Massimo Bubola Quel lungo treno
2005 - ECCHER MUSIC
Solo l’anno scorso era uscito il suo “Segreti Trasparenti”, album intenso e lirico, fatto di murder ballads struggenti come “La Sposa del Diavolo”. Ora ritorna nei negozi con questo nuovo disco intitolato “Quel Lungo Treno” album epico legato alle storie e alla storia.
Si tratta di un concept dedicato alla Prima guerra mondiale in cui Bubola recupera le tradizionali canzoni legate a quel periodo, i canti degli alpini in viaggio e dei soldati al fronte, oppure quelli anarchici di diserzione.
Si cala anche, nei brani da lui scritti, negli stati d’animo e nei profili psicologici deboli di chi è costretto ad una guerra che non ha voluto, stati d’animo di chi è costretto a combattere dopo aver abbandonato la sua casa e la sua gente.
Brano significativo per capire la capacità di Bubola, in questo disco, di regressione, psicologica e temporale, facendo rivivere ciò che i suoi stessi parenti avevano vissuto è “Noi veniam dalle pianure”: una canzone intensa, uno dei punti lirici più alti del disco, che è dotata di immagini poetiche legate alla vita, al sentimento, alla paura di chi, dal coltivare i campi della pianura, si trova sui monti a combattere una guerra di trincea dove la morte è vicina e la vedi in volto.
Il disco si compone di cinque brani tradizionali legati alla Grande guerra, riarrangiati da Bubola in chiave elettroacustica e sei scritti dal cantautore.
Il lavoro del cantautore veneto in questo disco è molto importante e segna un distacco netto dal panorama italiano, perchè nella nostra penisola non c’è il recupero di quelli che negli States chiamano “traditionals”.
Oltreoceano vi è da parte di molti cantautori il recupero della propria storia, di ciò che è stata la canzone prima di loro, la canzone legata al popolo, che permette a loro stessi di creare un percorso con delle radici solide da prendere, rielaborare, fare proprie. Tutto il folk di qualità americano prende le mosse dalle tradizioni canore “popolari”, un esempio potrebbe essere il lavoro di Dylan in “Good as I Been to You”.
La cura negli arrangiamenti è fondamentale nei dischi di Bubola, lavoro che svolge spesso insieme a Michele Gazich, e che trova in questo disco un’esemplificazione nella stupenda canzone tradizionale “Monte Canino”, dove il loro arrangiamento sottolinea la pastorale malinconia dell’oboe.
Importante è anche l’utilizzo dei cori, che non fungono da semplice abbellimento, ma risultano essere una parte organica nell’estetica delle canzoni.
Non manca la componente più spostata verso il rock, che trova spazio nella bella “Bum Bum”, storia di un ritorno e di un addio che trovano il punto d’incontro nello stesso bacio. Il procedere sembra quasi quello di un blues, una vecchia storia di amore, di morte, puntellata dai continui interventi della chitarra elettrica e sul finale del violino, per nulla invasivi.
“Quel Lungo Treno” è un disco da ascoltare, da ricordare, da seguire e da sfogliare nelle immagini e fotografie originali, contenute nel libretto, di luoghi e volti.