Ermal Meta Tribu` urbana
2021 - Mescal/Sony
Approfittiamo del nuovo singolo per recuperare anche l’album dell’artista, che propone che nel suo quarto disco in studio come solista un synth-pop con punte stadium (Uno) e momenti più delicati e struggenti. Tra questi vi è la canzone presentata a Sanremo, Un milione di cose da dirti, un brano avvolgente dalla linea di piano dolce ed elegante, forse penalizzato al Festival dalla solita onda montante di cinismo, per cui spesso si strappa ridacchiando il velo di sacralità che ammantava gli affetti più puri e parlare d’amore può persino sembrare scontato e strumentale. In realtà, tra l’altro, questo pezzo appare più un ringraziamento e un’elegia della felicità e del sostegno reciproco, più che una vera canzone d’amore, di cui viene dichiarata piuttosto l’ineffabilità: “Avrei un milione di cose da dirti / ma non dico niente”.
La difficoltà di portare alla luce, o anche solo confrontarsi con quanto di più profondo e magmatico si ha dentro, è d’altronde un tema ricorrente e intimo di Ermal Meta, dai tempi ad es. di Piccole cose (che sai ignorare) della Fame di Camilla (“Ho tante parole, ma non trovo i pensieri / quelli più nascosti, quelli che fanno male”), fino a Non bastano le mani, probabilmente la canzone più bella del lotto, firmata dal solo Meta, a differenza di molte altre canzoni del disco: “Non parlo mai di me non dico mai tutte le cose / ci sono melodie difficili da intonare / non parlo mai di me che poi mi torna tutto su / e di parlare poi / non ce la faccio più / non ce la faccio più”. Anche questo brano parte voce e piano e il ritornello è un ottimo esempio dei potenti squarci melodici che caratterizzano il lavoro.
Nell’album si ascoltano sonorità morbide, luminose e tenere come carezze su temi che stanno a cuore al cantautore, come quelli che spesso affronta sulle sue pagine social e come gli Invisibili, a cui manca sempre ancora una “salita”, come il coraggio di essere liberi e di inseguire la propria vita, di resistere come un “fiore tra le pietre” (Il destino universale) e vivere l’amore senza sentirsi sbagliati (Nina e Sara, ambientata nel 1987, con ritornello denso di pathos sullo scontro generazionale tra una madre che si è sposata per un matrimonio riparatore e forse non conosce l’amore e una ragazza che vuole scoprirlo con una coetanea). “Ah forse già c’è un’altra stazione / dopo di me in cui fermarti per sempre / ma fallo perché niente succede da sé / Senza il coraggio non avrai mai niente / senza coraggio non sarai niente”, canta d’altronde Meta nella già menzionata Non bastano le mani. Serve coraggio infatti per essere felici e per essere ottimisti: “Mi sforzo per fidarmi del futuro”, recita un verso di Vita da fenomeni.
Uno è un inno all’uguaglianza al di là di qualunque confine e colore di maglia, e in qualche modo al calcio che accende milioni di luci o è quello di un bambino che dà un calcio a un pallone oltre il muro: dall’alto siamo tutti uguali, accomunati dallo stesso tetto di nuvole e stelle. L’argomento torna anche in Un altro sole, dove si sottolinea che si è tutti “nel fango della stessa sorte”, mentre le montagne diventano di piuma e le “di carta le catene”.
Il primo singolo No Satisfaction, in un electro-rock grintoso che ricorda vagamente nomi come Kasabian, i Daft Punk di Instant Crush e LCD Soundsystem, racconta un’era di grigio egoismo, reazioni animalesche e perdita dell’identità.
I brani conclusivi dei dischi di Ermal sono sempre piccole perle pensose e qui è la volta di Un po’ di pace, un po’ trip-hop notturno, nella distesa lattiginosa e onirica di suoni sintetici, un po’ Gotye, molto Meta, soprattutto nel suggello dei versi conclusivi, con l’altro lato della medaglia della difficoltà di rendere dicibili “i mostri sotto il letto” ricordati in Vita da fenomeni, la trasparenza, il non avere filtri (e proprio per questo doversi proteggere e/o chiedere rispetto): “Tu lo sai che mi si vede l’anima in controluce / non cambiarmi mai / non cambiarmi mai”.
Ancora nel disco vi sono cori, bassi accattivanti, suoni pop soffici e vaporosi, così come interpretazioni di un'intensità genuina e lancinante, atmosfere agrodolci, ricordi semplici e buoni del passato, o i cambiamenti della maturità; ci piacerebbe sentire Meta in futuro più graffiante e rock, con più chitarre elettriche, o al contrario con arrangiamenti più minimali e acustici, ma è giusto che ogni artista percorra la strada che sente più congeniale e si confezioni con amore il suo stile personale.
Prossime date live:
05/09/21 Taormina (ME), Teatro antico
17/09/21 Tirana, Air Albania Stadium
02/12/21 Jesolo (VE), PalaInvent
14/03/22 Assago (MI), Mediolanum Forum
18/03/22 Firenze, Nelson Mandela Forum
19/03/22 Torino, Pala Alpitour
21/03/22 Casalecchio di Reno (BO), Unipol Arena
23/03/22 Roma, Palazzo dello Sport
26/03/22 Bari, Palaflorio
Foto di Emilio Tini.