
Michele Gazich solo i miracoli hanno un senso stanotte in questa trincea
2025 - Moonlight Records/FonoBisanzio, distribuzione IRD
Ho avuto il privilegio di assistere all'anteprima assoluta del disco, e già da allora si percepivano tutta l'intensità del progetto, la complicità e la bravura dei due musicisti, evidentemente sintonizzati sullo stesso battito di anima, alternandosi ora al piano, ora agli archi, ora alla voce, ma sempre al servizio di un concetto altissimo: secondo le parole dello stesso autore, "Viviamo immersi in una realtà, in un presente così tremendo e incredibile (cioè difficile da credere), al punto che, almeno per me, è stato ed è più semplice credere ai miracoli." Siamo tutti in una trincea, ci sembra di vivere in una notte interminabile, tra guerre, inguistizie, violenze, brutture e abbrutimenti di ogni genere; piccoli soldati resistenti, che guardiamo al Sanguedolce Giovanna D'Arco come a un esempio eroico irripetibile, che sogniamo di essere Goethe che è partito per l'Oriente, o Chagall che, anziano, ricrea i colori del Mediterraneo in alice nel paese di chagall. Siamo compagni di Gazich, in questa resistenza etica ed estetica, tenace e poetica, che ci lega nella trincea della bellezza.
E allora ascoltiamolo tutto, questo disco, facendo silenzio intorno a noi, con i testi davanti, o sostituendo le nostre parole nel brano in cui c'è solo musica, come nella struggente materiali sonori per una descrizione dell’anima di paolo f., dedicata a Paolo Finzi, fondatore e guida del mensile A-Rivista anarchica, amico di Pinelli, De André, don Gallo, e anche di Gazich, che ci vuole comunicare che il suo insegnamento vive oltre la sua morte. Il disco rende omaggio anche a De André - De Gregori di Oceano, unica cover, ed è ricco di riferimenti alti, coraggiosamente colti, come nella suggestiva la torre di hölderlin, impreziosita da una linea pianistica classica e dalla dolcissima seconda voce di Famulari; una riflessione sull'esistenza, che presenta versi importanti, "molto sapere, poco gioire, è concesso ai mortali", in cui chi racconta evoca Poco per sapere, tratto dalla raccolta di componimenti del poeta tedesco Poesie della Torre.
Gazich sussurra - o grida, come in heiligenstadt, interpretando il testamento di Beethoven- la propria ansia di vivere immerso nella bellezza, resistendo alle lusinghe dell'omologazione e di un'arte asservita alle logiche del profitto; e noi restiamo incantati dalla pura grazia di quest'opera, immersi in un'atmosfera notturna, come ne la resa, dal testo scritto con la moglie Sofia Pavan, mentre la musica riecheggia l'andante del Concerto per pianoforte e orchestra k488 di Mozart. Siamo stretti in questa trincea: e il coro finale del valzer della title track, in punta di pizzicato, e melodica di Famulari, dimostra una volta ancora lo slancio alla comunità che anima tutto il disco. Abbandoniamoci anche noi a questa magia, scritta in minuscolo, ma dalla qualità maiuscola.