Drive-by Truckers Decoration day
2003 - NEW WEST RECORDS
Ed è questo a distinguere i Drive-by Truckers da tanti altri gruppi rock o alt-country: è una questione di attrazione e repulsione, oltre che un fatto genetico, ma più che altro è un cammino da percorrere esclusivamente on the road dopo aver fatto voto a questo genere di musica.
Ne sanno qualcosa questi cinque “ragazzi” del Sud che hanno alle spalle tre dischi da indipendenti, uno per la Lost Highway ed ora uno per la New West Records, senza contare la sfilza di concerti coast to coast.
“Decoration day” è il seguito del concept “Southern rock opera”, che a suo tempo fu ben accolto dalla critica. Nel frattempo, è entrato a fare parte della band il chitarrista Jason Isbell, che nel giro di due giorni si è trovato a suonare live e a comporre un paio di pezzi del nuovo disco, tra cui la title-track, tanto per ribadire quello scatenamento di energia di cui dicevamo sopra.
Negli States il “decoration day” corrisponde al nostro “giorno dei morti”, ma quelli che i Drive-by Truckers depongono sulle tombe non sono certo fiori carichi di illusorie speranze: sin dalla grafica del booklet, un fumetto in stile noir spaghetti, queste canzoni si presentano come storie di vita senza alcuna possibilità di redenzione. L’unica via d’uscita è il rock’n’roll, simbolo di una fuga dall’esistenza ordinaria e precostituita, in cui relazioni filiali, coniugali e sessuali si consumano con desolante tristezza.
I personaggi di queste storie stanno inesorabilmente morendo e i Drive-by Truckers provano a portare qualche scarica di rock’n’roll alle loro scelte, buone o cattive che siano. Lo fanno in maniera diretta, aspra ed asciutta, senza ripulire il proprio linguaggio, che altrimenti sarebbe suonato come un inutile tentativo consolatorio: le (tre) chitarre suonano cupe e minacciose, in bilico tra il Neil Young più southern (“Sinkhole”) e i Green On Red più urlati (“Hell No, I Ain´t Happy”).
Gli strumenti tipicamente country vengono suonati con profonda amarezza, dando alle ballate quei toni da epica desolata, che bruciano invece nei pezzi più tirati come polvere dritta negli occhi. I Drive-by Truckers hanno l’energia rock degli Slobberbone (non è casuale la presenza di Scott Danborn), priva dell’impeto di gioventù che sfugge alle canzoni di Brent Best. Anche i pezzi più sfacciatamente rock’n’roll, come la rollingstoniana “Marry me”, subiscono le ombre di un ambiente sull’orlo del collasso per via di droghe, crimini e fallimenti. Ne sono esempio “Your daddy hates me”, grave e lugubre, priva di qualunque romance, e la title track in cui le chitarre si accattorciano su se stesse, rispondendo al richiamo di un destino che si ripercuote di generazione in generazione.
Il sipario cala giustamente con le pistole mal riposte di “Loaded gun in the closet” e gli echi di una steel che vibrano ancora: alla fine l’unico a rimanere vivo è il rock.