata nei bassifondi dell’animo e della realtà. Il cosiddetto “the dark side”. Ogni singola canzone della band punta lo sguardo e gli strumenti verso questo ambiente: il tipo di umanità presa a modello (fuggiaschi, criminali, reietti) è la diretta conseguenza di questa attenzione verso la parte più recondita del sé. Fondamentale è la lettura di Jim Thompson, autore di quel “The killer inside me” che ha dato il titolo anche ad un disco dei Green On Red (i Cheap Wine hanno chiuso il triangolo prendendo il loro nome proprio da una canzone dei Green On Red). Quando cantano del buio, del deserto, di prigioni, di armi, di città devastate, di serpenti e di diavoli, i Cheap Wine danno una forma più o meno simbolica ad un’esistenza al limite: ciò che interessa è l’uomo che vive mettendosi alla prova in condizioni estreme, al di là delle opprimenti regole del sistema e dei propri errori. Spesso
la molla è l’odio, che non a caso ricorre nei primi dischi
(“I hate this town and you’re so vain”, “I hated and I was
searching a new land / I chose the hardest way but it was
the day to make a stand”). Ma anche il sogno e l’amore sono
sensazioni che portano a perseguire il proprio obiettivo rifiutando
qualunque compromesso e rompendo con la realtà.
Si può ormai affermare che i Cheap Wine si sono costruiti un percorso reagendo alla forza del loro suono e delle loro canzoni: di disco in disco la band dei fratelli Diamantini ha aumentato il carico della portata rispondendo alle sollecitazioni interne alla propria musica. Inevitabile che un cammino di maturazione coerente come il loro li portasse da un desiderio di fuga personale ad una scoperta dei lati più oscuri dell’animo umano fino ad una denuncia spietata delle piaghe che lo ammorbano. Per ora lo scenario cala sulle ultime note di “Evil ghost”: “Maybe tonight I’ll wake up and see / everything was just a wicked dream”.
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