Franco Battiato Fleurs3
2002 - Sony Musi
Se ieri ad aprire la compilazione era “La canzone dell’amore perduto”, oggi ad introdurne le tematiche tocca a “Perduto amor”, prova di tenace ostinazione a mantenere un’immagine-fotocopia con il precedente lavoro, che si imponeva di raccogliere “esempi affini di scritture e simili”. Anche in questo caso rimane inalterato il sottile filo che lega brano a brano, appartenente sia ad autori celebrissimi (Lauzi, Ferré, Conte) che ad altri cui il ricordo rimane vivo solo in pochi ascoltatori (Adamo, Fiumicelli, Vinciguerra).
Da subito i canoni sui quali il lavoro si snoda paiono però risentire di una certa debolezza di fondo, riscontrabile lungo tutta la sua durata in un’interpretazione complessivamente meno partecipata che in passato, e in alcuni arrangiamenti decisamente infelici (Ritornerai, Come un sigillo). Completano il quadro la scelta discutibile e spiazzante di utilizzare in tutte le tracce buona parte della strumentazione sintetizzata, così che sia gli archi quanto la ritmica ritornano ossessivamente a creare un quadro di affascinante quanto fragile modernariato musicale, contraltare significativo a testi fatti di colori e odori d’altri tempi, che forse nessuno oggi saprebbe o vorrebbe più scrivere. Il nodo indigeribile e irrisolto di questo lavoro di Battiato rimane quindi lo scontro tanto smaccatamente palese tra due mondi, quello di una tradizione all’epoca troppo moderna e quello di un’attitudine troppo semplicisticamente retrò, origine di un conflitto insanabile che va ad intaccare anche i brani migliori quali la scanzonata “Insieme a te non ci sto più”, la cui versione di Caterina Caselli è stata recentemente riportata alla ribalta nella colonna sonora dell’ultimo politically correct film di Moretti.
Per buona parte della sua durata “Fleurs3” non riesce a risultare quindi altro che una ripresa accademica di composizioni più o meno celebri della canzone degli anni ’60 e ’70 sia italiana che internazionale liberamente tradotti, dove viene fatto davvero troppo poco per aggiungere linfa nuova alle versioni originali, che si consigliano caldamente di scovare anziché perdere tempo andando alla ricerca dell’improbabile “Fleurs2”, il mancante episodio della trilogia.
Scoprirete almeno qualcosa che valga la pena di (ri)ascoltare più di una volta: ad esempio che il pathos furioso di “Avec le temp” della versione di Jacques Brel non ha nulla a che spartire con la rassegnazione del lamento esistenzialista della qui tradotta “Col tempo sai”, racchiusa nella sua veste sonora altera e postmoderna. Nemmeno si sentiva il bisogno dell’ennesima reinterpretazione de “Il cielo in una stanza”, tanto meno di “Impressioni di settembre” dopo quella definitiva ed eccelsa incisa da Francesco Renga.
I migliori episodi dell’album sono da ricercarsi nelle ultime due tracce, di cui una inedita in cui Battiato si cimenta in un testo esplicitamente erotico, avvalendosi del raro fascino emanato dalla voce di Alice, e dell’ottima conclusiva prova in cui una poesia di Hermann Hesse viene cantato sulla solenne partitura di Strauss.
Nonostante questo dimenticabile lavoro la nostra stima in Battiato di certo non diminuirà, perdonandogli anche certe cadute di gusto che, volontariamente o meno, potrebbero capitare a chiunque guidato unicamente dalla passione di rendere nuova vita ai propri ricordi.
Discografia:
- Fetus (1971)
- Pollution (1972)
- Sulle corde di aries (1973)
- Clic (1974)
- M.elle le gladiator (1975)
- Feed back (1975)
- Battiato (1976)
- Juke box (1977)
- L’Egitto prima delle sabbie (1978)
- L’era del cinghiale bianco (1979)
- Patriots (1980)
- La voce del padrone (1981)
- L’arca di Noè (1982)
- Orizzonti perduti (1983)
- Mondi lontanissimi (1985)
- Fisionomica (1988)
- Giubbe rosse (1989)
- Come un cammello in una grondaia (1991)
- Caffè de la paix (1993)
- Unprotected (1994)
- L’ombrello e la macchina da cucire (1995)
- L’imboscata (1996)
- Gommalacca (1998)
- Fleurs (1999)
- Campi magnetici (2000)
- Ferro battuto (2001)
- Fleurs3 (2002)