live report
Drive-by Truckers New York / Brooklyn Bowl
Concerto del 30/03/2018
Nelle pause tra una canzone e l'altra si sente il rumore dei birilli che cadono ed i graffiti in sala e birre stratosferiche rendono tutto ancora più "Brooklyn" ed è proprio a Brooklyn che, dopo tanto tempo, ho finalmente avuto quello che stavo cercando: un maledettissimo concerto di rock and roll.
E sono stati i Drive by Truckers a farmi questo regalo, nella seconda serata di due concerti sold out. Anche il pubblico è quello giusto. tantissimi ragazzi (uomini?) tra i 30 ed i 40, cappelli con visiera, barbe, birra, maglie con nomi di college o di band tipo Cracker o Umphrey's McGee; nel mio immaginario stereotipato direi più un pubblico di Brooklyn, Queens o New Jersey piuttosto che Manhattan , ma mai sottovalutare quelli di Manhattan ..
Due ore di rock and roll stradaiolo, sudista, romantico ed intellettuale allo stesso punto. I DBT emozionano, io batto molto sulle parole anima ed emozione nei miei recenti "pensieri" sul r'n'r', non ci resta tanto di meglio da portare a casa da un concerto.
Se appena finito il concerto, a botta calda, mi avessero chiesto chi altro avrei voluto essere, avrei sicuramente risposto Mike Cooley. Faccia giusta, parte sinistra del viso nascosta costantemente da un ciuffo che mi rende invidioso, schitarrate acide e maligne e voce da brivido soprattutto nei pezzi più calmi (anche se calmo è un aggettivo relativo coi Truckers), Cooley per me rappresenta l'"eroe" rock'n'roll moderno ( o meno vecchio). Non amichevole, non rassicurante, ma profondamente autentico. il ruolo del buono spetta più a Patterson Hood, altra gran voce più nei momenti tirati e più leader riconosciuto. Trascinante, indemoniato, simpatico, a lui sono delegati i pochi momenti di intrattenimento col pubblico, tra cui un sentito pensiero contro il possesso di armi ed un finale allucinato in cui eccitato e stravolto urla "non me ne frega un cazzo di stronzate come il "coprifuoco", suoneremo fino a quando non ci sbatteranno giù dal palco". E più o meno è stato così.
Grandi i momenti in cui, a parte Brad Morgan dietro la sua batteria, ci sono ben 4 chitarre sul palco, con Patton e Gonzalez che momentaneamente abbandonano basso e tastiera. Insomma una band dura e profonda, in grandissima sintonia col suo pubblico che canta a memoria quasi tutti i brani.
Si comincia con Ramòn Casiano e la cavalcata elettrica prosegue con molti picchi tra cui Gravity's gone, Ronnie and Neil, Marry me, la springsteeniana State Trooper, Used to be a cop, Shit shots count, Women without whiskey, The company I keep (col coro liberatorio "sometimes i feel like shit, sometimes i'm so high i'm scared to go to sleep), the KKK took my baby away (Ramones ), cantata da tutti a squarciagola e per concludere Hell no, i ain't happy.
Finisce così, due ore e più, un concerto che solo ora mi sono accorto che attendevo da tempo . I DBT mi han dato non solo ciò di cui avevo bisogno, ma anche quello che volevo (capito Mick?), Patterson Hood aveva ragione, il concerto è durato "troppo", la metro quasi non funziona più, ma il pensiero di come riuscirò tornare a casa in questa nottata perfetta praticamente non mi sfiora. Ci sono stati i DBT, c'è una sera fresca e stellata, c'è Manhattan sullo sfondo proprio come in un film, c'è gente che si abbraccia per la felicità, ed io mi godo il tutto bevendomi un'ennesima Goose Island con la consapevolezza di aver vissuto un momento sempre più raro in un'età (la mia), in cui tutto comincia ad essere scontato, già visto e ripetitivo.