Radiohead The King of the Limbs
2011 - Ticket Tape/XL
Al livello vocale, la melodia attecchisce solo in qualche fugace momento in cui il cantato assume cadenze un po’ più orecchiabili, come nel singolo Lotus Flower, ma anche in questo campo Thom Yorke porta avanti la sua destrutturazione quasi post-apocalittica della musica, ben in evidenza anche nel suo lavoro solista: così, in un disco che nell’artwork e nel titolo travalica il reale per dare colore a presenze inquietanti e creature metamorfiche mitiche, e nei testi è colmo di ombre (personaggi, storie…) sinistre, ecco che anche la voce si moltiplica in echi e cori spettrali (Give Up the Ghost), o si fa puro suono inarticolato, da frantumare, manipolare e sparpagliare in un’orchestrazione elettronica surreale (Feral). Inoltre si evita qualunque facile circolarità strofica, caricando di una tensione costante anche ad esempio i tradizionali arpeggi di chitarra (Little by Little). Di più: il quintetto inglese in questo lavoro distrugge qualunque idea di album, già criticata come impraticabile: queste otto tracce non hanno infatti la coerenza e la forza concettuale di un progetto musicale, né brani di punta di grande potenza emozionale, dotati di una struttura rigorosa che possa donare anche una minima orecchiabilità da singolo, o almeno garantire l’esplosività-manifesto da inni di una rivoluzione elettronica come le tante tracce imperiose ed irrequiete di Kid A (2001).
Questo disco è un fluire tormentato, volutamente privo di destinazione, che deforma colori e forme, sfoca e ridimensiona irrealmente, come un sogno allucinato che associa pensieri statici, ghiacciati e insieme furenti, a suoni vitrei e frantumati o resinosi e collosi (Separator). Questa è la croce e la delizia di questo The King of Limbs, il suo breve fluttuare ostico e sospeso di suoni ansiogeni, senza assoli di senso e incisività. Questi brani sembrano un’esperienza, non un risultato. Non un distillato assoluto, ma alcune alchimie delle mille forme di vita possibili nella selva surreale dei limbs, rintracciate in modo preponderante da Yorke (e il produttore Nigel Godrich) nelle sue sperimentazioni infaticabili. Se l´album da solista del leader della band era composto da scarti, in questo caso invece la session di registrazione è (ancora) aperta. E per chi non progetta dischi come prodotti commerciali secondo le strategie e i calcoli del marketing (pure conoscendoli e stravolgendoli con modalità di diffusione e promozione della musica che fanno strada), non lo è sempre, anche se non ne ascoltiamo volta per volta le tracce? Benvenuti allora nello studio dei Radiohead.