live report
Franco Battiato Alcatraz - Milano
Concerto del 25/01/2005
25 gennaio 2005 - Alcatraz (Milano)
Musicisti:
- CARLO GUAITOLI: pianoforte e tastiere
- ANGELO PRIVITERA: tastiere e programmazione
- DAVIDE FERRARIO: chitarra
- GIORGIO MASTROCOLA: chitarra
- STEFANO SPALLANZANI: basso
- ANDREA POLATO: batteria
- KUMI C. WATANABE: voce
Un grande telo nero chiuso fa da sfondo ad un palco austero, al centro del quale stanno due microfoni affiancati da un pianoforte e una tastiera. È un Battiato dimesso quello che fa capolino, e impugnando un foglio introduce un inedito in inglese, distante e bizzarro modo per aprire un concerto, ancor di più in un luogo marcatamente rockettaro come l’Alcatraz di Milano.
L’inganno scenico è svelato in un attimo con un espediente scenografico di grande impatto: il sipario si apre su una quinta semitrasparente che improvvisamente casca.
Il concerto ha inizio e lascia una traccia evidente nell’entusiasmo del pubblico, finalmente tornato a stretto contatto, almeno per una notte, con l’anima tagliente e controversa di Franco Battiato. Una delle tante, in verità. Sì, perché se c’è un autore tanto poliedrico quanto efficace, sperimentatore quanto popolare, onesto quanto raffinato, colto quanto fuggevole, questo è proprio il cantautore siciliano. Quello di stasera è un volto lontano dalla stereotipata misantropia che ha accompagnato per lunghi anni l’immaginario intorno ad esso. Qui e ora piuttosto un volto e un’attitudine diretta, il più concreta possibile, per dar lustro ad un tour nel quale dare il più ampio sfogo possibile al proprio repertorio a viraggio elettrico.
Un Battiato il più umano possibile quindi, che si muove con disinvoltura tra i musicisti, ballando spesso e volentieri, non rinunciando a consueti e inaspettati gesti da autentica star come il far cantare gli spettatori delle prime file dal proprio microfono. Ad affiancarlo sono in primo piano i due fedeli compagni Carlo Guaitoli e Angelo Privitera a pianoforte, tastiere e computer, alle sue spalle sono i giovanissimi e grintosi componenti del gruppo FSC a sostenere l’ossatura rock di una band di musicisti assortita e felicemente compiuta, complice la presenza di un’ulteriore chitarra e in diversi brani la magnetica partecipazione della cantante Kumi C. Watanabe.
Franco Battiato dimostra di trovarsi a perfetto agio con il proprio pubblico e, anche se non lo dimostra apertamente dialogando con esso tra un brano e l’altro, la sintonia è assicurata durante le esecuzioni. La scaletta trae ispirazione dall’ultimo lavoro per affiancare a brani che hanno già guadagnato la fama di classici (Tra sesso e castità, Le aquile non volano a stormi, Odore di polvere da sparo), inni dalla forte componente ritmica appartenenti al repertorio perlopiù recente, tutti magnificamente arrangiati (Strani giorni, Shocking my town), a vere e proprie perle (La cura, Impressioni di settembre). Non mancano gli episodi provenienti da un passato remoto inattesi e legati inavvertitamente agli altri come a sottolineare un percorso coerente ed eccentrico nell’esplorazione di territori avanguardisti, come le belle esecuzioni di “Il mantello e la spiga” e “Via lattea”, ma soprattutto dello straordinario viaggio progressive di una versione di “Meccanica” e di “Fenomenologia” reinterpretate, fuse e dilatate con lo stesso Battiato alle prese con marchingegni elettronici.
Come prevedibile, la seconda parte è tutta per i grandi, immancabili classici, cantati in un’atmosfera d’entusiasmo generale da fino alle ultime file. Tra questi va citata in particolare la riuscita “La stagione dell’amore” in un riarrangiamento chitarristico decisamente evocativo.
Battiato, in un concerto lungo e partecipato, in realtà non fa nulla di più che celebrare, per l’ennesima volta, e probabilmente all’insaputa persino del proprio pubblico, le contraddizioni che si porta appresso da trentacinque anni e oltre, contraddizioni che sono state la sua stessa fortuna. L’apparente inconciliabilità di una via popolare per raccontare tematiche tutto fuorché ovvie, un’introspezione radicale e un ermetismo che vuole e deve coincidere con la poesia, una ricerca musicale che spazia dai limiti del colto all’ultra pop, con ritornelli che sono armi di una facilità disarmante. La formula si rivela sempre valida.
Osservo Battiato muoversi, vestito di una casacca che chissà perché mi ricorda vagamente un abito da lavoro artigiano che mi riporta immediatamente al destino riservato a questi sibillini dieci stratagemmi/comandamenti sintetici, forgiati con certosino amore per il particolare, convincendomi che una via, anche se non ancora scoperta, è comunque possibile. Scaletta:
Come away death
Tra sesso e castità
Ermeneutica
Strani giorni
I'm that
Auto da fé
Le aquile non volano a stormi
Il mantello e la spiga
Via Lattea
La cura
Il silenzio del rumore
La porta dello spavento supremo
Areknames
Impressioni di settembre
Odore di polvere da sparo
Shocking my town
Sarcofagia
È stato molto bello
La stagione dell'amore
Voglio vederti danzare
Cuccurucucu
Centro di gravità permanente
Meccanica
Fenomenologia
E ti vengo a cercare
L'animale
L'era del cinghiale bianco
Bandiera bianca
Segnali di vita
Sentimiento nuevo
Gli uccelli
Foto di Nunzio Mauri