Willie Nile Positively Bob - Willie Nile Sings Bob Dylan
2017 - River House Records
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Gli ultimi anni vedono Willie Nile più in forma che mai, un folletto dal grande cuore che morde la vita come un ragazzino a dispetto dei 69 anni appena compiuti. Lo testimoniano gli ultimi eccellenti episodi: per registrare If I Was a River (2014) si siede al pianoforte, quello stesso Steinway Grand Piano che stava suonando la sera dell’omicidio di John Lennon mentre registrava, al Record Plant di New York, il suo secondo disco, protagonista magico di atmosfere di rara intensità, mentre con World War Willie (2016) torna al rock di razza tra ballate dal fortissimo impatto e travolgenti rock’n’roll che non nascondono l’impeto del punk.
Quando nel 2016 Nile viene invitato a partecipare con quattro canzoni ad un evento per celebrare il 75° compleanno di Bob Dylan, non può fare a meno di pensare a quanto le canzoni suonate e ascoltate quella sera siano ancora dannatamente attuali, così intrinsecamente legate alla società odierna da risuonare in tutta la loro verità allo stesso modo di quando furono scritte. Quella sera stessa nasce l’idea di omaggiare il canzoniere del più sfuggente tra gli artisti contemporanei. Positively Bob - Willie Nile Sings Bob Dylan, tra i tanti tributi elargiti al neo premio Nobel, si rende indispensabile per il taglio decisamente personale dato a brani conosciutissimi, talvolta abusati, suonati praticamente da tutti. Il rock urbano di Nile applicato a Dylan funziona davvero bene: fresco, spontaneo, autentico. Accostarsi a queste pietre miliari comporta dei rischi, uno fra tutti quello di omologarsi all’originale e perdersi così nell’anonimato, rischio che invece Nile evita accuratamente facendo semplicemente sé stesso, riuscendogli peraltro molto bene. È quindi stupefacente notare come una diversa visione riesca a dare luce nuova a canzoni di cui pensavamo fosse già stato detto tutto: merito indubbiamente della primitiva bellezza dei brani, ma altresì merito dell’interpretazione di Nile.
Irresistibili le accelerazioni irrequiete di The Times They Are A-Changin’ e Blowin’ In The Wind, il vigore di Subterranean Homesick Blues e A Hard Rain A-Gonna Fall, il ritmo brillante di I Want You e Rainy Day Women #12 & 35. Sembra di vederlo saltare come un grillo sul palco e incitare il pubblico a seguirlo in una corsa a perdifiato cui sono concesse poche pause: Love Minus Zero/No Limit, Every Grain Of Sand e You Ain’t Goin’ Nowhere, ballate rilette attraverso un sanguigno folk rock passionale che enfatizza la bella voce Nile, calibrata alla perfezione, ancora giovane e precisa alla faccia della sua non più giovane età e la perla finale di Abandoned Love che chiude in bellezza un album di primo livello.
Willie Nile ha alle spalle un’ottima band, solida ed efficace nel produrre un sound ad alto tasso energetico: al leader si affiancano Matt Hogan alla chitarra e Johnny Pisano al basso, gente che calca i palchi da una vita e sa il fatto suo, come Andy Burton ai tasti bianchi e neri e Aron Comess alla batteria cui si aggiunge, ciliegina sulla torta, l’amico James Maddock.
Mentre Dylan, spiazzandoci e dividendoci nel giudizio (come sempre del resto), si dimentica di essere Dylan (forse semplicemente cambiando ancora una volta maschera), Willie Nile si scopre novello Dylan in una delle sue migliori interpretazioni. Il rock rigenera sé stesso in un continuo gioco degli specchi con buona pace di quanti, stancamente, sostengono che sia morto. Nile invece è vivo e vegeto e tanti avrebbero da imparare dalla sua contagiosa vitalità. Il messaggio è giunto forte e chiaro, grazie Willie per il tuo prezioso insegnamento!