live report
Ermal Meta Teatro Petruzzelli, Bari
Concerto del 06/03/2019
Ad aprire il concerto nel teatro gremito è stato ancora una volta il cantautore catanese Pierfrancesco Cordio, in arte Cordio, accompagnato dall’amico e chitarrista milanese Davorio: le canzoni del giovane artista siciliano hanno portato sul palco barese una ventata di intensità gentile e uno sguardo delicato, personale e accorato sul quotidiano e oltre, con brani come Almeno tu ricordati di me, oppure l’originale Il paradiso, che immagina con grande sensibilità un aldilà che davvero rettifichi ogni ingiustizia terrena e sia porto accogliente soprattutto per le categorie più sofferenti della società e i più piccoli, che tirano palle di neve agli adulti che non hanno ali. In scaletta, tra gli altri pezzi, alla fine del set c’è posto anche ovviamente per La nostra vita, portata a Sanremo Giovani 2019, una canzone che riflette su quanto il tempo cambi le cose, portando via abitudini e luoghi cari, e su quanto vada apprezzata l’esistenza, fragile come un “castello di sabbia”.
Dopo un momento di pausa tocca a Ermal Meta (voce, pianoforte e chitarra), Raffaele Rebaudengo (viola), Francesca Rapetti (flauto), Roberto Izzo (violino) e Stefano Cabrera (violoncello) emozionare il pubblico, che comprende tanti pugliesi, ma anche molti fedelissimi fan di altre parti d’Italia, accorsi a Bari per emozionarsi una volta in più immersi tra le note del cantautore. La dimensione più classica e acustica, che pure non esclude il ricorso a ritmiche elettroniche, getta una luce diversa su tutti i brani in scaletta, poiché, non potendo o volendo puntare sulla potenza e sull’impatto sonoro, punta invece sul potere emozionale dei pezzi, ne illumina il cuore con arrangiamenti delicati, o trova altre strade, meno battute, per raccogliere energia da sprigionare.
Ecco allora che Voce del verbo sfocia in un ottimo crescendo materiato di archi e beat elettronico; nella catartica Lettera a mio padre si ammira un bellissimo solo di flauto, mentre è dedicata alla splendida nipotina di Ermal Piccola anima, animata anche da uno degli splendidi giochi di luci della serata, con luci sferiche che salgono e scendono quasi fino al pavimento (torneranno anche in Caro Antonello e Non mi avete fatto niente, quando una luce blu rotonda che si libra verso l’alto sarà in qualche modo la bolla a cui è paragonata la felicità nei versi della canzone).
È particolarmente emozionante per Ermal rievocare i tempi dei concerti della Fame di Camilla con tanti fan di sempre in sala e con gli stessi Giovanni Colatorti e Lele Diana, rispettivamente chitarre elettrica e batteria della band, seduti in platea. Il cantautore ringrazia una volta in più chi ha sempre creduto in lui prima di cantare Niente che ti assomigli, tratta dal terzo e ultimo album della band, L’attesa (2012) e chiusa da una coda dolcissima con vocalizzi di Meta, cori del pubblico (timidi per non rovinare l’incanto) e splendidi violini. Prima di Due lacrime il cantante ricorda invece la prima persona che gli ha messo una chitarra in mano, Fabio Properzi, frontman degli Ameba 4 (attualmente con Giulia Riboli nei Tears of Sirens): “Grazie, Fabio, non sarò mai bravo quanto te!”, dice Ermal, prima di lanciarsi nel pezzo, concluso da acuti meravigliosi da pelle d’oca. Della Fame di Camilla il cantautore proporrà più tardi anche Sperare, dedicata a “chi non perde mai la speranza, nonostante tutto e tutti”; questo pezzo partirà voce e chitarra, per poi includere i Gnu Quartet e un beat pulsante come un cuore, tra fari non a caso rossi a illuminare il palco.
