John Mellencamp The lonesome jubilee
1987 - Mercury
Figlio del precedente album, “The lonesome jubilee” ribadisce la posizione critica verso l’arrivismo americano già abbozzata in “Pink houses” e poi cantata senza remore in “Rain on the scarecrow”: Mellencamp scava nella terra che era stata protagonista delle canzoni rock di un paio d’anni prima e scende in un suono roots.
Con arrangiamenti di violino e fisarmonica costruisce un disco fondamentale per come questi strumenti verranno adoperati in seguito: lo spirito del folk e della tradizione sono coniugati con un tiro rock molto fertile in cui trovano posto anche steel, mandolino, fiati, dulcimer, autoarpa, vocals e percussioni.
I testi sono anti-reganiani, ma più che politici sono espressione di una coscienza che non ammette raggiri: in pieni anni Ottanta questo disco suonava come un affronto al sistema americano e più in generale a tutto un’epoca plastificata.
La musica di Mellencamp prende invece la sua forma più genuina grazie ad una band in cui spicca Kenny Aronoff alla batteria e poi tra gli altri Lisa Germano (fiddle) e Crystal Taliefero (backing vocals).
Dalla rabbia scottante “Paper in fire” alle movenze sensuali di “Rooty Toot Toot” non c’è una caduta di tono: esplicita la lettera indirizzata al Mr. President in “Down And Out In Paradise”, coinvolgenti gli inviti corali di “Check it out” e “We are the people”, secche e impietose “Empty hands” e “Hard times for an honest man”. Tremenda la realtà che si nasconde dietro l’energia immediata di “The real life” e “Cherry bomb”.
“The lonesome jubilee” contiene anche gli sviluppi che la musica di Mellencamp prenderà in seguito, intrecciandosi con il soul e con la black music. Ma soprattutto a vent’anni di distanza suona ancora integro al punto che molti rocker e amanti della roots music dovrebbero qua rimettere i loro peccati.