John Mellencamp Cuttin´ heads
2001 - COLUMBIA RECORDS
"Cuttin´ heads" è il sedicesimo album della carriera di questo rocker dell´Indiana, che torna a graffiare come nei suoi lavori migliori ("Scarecrow", "The lonesome Jubilee"). Con gli anni il suo suono si è fatto meno istintivo ed esplosivo, ma ha mantenuto un´inquietudine di fondo che lo porta sempre più a guardare e analizzare la società americana.
Le canzoni di questo "Cuttin´ heads" nascono da una spinta sociale che, anche nei brani più personali, emerge con la stessa decisione e con la stessa verve con cui Mellencamp continua a suonare e a comporre. Che parli di razzismo, di un illusorio benessere ("Just like you"), che lanci uno sguardo sul mondo femminile ("Women seem") o che affermi una speranza al di là di vissuti e di amori difficili, questo songwriter continua una presa di coscienza umana, sociale ed artistica.
L´uso di strumenti come mandolino, fisarmonica, violino, banjo e flauto conferiscono all´album un´ambientazione rurale che è l´ideale prosecuzione del precedente di "Rough harvest" e il terreno adatto per scavare nell´anima e negli istinti della società. Una canzone come la title track rappresenta quello che è stata "Galveston bay" nello Springsteen di "The ghost of Tom Joad": l´amara consapevolezza di un razzismo che pervade la quotidianità, ma anche un barlume di speranza che si accende ogni volta che ne viene rifiutata la prepotenza. L´intervento di Chuck D (sì, proprio quello dei Public Enemy!) è quanto mai adatto al contesto per il valore della sua voce e per quel sapore nero che aumenta la portata del brano.
Anche il singolo "Peaceful world" porta in sé riflessioni contro un mondo troppo politically correct. Mellencamp si espone e provoca, induce alla riflessione con l´umiltà di un artigiano e la volontà di un contestatore: "Non sono un predicatore / solo un cantante, ragazzo / ma vedo ancora molto lavoro da fare". Ogni canzone cerca risposte e stavolta a fare eco è la voce femminile di India.Arie, mentre in "Deep blue heart" è quella country di Trisha Yearwood. Al di là degli ospiti tutto il disco è impregnato di un soul incoraggiante costruito sull´alternanza delle voci, spesso portata con efficaci call and response. Caratteristica principale del rock di Mellencamp sono da sempre i continui stop and go ad aumentare la tensione nei brani: ne è un esempio "Crazy island", un´invettiva rivolta a quell´America sempre più chiusa in se stessa.
Da citare anche "The same way I do", un blues tirato dalla lap steel dell´onnipresente Andy York in cui la voce di John sale rauca come un rancore inesausto.
Sarebbe banale parlare di conferma e anacronistico di maturità, la verità è che se fosse stato Springsteen a fare un disco del genere tutti avrebbero gridato al capolavoro. Il limite di Mellencamp è che continua imperterrito a fare "solo" quel rock a cui lo chiamano il sangue e la coscienza.
Discografia:
Cuttin´ Heads, Columbia 2001
Skin It Back/The Kid Inside/... [Box], Snapper 2000
Rough Harvest, Mercury 1999
John Mellencamp, Columbia 1998
The Best That I Could Do..., Mercury 1997
Mr. Happy Go Lucky, Mercury 1996
Skin It Back, Griffin Music 1995
Dance Naked, Mercury 1994
Human Wheels, Mercury 1993
Whenever We Wanted, Mercury 1991
Big Daddy, Mercury 1989
The Lonesome Jubilee, Mercury 1987
Scarecrow, Riva 1985
Uh-huh, Riva 1983
American Fool, Riva 1982
Nothin´ Matters And What If It Did, Riva 1980
John Cougar, Riva 1979
Chestnut Street Incident, Snapper Music 1976
The Kid Inside, Snapper Music 1976