interviste
Willie Nile Per le strade di New York
Stavolta Willie Nile sembra essere tornato definitivamente in pista grazie all'ultimo "Streets of New York" e a "The Arista Columbia recordings 1980-1991", ristampa che raccoglie i suoi primi tre dischi. In attesa di vederlo presto dal vivo, lo abbiamo contattato per una chiacchierata. |
Mescalina:
Willie, l'ultima volta che ci siamo
sentiti era appena dopo l'11 settembre e in quell'intervista avevamo parlato
di ciò che era successo a New York: cosa è cambiato da allora? |
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Mescalina: Volevo chiederti di una canzone in particolare, "The day I saw Bo Diddley in Washington Square": si tratta di una metafora, di un sogno o di che altro? Willie Nile: Io abito appena girato l'angolo a Washington Square e un giorno, mentre camminavo per MacDougal Street, ho visto una persona di colore con un enorme capello nero che avanzava lungo la strada e l'ho subito riconosciuto: era Bo Diddley. Bo Diddley nella mia tana: quella sì che era una visione! Qualche settimana più tardi ero in giro con il mio co-autore Frankie Lee: ci stavamo facendo qualche drink, mentre lavoravamo su un pezzo, e io gli ho accennato al fatto che avevo visto Bo Diddley e la cosa curiosa è che l'aveva appena visto anche lui dalle parti del parco. In breve siamo venuti a sapere che Bo sta in un hotel lì vicino, quando si trova in città. Ci è venuto in mente di scrivere qualcosa in suo onore e ne è venuta fuori una canzone che descrive una giornata attraverso gli occhi di un poeta allucinato. Mescalina: E la canzone è un modo per rimanere attaccati ad un passato che sta scomparendo? Bo Diddley come un vecchio spirito che ti appare nel cuore di una morente città moderna? Willie Nile: … direi di no. È più una canzone irlandese, di quelle buone per farsi una bevuta per poi trovarsi a ballare sotto le stelle e chiedersi quale sia il senso della vita, il tutto mentre Bo Diddley fa la parte di una voce fuori campo. Mescalina: Anche in questo pezzo si parla di New York, ma tu in realtà hai sempre cantato questa città dai tempi di "Old Men Sleeping on the Bowery" … Willie Nile: Sì, New York è un buon posto per uno scrittore: c'è sempre qualcosa che sta per succedere. Mescalina: Ad ogni disco tu ricevi i complimenti da parte di Bono, Lou Reed, Lucinda Williams e sei stato invitato più volte sul palco anche da Bruce Springsteen … nonostante tutta questa stima non hai però raggiunto lo stesso loro successo: come te lo spieghi? Willie Nile: Bè, dipende anche da cosa si intende per "successo". Per me il successo è quando finisco una canzone che riesce in qualche modo a parlarmi e a dirmi davvero qualcosa. Il fatto che poi la sentano dieci persone o dieci millioni di persone non cambia una sola nota né tantomeno il significato di quella canzone. Anche se la ascoltano solo poche persone, ma quelle poche ne sono stimolate, per me è già un gran successo. La differenza sta nella qualità del lavoro, non nella quantità dei cd venduti. Ovvio che mi piacerebbe essere ricco sfondato, ma mi considero già fortunato a poter vivere di musica e ad avere dei grandi amici che mi sostengono continuamente come Bruce, Bono, Lucinda, Lou Reed e Jim Jarmusch. Può sembrare strano che un ragazzo di Buffalo, che sognava di fare musica e di pubblicare qualche disco, sia salito sul palco a cantare con Bruce davanti a 60.000 fan scatenati allo Shea Stadium. Comunque non mi interessa essere un idolo degli americani o qualcosa del genere. Io voglio solo che le canzoni che scrivo abbiano le ali e riescano a pungere; voglio che i miei concerti lascino qualcosa a me e alle persone che sono con me nel locale, non importa quanto sia grande il posto. Per ogni giorno che passa io voglio vivere abbastanza da riuscire a fare uno "Streets of New York", il disco che ho sempre sognato di fare. Questo è il successo e questo è l'obiettivo che mi pongo tutti i giorni. Mescalina: Però rispetto ad altri musicisti cresciuti come te negli anni '70, penso per esempio ad Elliott Murphy, tu sei rimasto più nell'ombra … anche perché hai fatto solo sei dischi in venticinque anni … Willie Nile: Credo che questo sia dovuto proprio al fatto che mi piace stare nell'ombra. Però negli anni a venire dovrei riuscire a pubblicare più dischi di quanto fatto finora. Comunque alcune persone precedono più lentamente di altre, ma per quanto mi riguarda questa è una cosa che cambierà di sicuro. Mescalina: Comunque si sente sempre che vieni dal punk e da quel periodo rock partito dalle ceneri del punk: i tuoi vecchi dischi ne sono una prova, ma anche in questo c'è del rock, del punk e anche del reggae … Willie Nile: Sì, mi piacciono tutti i generi di musica e queste canzoni sembravano amalgamarsi davvero bene. Sono attirato dalla varietà: è quella che provoca il mio interesse. Mescalina: Chi non ti conosce bene forse non si sarebbe aspettato una cover di "Police on my back" dei Clash … Willie Nile: È un pezzo che avevo registrato per un tributo a "Sandinista!", solo che ne è uscita una versione che mi è piaciuta tanto da volerla mettere a tutti i costi in questo disco. Quel disco tributo a "Sandinista!" dovrebbe poi uscire l'anno prossimo. Mescalina: Per certi versi questo disco mi è sembrato più simile a "Beautiful wreck of the world", anche se è più intenso: volevo chiederti come ti è venuta l'idea di mettere una citra su "The day I saw Bo Diddley" e un trombone in "When one stands" … Willie Nile: Larry Campbell, che è davvero un musicista d'alto livello, ha suonato in alcune canzoni del disco ed è stato lui a portare la citra per "Bo Diddley": è stata una sua idea e ha funzionato alla grande. Per il trombone invece volevamo un assolo con un andamento più "ubriaco" e Fred Parcells dei Black 47 è davvero riuscito a cogliere nel segno. Willie Nile: Ehi, mi accorgo solo adesso che in questa intervista andiamo sempre a finire di parlare di alcolici. Signor barista: one for the road! Mescalina: Vorrà dire che dovremmo trovarci a bere insieme qualche volta! Mescalina: E che mi dici invece di Jakob Dylan, Larry Campbell e Rami Jaffee e degli altri che hanno suonato sul tuo disco: sono tutti amici che hai in città? Willie Nile: Esatto. Jakob e Rami dei Wallflowers sono stati tutti e due molto gentili a suonare nel mio disco, anche se io ho sempre un po' di timore a lavorare con loro: Jakob è un vero poeta e Rami è un maestro dell'organo. Mescalina: Mi ricordo ancora un tuo concerto durante il tour di "Beautiful wreck of the world": questa volta non hai in programma di venire a suonare in Europa e magari in Italia? Willie Nile: Dovrei essere in Inghilterra a novembre: parteciperò ad un piccolo tour di tre serate in beneficenza per il morbo di Parkinson a Londra, Barcellona e Roma rispettivamente l'8, il 9 e il 10 dicembre insieme ad altri songwriter tra cui Jesse Malin, Joe Grushecky e Joe D'Urso. Poi spero di fare un tour in Spagna e in Italia l'anno prossimo, anche perché il pubblico lì è composto da veri rocker. |