Civilians<small></small>
Americana

Joe Henry Civilians

2007 - Anti

01/10/2007 di Christian Verzeletti

#Joe Henry#Americana

È un disco in bianco e nero “Civilians” di Joe Henry. Non solo per la fotografia d’altri tempi su cui è costruito l’artwork del cd, ma per il suono splendidamente old-fashioned, spoglio, focalizzato come può esserlo solo uno scatto che ferma il tempo e sposta l’attenzione su oggetti inosservati.
Lo spettro dei colori è ridotto rispetto ai precedenti “Scar” e “Tiny voices”, anche se la squadra di musicisti coinvolti è altrettanto nutrita e come sempre di prima scelta: tra gli altri Bill Frisell e Greg Leisz alle chitarre, Patrick Warren alle tastiere, Jay Bellerose alla batteria, Loudon Wainwright III alle vocals e Van Dyke Parks al piano.
Visto che i protagonisti sono più o meno gli stessi, verrebbe da immaginare un disco simile a “Strange weirdos” di Loudon Wainwright III, una delle ultime fatiche di Henry a livello di produzione, ma il quadro finale è molto diverso. E non si può nemmeno dire che per l’autore si tratti di un ritorno al passato, a quegli album più da songwriter dei primi anni ’90 (sembra passato un secolo da allora …).
“Civilians” è un disco nuovo in ogni senso ed è probabile anche che inauguri una nuova fase nella discografia di questo musicista.
Joe Henry lavora ormai con una mano tanto raffinata che può permettersi di sviluppare la sua vena politica in modo più rilevante di quanto fatto finora senza offrire il solito spaccato post-undici settembre (anche se il disco è uscito proprio in quella data). E con la stessa classe può dare una spolverata ad andamenti blues-swing-folk facendoli luccicare senza perderne l’aroma anticato.
Il merito va ovviamente alle illustri chitarre di Bill Frisell e Greg Leisz, più etereo il primo e più roots il secondo con la lap steel e tanto mandolino, ma altrettanto va riconosciuto al piano di Patrick Warren che si prodiga anche con chamberlin, pump organ ecc. Da primo della classe è poi la scrittura, capace di offrire un punto di vista sull’attualità tanto netto quanto sottile con una manciata di tracce che prima nascondono e poi trascendono i riferimenti ad incombenze belliche: “Our dread so deep we’ve learned to keep it near without alarm”.
Almeno cinque i pezzi di fronte a cui mettersi sull´attenti, “Civilians”, “Civil war”, “Time is a lion”, “You can’t fail me now” e “Our song”, ma ovunque c’è un romanticismo permeato di sfumature che meriterebbero di essere mandate in prima linea a placare spari e conflitti con la loro misurata bellezza. Se non fosse che Henry canta (sempre meglio) senza proclami nè denunce “limitandosi” ad insinuare una coscienza civile, discreta e signorile, silenziosa e ferma, di cui c’è molto bisogno.
Almeno quanto c’è bisogno di dischi curati, essenziali ed ispirati come “Civilians”.

P.S.
Da notare che la fotografia in bianco e nero usata per l’artwork è tratta dal libro “There is no eye” di John Cohen ed ha un forte valore sociale: un pittore trasporta in una carrozzina un quadro di Red Grooms, artista newyorchese degli anni ‘60; un afroamericano sale in piedi su un tavolo e dà inizio ad un happening svitando la lampadina dal soffitto; un paio di bambini mostrano i pugni in segno di sfida. In queste immagini il bianco e il nero non sono solo una scelta estetica, ma due opposti che sottolineano la necessità di una coscienza civile tutta da costruire.

Track List

  • Civilians|
  • Parker´s Mood|
  • Civil War|
  • Time Is A Lion|
  • You Can´t Fail Me Now|
  • Scare Me To Death|
  • Our Song|
  • Wave|
  • Love Is Enough|
  • I Will Write My Book|
  • Shut Me Up|
  • God Only Knows

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