Durante Vietato morire invece Meta provoca il pubblico per incitarlo a far sentire maggiormente la sua voce: “Cantano più forte a Milano?”, scherza il cantautore per stuzzicare la sua Bari a non essere da meno magari del pubblico del Forum di Assago, dove ha registrato il concerto ricco di ospiti (Venditti, Elisa, Jarabe de Palo, Fabrizio Moro, la stessa Fame di Camilla, ecc.), pubblicato a fine gennaio in cd e dvd (Non abbiamo armi – il concerto). A fine canzone, torna sull’argomento, parlando anche in barese: “Oh, bast picc! [Basta poco]. Alla fine, oh, appena tocchi Milano…”. Più tardi d’altronde racconterà come si diverta a non “parlare in nordico” con i suoi amici baresi, rispolverando piuttosto il dialetto del capoluogo pugliese. Tra i momenti più divertenti del concerto ce ne sarà anche un altro con ambientazione locale: Ermal racconterà che in un ristorante nella stessa giornata era stato fermato da un tipo che voleva una foto con lui, ma non aveva il cellulare. Avrebbe allora preteso che il cantante la mandasse a una fan che aveva visto che sui social aveva postato una foto con lui: “Non hai il numero di …?” “Ma no, non la conosco!”, avrebbe risposto Meta in questo surreale siparietto.
Una briosa Bob Marley diventa una sensuale Billy Jean (da mito a mito), mentre altri omaggi della serata comprendono la quasi immancabile ormai cover di Hallelujah di Leonard Cohen, ispirata soprattutto all’interpretazione di Jeff Buckley (prima di cantarla, chiede ai fan se hanno finalmente imparato le strofe del pezzo, ma poi…barano!), e nell’encore anche una pazzesca e poetica Unintended dei Muse, con acuti vertiginosi da brividi.
Non mancano in scaletta nemmeno brani delicati ed emozionanti come 9 primavere, Le luci di Roma, illuminata dai cellulari del pubblico come se fossero gli accendini di un tempo, oppure ancora Schegge, che appare sontuosa, ma non eccessiva, intensa, eppure misurata; notevole il momento in cui Ermal tiene a lungo una nota con la voce. Molto diversi dal solito appaiono poi brani come Non mi avete fatto niente, il pezzo composto e cantato con Fabrizio Moro, con cui ha trionfato a Sanremo 2018, qui in una versione molto raffinata, aperta da archi solenni, oppure come Molto bene, molto male, che parte suggestiva voce e chitarra, per poi accogliere beat elettronico e quartetto e farsi pulsante e fascinosa, mentre si crea un contrasto efficace tra luci bianche e luci rosse. Dopo questo pezzo, qualcuno dal pubblico, citando un altro brano molto evocativo già suonato, Quello che resta, gli urla che ha un “cuore bellissimo”, ma in linea con lo spirito di quel pezzo, Ermal risponde: “Solo perché è sbrindellato!”.
Tra luci violette e blu, la setlist dà spazio anche a Un'altra volta da rischiare, inedito dell’album live, scritta e proposta nel disco in duetto con J-Ax, qui cantata dal solo Meta, che interpreta i versi rappati del pezzo in un’interpretazione intermedia tra cantato e spoken.
Nell’encore, prolungato appositamente per “pagare pegno” per qualche piccola papera, diventata momento e motivo di gag sul palco, dopo la cover dei Muse, si ascolta la bellissima Mi salvi chi può, con Ermal al piano e Amara terra mia con i consueti incredibili ed emozionanti acuti che il cantante immagina affidati a un personaggio femminile; prima di questo pezzo di Modugno, il cantautore omaggia Bari: “Questa non era la città dei miei sogni, ma è diventata la città dei miei giorni migliori e l’amerò per sempre”, riconosce Meta, che si dice anche molto grato al destino e alla madre che lo portò nella città. I brani aggiunti alla scaletta sono invece Voodoo Love, molto suadente, e A parte te con Ermal nuovamente al piano.
Sulla carta un concerto con chitarra acustica, terzetto d’archi e flauto traverso sarebbe potuto essere pomposo e distaccato, ma il talento di Meta e Gnu Quartet ne fa invece un live struggente dall’atmosfera intensa, ma anche casalinga e familiare, in cui il cuore è accarezzato da un lirismo prezioso, l’animo si apre a tante emozioni, la ragione può bearsi di una grande qualità musicale e l’istinto godersi i momenti più divertiti e divertenti, che comprendono anche molti scambi di battute con il pubblico. Il cantautore ci regala un magnifico pop da camera, sperimentando una dimensione sonora molto interessante, che gli si rivela congeniale e può aprirgli anche altre strade in futuro. Chapeau.
Foto di Carlotta Passoni. Si ringrazia la Mescal.