Privateering<small></small>
Rock Internazionale • Songwriting

Mark Knopfler Privateering

2012 - Mercury

04/01/2013 di Pietro Cozzi

#Mark Knopfler#Rock Internazionale#Songwriting

Tra gli scomparti dello scaffale musicale 2012 ne spicca uno piuttosto spazioso che va in archivio con l'etichetta “il classico non tramonta mai” o, a scelta, “arzilli vecchietti”. L'elenco dei generali di lungo corso che si sono conquistati un'altra meritata stelletta nell'anno appena concluso è lungo, e tra questi si distingue un Ufficiale dell'Ordine dell'Impero Britannico, Mr. Mark Knopfler, che con il doppio Privateering ci consegna il suo disco solista più convincente di sempre. Ispirazioni e linee guida degli ultimi lavori hanno infatti raggiunto la piena maturazione: la dedizione al folk celtico e al blues si sostanzia di canzoni finalmente riuscite, che recuperano il meglio della tradizione Dire Straits e fuggono quella sensazione di ricalco e maniera di alcuni dischi precedenti, a partire dall'ultimo Get Lucky (2009). Tra i solchi prevale un feeling rilassato e maturo, vicino ai primi due dischi dei Dire Straits, alle cose migliori di Brothers In Arms (1985) e allo stile inconfondibile del maestro di sempre J.J. Cale. Difficile trovare nei venti brani della raccolta uno scarto, un pezzo di troppo, un esercizio di stile fine a sé stesso, mentre non mancano le canzoni memorabili.

A sostenere il compassato Mark, tanti compagni dei recenti tour con Bob Dylan, come il tastierista e coproduttore Guy Fletcher e il duo Michael McGoldrick-John McCusker, che provvede dove serve al background sonoro scoto-irlandese, con dovizia di cornamuse, cetre e violini; ma a giganteggiare, dietro le quinte, è un session man di lusso come Kim Wilson: l'ex Fabulous T-Birds lascia il segno indelebile della sua armonica, tra riff e assoli che sono una collezione di ritmi e stili. E poi c'è la chitarra, che ritroviamo, senza troppi indugi, subito dopo la prima strofa di Redbud Tree, pezzo d'apertura: lo stile e il timbro (quasi un trillo) fanno di MK uno dei pochi solisti chiaramente riconoscibili fin dalla prima nota.

Per orientarsi tra le venti tracce basta riavvolgere il filo rosso delle passioni e delle frequentazioni del Knopfler solista, da quando nel 1995 ha smesso senza rimpianti i panni della rockstar. L'omaggio al folk irlandese, meno essenziale di quanti sembri ai primi ascolti, si risolve in pochi brani (Haul Away, Yon Two Crows, Kingdom of Gold). C'è poi un vasto assortimento di blues, alcuni più canonici e forse routinari (Don't Forget Your Hat, Hot Or What, Got To Have Something, Today Is Okay), altri ispirati a J.J. Cale. I primi levigano materiale grezzo e lo ripropongono in confezione deluxe; i secondi suonano particolarmente ispirati, dal blues desertico e western di Blue Bird al puro laidback style di Go, Love, tranquilla progressione in perfetto controllo, con poche note di grande eleganza. L'altro riferimento è Bob Dylan, compagno di scorribande concertistiche, ed è impossibile non sentire i richiami al Menestrello di Duluth nel torrido e velenoso rock-blues Gator Blood, che scava in profondità verso dopo verso, completato da una slide guitar in chiave rumoristica.

Ad alzare il tiro sono però le canzoni distillate dalla storia dei Dire Straits (come i riff ballabili e rock'n'roll di Corned Beef City e I Used To Could) e dalla pluridecennale esperienza di compositore di colonne sonore. Seattle, eterea traccia pop, chiude il primo cd nel segno di una melodia leggera e cantabile. Dream Of The Drowned Submarine ha un tono sospeso, fantastico, rifinito da un delicato controcanto del clarinetto. Blood And Water, quasi sussurrata, si distingue per il riuscito intreccio di stili (quasi un salto) tra strofa e ritornello, dal blues a un più sostenuto swing. Ma è Radio City Serenade, romantica e dolcissima epifania sonora in bianco e nero, il culmine di tutto Privateering: introdotta dalla tromba di Chris Botti, si muove in perfetto equilibrio tra l'intimità di piano, chitarra e voce e il “pieno orchestrale” finale di archi e fiati. Un piccolo capolavoro che non può mancare nella top ten delle canzoni 2012.  

 

Track List

  • Cd 1
  • Redbud Tree
  • Haul Away
  • Don't Forget Your Hat
  • Privateering
  • Miss You Blues
  • Corned Beef City
  • Go, Love
  • Hot Or What
  • Yon Two Crows
  • Seattle
  • Cd 2
  • Kingdom of Gold
  • Got To Have Something
  • Radio City Serenade
  • I Used To Could
  • Gator Blood
  • Bluebird
  • Dream Of The Drowned Submariner
  • Blood And Water
  • Today Is Okay
  • After The Beanstalk

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