Ryan Adams Star Sign
2024 - Pax Am
Le dieci tracce, quasi tutte ad alto livello di ispirazione, confermano Adams come il miglior erede del rock d'autore degli anni Ottanta catapultato nel nuovo millennio, capace di incarnare quel mito heartland-mainstream come pochi altri. Si direbbe però che il nostro non ne sia nemmeno così consapevole o interessato, vista l'insistenza con cui affoga la sua innegabile capacità di scrittura in una miriade di progetti disparati. Eppure Bono o Springsteen (tanto per fare due nomi a caso...) qui ne hanno abbastanza per crepare d'invidia. I pezzi di Star Sign confermano la straordinaria tecnica narrativa del talento della North Carolina, che appoggia le sue canzoni su un solido tappeto strumentale e poi le scaglia in orbita, innestando quelle irresistibili impennate emotive così caratteristiche del suo stile. La straordinaria varietà dei suoni, a metà tra l'ambiente elettrico e quello acustico, è un'altra freccia all'arco di Adams, che è in grado di padroneggiare con la stessa disinvoltura una sezione d'archi, una fisarmonica o un pianoforte e di seminare qua e là assoli sempre ben assestati.
Dopo un inizio in linea di galleggiamento (Self Defense-So Lost), l'atmosfera si gonfia di reminiscenze d'autore in Darkness (basterebbe il titolo...), che culmina in una grandiosa coda di archi e chitarra, seguita dalla carezzevole melodia di Be Wrong, inequivocabilmente “adamsiana”. Poi dal mazzo esce a sorpresa un folk-rock come Shinin' Through the Dark, a base di fisarmonica e ritmo, inaspettato e forse un po' spaesato. Ma è l'armonica la vera arma segreta di Star Sign, prima impegnata a punteggiare l'urgenza espressiva di Tomorrow Never Comes e poi a confrontarsi con la chitarra elettrica nei ricami psichedelici alla Neil Young della title track.
Davanti all'ascoltatore si aprono scorci sonori sconfinati, subito richiusi dalla doppietta pianistico-introspettiva formata da I Lost My Place e Stay Alive, due pezzi che evocano lo Springsteen più intimo e dolente degli anni Settanta. Eppure un cambio di ritmo rimescola le carte nell'ultimo brano, dimostrando ancora una volta l'enorme quantità di soluzioni a disposizione del Nostro. Davvero un buon disco; se solo Ryan ci facesse la cortesia di stamparlo...